giovedì 26 settembre 2019

Mahamad Fathe era già segnalato per terrorismo. Il primo arrivo dalla Libia grazie a un corridoio umanitario

La polizia tedesca aveva segnalato all’Italia la pericolosità di Mahamad Fathe per sospetto terrorismo. La nota non era stata inserita nello Sdi, la banca dati delle forze dell’ordine. Fathe è arrivato in Italia non su un gommone, ma direttamente su un aereo


L’ambulanza davanti alla Centrale dove il caporale scelto Matteo Toia è stato ferito



In un arco temporale compreso fra le tre e le quattro settimane fa, la polizia tedesca aveva segnalato all’Italia la pericolosità di Mahamad Fathe per sospetto terrorismo. Eppure, la nota non era stata inserita nello Sdi, la banca dati delle forze dell’ordine. Forse perché gli investigatori tedeschi avevano veicolato informazioni brevi e generiche, non fornendo nulla eccetto il nominativo, ad esempio una traccia geografica, tanto che Fathe risultava «irreperibile» sul territorio nazionale, oppure un numero telefonico. Ma forse il «buco» è dipeso da un errore, avvenuto qui in Italia, nel canale informativo, perché la notizia sarebbe stata sì ricevuta ma poi non veicolata, e infatti assente nel «profilo criminale» di Fathe, il quale nella nota biografica figurava essere un «incensurato».


Sono passaggi decisivi da accertare nella loro totalità, perché evidentemente misurano il livello di cooperazione anti-terrorismo e la capacità operativa di gestire con tempestività gli allarmi (e questo, ripetiamolo, lo era), pur ricordando che di identiche segnalazioni ne giungono tante e che in precedenza Fathe non era mai stato neppure indagato. Sembra invece cristallizzato l’inizio del viaggio del terrorista verso l’Europa. Da fonti investigative, Fathe è arrivato in Italia dalla Libia non su un gommone, ma direttamente su un aereo. Attraverso un canale umanitario e dunque su un volo di Stato atterrato a Roma, città dove lo yemenita ha di fatto sostato, prima di raggiungere, da richiedente asilo, Bergamo e lì sparire, per ricomparire in Germania. Ha vissuto a Francoforte e Monaco di Baviera con una doppia attività: una imprenditoriale (la vendita di abiti da donna), e una seconda delinquenziale (spacciatore di khat). E ha frequentato personaggi vicini al radicalismo islamico: quando è tornato in Italia, il 12 luglio, Fathe era già stato monitorato dai tedeschi. Dal centro d’accoglienza di Mantova se n’è andato per la difficile convivenza con gli altri migranti e per il fatto che «parlavano tutti quanti in inglese».



A Milano, il terrorista ha dormito la prima notte a casa di un nordafricano, vicino alla Centrale, da dove è scappato in quanto «era un omosessuale», e poi, per quattro notti, nei giardini della stazione. Quando ha attaccato i militari, non aveva l’aspetto di uno dei numerosi barboni della zona. Aveva un cellulare, ora centrale nell’indagine.


18 settembre 2019 | 09:11



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