giovedì 31 ottobre 2019

I POVERI AFRICANI, COME LA SINISTRA LI' DIPINGE FALSAMENTE, PAGANO 10 MILA EURO PER VENIRE IN ITALIA.


PAGANO 10MILA EURO PER SBARCARE: NON CHIAMATELI DISPERATI

 







Qui arrivano coloro che partono dalla Turchia e dall’Egeo, sono soprattutto persone provenienti dall’Asia: pakistani, bengalesi, così come iraniani, iracheni e siriani, sono queste le nazionalità di quei gruppi che, una volta raggiunta la Turchia, si imbarcano verso l’Italia.
E gli inquirenti non fanno fatica a definire questo fenomeno come “immigrazione di prima classe”: niente barconi, niente gommoni, niente gente stipata ed ammassata in rotta verso Lampedusa, come si è abituati a vedere oramai da più decenni quando si parla di immigrazione.
In questo caso, i viaggi avvengono con barche a vela, oppure con veri e propri yacht: si viaggia in condizioni considerate decenti, tanto che, come ha affermato al Corriere della Sera il procuratore capo di Crotone Giuseppe Capoccia, “spesso non riusciamo a contestare il trattamento inumano e degradante agli scafisti”.
Non che chi sale sui barconi per Lampedusa sia un disperato, visto che paga, comunque, migliaia di euro.
Non si imbarcano i ‘disperati’, ma i benestanti:
«Quando sento parlare di disperati che scappano dalle bombe, a proposito degli emigranti dall’Africa subsahriana, resto abbastanza sconcertata» confessa la professoressa Anna Bono, docente di Storia e Istituzioni dell’Africa all’Università di Torino, una studiosa fuori dal coro che conosce bene l’Africa (ci ha lavorato per anni, parla lo swahili).
«Certo arrivano da Paesi dove la democrazia non ha raggiunto vette esemplari, e dove pure non mancano conflitti, ma salvo pochissimi casi sono Paesi che non giustificano una richiesta di asilo, e chi la inoltra infatti raramente la ottiene. Io li chiamo come si sono sempre chiamati: emigranti». Noi invasori o avventurieri (Vox).
Professoressa, sta dicendo che l’immagine del profugo che scappa dalla miseria e dalle guerre non corrisponde del tutto alla realtà?
«Ripeto, se parliamo di chi arriva da paesi dell’Africa subsahariana, come il Senegal, il Ghana, ma anche la Somalia e la Nigeria e altri, lì chi fugge da guerre cerca rifugio o in zone più sicure dello stesso Paese oppure in un Paese vicino, non parte per l’Europa. Il caso della Somalia è esemplare. La diaspora somala è tra le più grandi al mondo, però centinaia di migliaia fuggono nel vicino Kenya, e da quando il governo ha sottratto ad Al Shabaab (gruppo terrorista islamico, ndr) le città più importanti, migliaia di somali cercano di rientrare in patria. Chi decide di emigrare, con tutti i rischi e le incognite che questo comporta, lo fa per altri motivi, non perchè è in pericolo di vita, o vive nel terrore di un regime spietato, e nemmeno per la miseria estrema».
Chi sono allora gli emigranti che arrivano da noi sui barconi?
«In maggioranza non appartengono ai ceti più poveri della società africana. Le caratteristiche che mi sembrano accomunarli sono: giovani, in prevalenza maschi, sicuramente scolarizzati anche con titoli di studio da scuola media superiore, in grande maggioranza partiti da centri urbani dove avrebbero potuto continuare a vivere, in situazioni che magari ai nostri occhi sembrano invivibili, ma che in Africa rappresentano già un traguardo rispetto alle centinaia di milioni di persone realmente in miseria».
Insomma sulle barche della speranza c’è la middle class africana?
«E poi sono attirati dalla propaganda che dipinge l’Italia e altri paesi europei come l’Eldorado, posti dove risolveranno tutti i problemi, troveranno un lavoro e il benessere. Questo è un aspetto poco considerato, ma come per altre attività redditizie anche il business del traffico di emigranti non aspetta il cliente, se lo va a cercare. E la propaganda è talmente forte ed efficace che i governi, come quelli dell’Etiopia, Tanzania, Mali e Nigeria stanno provando a combatterla con campagne di dissuasione. Nelle strade si trovano grandi manifesti con scritto «Il nostro Eldorado è il Mali», mentre in Nigeria può capitare di vedere un manifesto con un uomo che, sullo sfondo un aereo in volo, dice ad una ragazza: «Ti trovo un lavoro in Italia». E sotto: «I trafficanti di uomini conoscono molti trucchi. Rifiuta!».
I trafficanti vendono speranze per 3-4mila euro a testa.


«Anche di più, quelle sono le cifre per chi parte già nei pressi del Mediterraneo, ma tanti partono da molto più lontano, e pagano di più».
Come fanno a permettersi cifre che valgono il reddito di diversi anni?
«Il fatto che possano pagare cifre molto alte dimostra appunto come, in molti casi, non siano i poveri a partire ma chi è al di sopra della soglia di povertà».
E’ quello che Vox va dicendo da anni: non fuggono i poveri, fuggono i benestanti e i ricchi di quei paesi, per cercare ‘qualcosa di più’. A spese nostre.
Come ricordato dalla professoressa, i sedicenti profughi pagano oltre 5mila euro a testa per essere traghettati.
Ora. Ricordiamo, che 5mila euro nei paesi dai quali questi signori provengono, equivalgono, a parità di potere d’acquisto, a cifre considerevoli.
Prendiamo il caso del Ghana, una delle maggiori ‘fonti’ di clandestini. E nemmeno il paese più povero tra quelli citati.
Con un euro si prendono circa 3 Cedi – la moneta del posto -, quindi, 5mila euro valgono 15mila cedi. Lo stipendio mensile medio in Ghana è di circa 120 Cedi per un operaio, e circa 300 Cedi per un impiegato: diciamo mediamente 200 Cedi. Visto che in Italia lo stipendio medio è inferiore ai 1.300 euro, facciamo una proporzione:
15.000 : 200 = X : 1.300
X è quanto, in proporzione allo stipendio italiano, si dovrebbe pagare per essere traghettati dall’Africa all’Italia. Questa cifra ci descrive perfettamente quale sia il reale livello di benessere all’interno dei propri paesi, di questi ‘disperati’ in fuga. Eccola: sono 97.500 euro. Quindi i cosiddetti ‘disperati’ hanno, a parità di potere d’acquisto, circa 97.500 euro per pagarsi il viaggio in Italia. Non proprio dei ‘disperati in fuga’.
Perché in realtà, come dice la professoressa, questi invasori sono figli delle classi medio-alte dei propri paesi: i poveri non viaggiano, non ne hanno i mezzi. Perché gli scafisti africani, a differenza d quello che vive al Quirinale, si fanno pagare dagli immigrati in moneta sonante.
Quanti italiani avrebbero 97.500 euro per pagare uno scafista? Tenete in mente questo numero, e sbattetelo davanti agli occhi degli xenofili. Dati e numeri. Non chiacchiere. Quei dati che non leggerete nei giornaletti e non ascolterete nei tg piagnoni.
E, ah, nel caso di immigrati da Somalia, Eritrea o altri, tutti paesi più poveri del Ghana, questa cifra sarebbe ovviamente ancora più alta. Parliamo in quel caso di vere e proprie classi elevate che lasciano quei paesi.
E allora come mai, questi clandestini, che nei loro paesi sono benestanti, decidono di venire a rompere in Italia ed Europa? Perché vogliono stare ancora meglio, che, per carità, è un istinto umano, ma visto che questo loro ‘desiderio’ collide con il nostro diritto a non impoverirci, a vivere sicuri, senza clandestini e con le nostre tradizioni, allora dobbiamo mettere il nostro diritto davanti al loro desiderio. Perché non sono ‘disperati’ come i media vogliono darci ad intendere, sono solo individui ricchi in cerca di più ricchezza. La cerchino altrove, perché qui ce n’è rimasta poca anche per noi.
Nel caso di quei clandestini che pagano ‘soli’ 3mila euro, la ‘X’ sarebbe, a parità di potere d’acquisto, pari a circa 60mila euro: chi di voi ha 60mila euro ‘cash’?
E non cambierebbe nulla nemmeno se fossero ‘solo’ 1.000 euro: 20mila euro cash vi paiono cifre da disperati?










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