mercoledì 27 febbraio 2019

ONG SMENTISCE PROPAGANDA: “NESSUNA TORTURA DI CLANDESTINI NEI CENTRI LIBICI”




Come sapete, nell’ultimo periodo è di moda parlare di clandestini torturati nei centri di detenzione libici. Il che è strano, visto che vanno in Libia volontariamente e poi ne escono armati di smartphone: torturatori onesti…
Particolarmente impegnato in questa campagna di disinformazione è il giornale dei vescovi Avvenire, finanziato dai contribuenti con milioni di euro, che ha pubblicato nei mesi scorsi un reportage con foto e video poi risultati falsi: erano prigioni brasiliane…
Oggi la reporter Totolo ha intervistato il rappresentate di una ong – non tutte sono impegnate nel traffico – che si occupa di aiutare i clandestini senza facilitarne l’arrivo in Italia:
Ho intervistato la responsabile della missione in dell'organizzazione @helpcodeitalia, per far chiarezza sulla situazione dei centri di detenzione governativi gestiti dal Governo di .https://www.ilprimatonazionale.it/primo-piano/nei-centri-libici-immigrati-non-subiscono-torture-intervista-ong-onesta-106230/ 




"Nei centri libici gli immigrati non subiscono torture". Intervista ad una Ong onesta

Intervista a Valeria Fabbroni di Helpcode, Ong che aiuta gli immigrati nei centri libici e gli italiani colpiti dai terremoti. E che non diffonde fake news
ilprimatonazionale.it







Questa la risposta che smonta la propaganda:
Spesso la stampa italiana e quella internazionale descrivono i centri di detenzione governativi libici come luoghi nei quali i migranti vengono torturati. Può chiarire queste insinuazioni, che colpiscono anche l’impegno di organizzazioni come la vostra?
Non abbiamo mai testimoniato ne osservato, nemmeno tramite i nostri collaboratori che sono nei Centri di detenzione governativi libici ogni giorno, casi di tortura. Anzi, per me è necessario che si possa testimoniare che abbiamo trovato direttori dei centri di grande umanità e coraggio, che cercano di fare del loro meglio in una situazione di per se complessa. Certo, i centri sono luoghi duri e difficili, dove ci si rende conto che ogni migrante ha una storia, un nome, un passato ed un dramma da raccontare; ma ciò non vuol dire che siano oggetto di tortura.
Ecco. E ora?









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