SENZA NAVI ONG IN LIBIA I BARCONI NON PARTONO
Ci sono dei dati inconfutabili che dimostrano come la presenza delle Ong lungo le coste libiche faccia aumentare le partenze dei barconi.
Del resto:
Quando le imbarcazione delle Ong non si trovano in acque Sar libiche o comunque nelle vicinanze per intervenire praticamente nessuno si avventura in mare. Non ci sono barconi, e non ci sono morti: da quando la Sea Watch è bloccata in Italia, non si ha più notizia di barconi o naufragi in Libia.
Un esempio lampante è il caso del 6 novembre 2017 quanto 5 immigrati morirono affogati nel tentativo di raggiungere a nuoto la Sea Watch. In quel momento stava intervenendo una motovedetta libica ma l’equipaggio della nave Ong invitò gli extracomunitari a salire a bordo, nonostante la Guardia costiera stesse cercando di fare il suo lavoro.
I trafficanti sanno che quando le Ong sono in mare è sufficiente segnalare la presenza del gommone affinché i volontari partano.
E per questo l’intelligence italiana sta indagando sugli affondamenti di alcuni gommoni. Un numero troppo alto, sospetto. Perché è vero che sono costituiti di materiale fragile, ma non tutti devono necessariamente sgonfiarsi facendo naufragare gli occupanti.
E per questo l’intelligence italiana sta indagando sugli affondamenti di alcuni gommoni. Un numero troppo alto, sospetto. Perché è vero che sono costituiti di materiale fragile, ma non tutti devono necessariamente sgonfiarsi facendo naufragare gli occupanti.
Anzi, si pensa che i gommoni – cinesi – siano volontariamente utilizzati perché affondano poco prima l’intervento delle Ong.
Perché sia chiaro: a loro non interessa salvare vite – sono un mero ‘tasso’ -, quanto, piuttosto, portarne il più possibile in Europa. Per loro meglio ne muoiano 5mila se riescono a portarne 200mila in Italia, piuttosto che 100 se gli sbarchi sono a zero.
Funziona così.Non vuoi che il tuo satellitare da scafista venga intercettato dalle autorità? Chiama Alarm Phone, loro chiameranno per te le ong e le autorità
Alarm Phone nasce, come una scatola cinese, nell’ottobre 2014. Alarm Phone è un call center per i migranti organizzato da una coalizione di attivisti internazionali che da Tunisi a Chicago, da Tangeri e Melilla a Palermo, Berlino, Strasburgo, Barcellona, Bruxelles, Vienna, Zurigo, Amsterdam e Londra puntano lo sguardo direttamente sul Mar Mediterraneo. La coalizione vanta collaborazioni come WatchTheMed, Boats4People, Benvenuti in Europa, Africa Europe Interact, Borderline-Europe, No Borders Marocco, FFM e Voix des migrants.
A fondare Alarm Phone è stato il prete eritreo e trafficante di droga don Mussie Zeray, per anni è stato il referente numero uno dei clandestini e indagato per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Gli scafisti avevano tutti il suo numero.
Poi ha deciso di ampliare la rete. Così è partita Alarm Phone con la partecipazione di 60 attivisti che nell’arco di un solo anno sono diventati 120. oggi sono centinaia.
Molti di loro provengono dall’esperienza della campagna “Boats4people” del 2012. Sul loro sito c’è scritto: “Boats 4 People è una coalizione internazionale di organizzazioni della regione Mediterranea, dell’Africa e dell’Europa. È stata creata per impedire altre morti alle frontiere marittime e per difendere i diritti dei migranti in mare. Rivendica la libertà di movimento per tutti.”
Sul sito ci sono tutte le istruzioni su come viaggiare sui barconi e arrivare in Europa e i corrispettivi link di dove andare e cosa fare. Ma non sono gli unici.
W2EU (Welcome to Europe) è un’organizzazione che ha distribuito gratuitamente in Turchia una guida di 76 pagine scritta in arabo che contiene i numeri telefonici delle organizzazioni che aiutano i migranti come la Croce Rossa e l’UNHCR. I numeri telefonici offrono un servizio di assistenza 24h su 24. In caso di problemi in mare risponde un volontario che a sua volta chiama la guardia costiera greca affinché vada a salvarli. Così come Don Mussie Zeray risponde al telefono stando in Svizzera, una certa Sonia parlando in arabo lavora dall’Austria. L’organizzazione è composta da un centinaio di persone con sede in Europa e nel Nord Africa.
L’appellativo “angelo dei profughi” Don Mussie Zeray lo condivide con la marocchina Nawal Soufi che in poco tempo ha fatto soccorrere ventimila persone in mare. Anche il suo cellulare non smette mai di squillare. Nawal è anche conosciuta tra i migranti siriani come Lady SOS: “Una volta stabilito il contatto chi è in mare mi dà le coordinate via GPS della sua posizione, in modo tale che io possa comunicarlo alla guardia costiera”.
Anche gli attivisti in Marocco di Alarm Phone, intervistati sul proprio lavoro, suggeriscono alla loro organizzazione di usare volantini da distribuire in Africa per far conoscere meglio il loro numero verde. Il passaparola funziona meglio se trovi anche una radio locale che ne favorisca la diffusione. “Lavoriamo anche con vari progetti in Marocco e in Africa occidentale e con associazioni come: Radio Mboa, AMDH, Conseil des Migrants, Centre Culturel Africain and Chabaka (…) Tramite NoBordersMorocco, con un collettivo di attivisti sub-sahariani ed europei, abbiamo stabilito una fitta rete di persone che vivono nei vari sottoboschi e rotte della migrazione.” Così è scritto sul loro resoconto annuale.
Alarm Phone collabora con diverse imbarcazioni private e/o di organizzazioni umanitarie e ONG che hanno iniziato ad operare nel Mediterraneo centrale a maggio del 2015: Phoenix di MOAS (iniziato il 02/05/2015) e MSF (iniziato il 09/05/2015). Oggi collabora con i catalani di OpenArms e i tedeschi di SeaWatch e SeaEye.
Ma se fossimo meno creduloni, potremmo dire che Alarm Phone nasce dall’esigenza degli scafisti di essere schermati nei contatti con le autorità. Pensate di essere uno scafista e di dovere segnalare alla Guardia Costiera italiana la posizione del vostro barcone, fingendo di essere un povero clandestino. Devi usare il tuo telefono satellitare. Questo comporta il problema di essere, poi, rintracciato attraverso il sistema di sorveglianza satellitare, rischiando di compromettere una rete di partenze molto lucrosa.
Nasceva quindi il bisogno di creare una struttura che facesse da schermo tra gli scafisti e le autorità: nasce, casualmente, Alarm Phone. Dal 2015 nasce così Alarm Phone, dall’esperienza del prete eritreo Zerai, che fino ad allora aveva ‘privatamente’ tenuto i contatti – facendo da intermediario – soprattutto tra i barconi carichi di eritrei e le autorità.
Non ci sarebbe altro motivo: perché i barconi non chiamano direttamente la Guardia Costiera maltese o italiana, preferendo invece chiamare Alarm Phone che poi contatta per loro i ‘soccorsi’? Per non essere individuati.
Sarebbe quindi interessante scoprire chi finanzia questa imponente struttura di servizio all’invasione.
Quanto a don Zerai, da Vox denunciato già nel 2013, se è vero che ora gestisce il traffico telefonico da fuori Italia, è vero che per anni lo ha fatto direttamente dal Vaticano. Prima che, poco dopo la partenza dell’inchiesta, lo spedissero stranamente a Friburgo.
Alla fine se ne sono accorti anche i magistrati. La procura di Trapani lo ha indagato per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Ma è complicato raccogliere prove e distinguere chi segnala ‘casualmente’ barconi in difficoltà da chi direttamente gestisce il traffico:
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