CAUSA PD E SINISTRA, ESPORTIAMO CERVELLI E IMPORTIAMO CRIMINALI.
ALLARME CORTE CONTI: ESPORTIAMO CERVELLI ED IMPORTIAMO AFRICANI
MAGGIO 26, 2021
Non si ferma l’emorragia di studiosi, scienziati, ricercatori dalle università italiane tanto che la Corte dei conti ha valutato in 8 anni un incremento del 41,8% di ‘fuga dei cervelli’ dall’Italia. Stando al Referto sul sistema universitario 2021 – approvato dalle Sezioni riunite della Corte dei conti con delibera n. 8/Ssrrco/Ref/21 – in Italia, la quota dei giovani adulti con una laurea è aumentata costantemente durante l’ultimo decennio, ma resta comunque inferiore rispetto agli altri Paesi dell’Ocse. Tale fenomeno è riconducibile sia alle persistenti difficoltà di entrata nel mercato del lavoro sia al fatto che il possesso della laurea non offre, come invece avviene in area Ocse, possibilità d’impiego maggiori rispetto a quelle di chi ha un livello di istruzione inferiore. E le limitate prospettive occupazionali, con adeguata remunerazione, spingono sempre più laureati a lasciare il Paese (+41,8% rispetto al 2013), rilevano i magistrati contabili. nel Referto sul sistema universitario 2021 che approfondisce finanziamento, composizione, modalità di erogazione della didattica, offerta formativa e ranking delle università italiane (98 atenei di cui 67 statali, che comprendono 3 Scuole Superiori e 3 Istituti di alta formazione, nonché 31 Università non statali, di cui 11 telematiche), ricordando che l’Anvur ha fatto emergere giudizi di qualità elevati in prevalenza per le università del Nord del Paese rispetto a quelle del Sud e criticità per le telematiche.
Anche il peso delle tasse universitarie che grava sulle famiglie è un aspetto che spinge la crescita deilla fuga dei cervelli dall’Italia. Nell’osservare “il mancato accesso o l’abbandono dell’istruzione universitaria dei giovani provenienti da famiglie con redditi bassi”, la Corte dei Conti attribuisce la circostanza, “oltre che a fattori culturali e sociali, al fatto che la spesa per gli studi terziari, caratterizzata da tasse di iscrizione più elevate rispetto a molti altri Paesi europei, grava quasi per intero sulle famiglie, vista la carenza delle forme di esonero dalle tasse o di prestiti o, comunque, di aiuto economico per gli studenti meritevoli meno abbienti”. “E’ questo un aspetto che, per la magistratura contabile, richiede un’opera di aggiornamento e completamento dell’attuale normativa per dare piena attuazione alla disciplina del diritto allo studio con la definizione dei livelli essenziali delle prestazioni (Lep) e l’attivazione degli strumenti per l’incentivazione e la valorizzazione del merito studentesco” si legge.
Il referto evidenzia “profili di criticità nell’ambito della ricerca scientifica in Italia con particolare attenzione a quella del settore università” ed i magistrati contabili rilevano che nel periodo 2016-2019 le attività di programmazione, finanziamento ed esecuzione delle ricerche si caratterizzano “per la complessità delle procedure seguite, la duplicazione di organismi di supporto, nonché per una non sufficiente chiarezza sui criteri di nomina dei rappresentanti accademici in seno ai suddetti organismi, tenuto conto della garanzia costituzionale di autonomia e indipendenza di cui all’art. 33 della Costituzione”. Inoltre, “nel periodo 2016-2019 l’investimento pubblico nella ricerca appare ancora sotto la media europea”. iI magistrati contabili sottolineano anche come “la notevole percentuale del lavoro precario nel settore della ricerca determina la dispersione delle professionalità formatesi nel settore”. Nelle università italiane risultano ancora poco sviluppati i programmi di istruzione e formazione professionale, le lauree professionalizzanti in edilizia e ambiente, energia e trasporti, ingegneria, e mancano i laureati in discipline Stem – scienze, tecnologia, ingegneria e matematica – e q uesto incide negativamente sul tasso di occupazione, sottolinea la Corte dei Conti.
Riguardo la collaborazione tra università e settore produttivo privato, “appare positivo il ruolo svolto da uffici per il trasferimento tecnologico e imprese spin off, con un notevole incremento della spesa per la protezione della proprietà intellettuale” ed é “più che raddoppiata nel quadriennio 2016-2019, come è quasi raddoppiato il numero dei brevetti concessi riconducibile alle attività di ricerca delle università italiane, rendendo, con ciò, pienamente evidente, anche in chiave prospettica, il ruolo che le strutture di trasferimento tecnologico possono svolgere per lo sviluppo economico del Paese”.
E l’Italia è il Paese con immigrati meno istruiti. Questo prima della pandemia. Figuriamoci ora che arrivano solo coi barconi per farsi mantenere.
L’Italia è il paese con gli immigrati meno istruiti, solo il 14% ha ricevuto un’istruzione universitaria. Al contrario, l’Irlanda e il Regno Unito hanno tra le più alte percentuali di immigrati che hanno ricevuto un’istruzione di livello universitario (rispettivamente il 56 e il 51%).
È quanto emerge dal quarto rapporto sull’integrazione economica dei migranti in Europa dell’Osservatorio sulle Migrazioni del Centro Studi Luca d’Agliano e del Collegio Carlo Alberto.
Insomma, esportiamo cervelli ed importiamo schiavi ‘negri’.
Questo si ripercuote in un altro ambito: in Italia gli immigrati sono più occupati degli italiani. L’Italia, l’Irlanda e il Portogallo sono tra i paesi con il minore differenziale nella probabilità di occupazione tra immigrati e nativi. Le differenze nella probabilità di trovare un impiego sono invece più accentuate in Svezia (-17.3 punti percentuali), nei Paesi bassi (-16.3), in Germania (-14.4) o in Danimarca (13.7). Si riducono invece nel Regno Unito (-1.9 punti percentuali) e in Italia (-0.9). In Irlanda, Lussemburgo e Portogallo gli immigrati hanno la stessa probabilità di impiego dei nativi.
Questo perché non avendo qualifiche, ed essendo di massa, l’immigrazione non va a riempire dei piccoli vuoti in ambiti precisi del lavoro, ma inonda il mercato del lavoro con un esercito di lavoratori disponibili a basso costo espellendo gli italiani da interi settori produttivi.
Gli immigrati tendono infatti ad avere salari significativamente inferiori a quelli dei nativi, in gran parte a causa di una maggiore concentrazione in occupazioni a basso reddito.
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