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MASSACRA DI BOTTE TRE INFERMIERE MA IL GIUDICE LIBERA IL MAROCCHINO
FEBBRAIO 28, 2021
Lo scorso 22 aprile Chadid era entrato nel reparto di Ostetricia e Ginecologia dell’ospedale di Padova, in pieno giorno. Si era avvicinato a M.P., infermiera dell’ospedale, impegnata a comprare degli snack da un distributore automatico. Il marocchino aveva tentato di rubare la chiavetta della donna, già inserita nell’apparecchio. L’infermiera lo ha bloccato, intimandogli la restituzione della chiavetta: l’uomo le ha quindi strappato di mano il telefono cellulare, con cui la malcapitata stava cercando di contattare il 113. Ne è nata una vera e propria aggressione: M.P. è stata presa a calci e pugni e Chadid le ha persino puntato una penna contro la giugulare. La penna era stata sfilata dal camice della donna, che nel frattempo si era messa a urlare a squarciagola per chiedere aiuto.
In aiuto alla collega sono arrivate altre due infermiere, M.F. e D.C., che però hanno rimediato dal marocchino furente lo stesso trattamento: calci e pugni e spintoni contro sedie e muri. Alla prima, il 22enne ha strappato anche gli occhiali dal volto. Il bilancio dell’aggressione è stato tutt’altro che banale: policontusioni per M.P., trauma distrattivo a rachide cervicale e spalla per M.F. e un trauma alla spalla, oltre a un malore da shock, per D.C. Per le tre infermiere la prognosi era stata rispettivamente di 3, 5 e 7 giorni. In pochi minuti sul posto erano intervenuti i carabinieri di Prato della Valle, che avevano fermato il balordo. Ieri la condanna in Tribunale. «Eravamo riuscite a bloccare il rapinatore» ha raccontato la prima infermiera aggredita a poche ore dal pestaggio «Noi ne siamo uscite peste, ma anche lui se l’è vista brutta». Il fatto, in ogni caso, aveva scosso non poco le dirette interessate e anche i lavoratori dell’ospedale: «Siamo veramente in una situazione insostenibile – si era fortemente lamentata la prima infermiera aggredita – Non bastasse lo stress e tutti i disagi per l’emergenza Coronavirus, è arrivata anche un’aggressione in pieno giorno in un reparto dove ci sono donne in gravidanza e su cui gravita tutta l’area materno infantile. È inaudito che possano accadere cose simili. Siamo sconvolte, non si può lavorare in queste condizioni- Chiediamo maggiore sicurezza».
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