martedì 30 aprile 2019

MIMMO LUCANO NON DEVE AVERE RAPPORTI CON GLI INDAGATI, MA LA TOGA ROSSA SE NE FREGA DEL DIVIETO, E' PALESEMENTE DITTATURA COMUNISTA. 

«MIMMO, NON DOVREI AVERE RAPPORTI CON GLI INDAGATI», MA LA TOGA ROSSA GLI PASSAVA INFORMAZIONI


Emilio Sirianni, giudice della Corte d’appello di Catanzaro, segretario di Magistratura Democratica, beccato al telefono con Domenico Lucano, sindaco di Riace, a processo per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina: «Eh Mimmo, quello che faccio io non sono in molti disposti a farlo, perché teoricamente è anche giusto che un magistrato non deve avere rapporti con gli indagati».
Solo in teoria, eh.

L’inchiesta-stralcio per favoreggiamento a carico di Sirianni, aperta e condotta in gran segreto dalla Procura di Locri, si è conclusa con la richiesta di archiviazione perché non c’è prova che Sirianni abbia aiutato Lucano a inquinare le prove. A noi sembra il contrario, ma si sa, per i magistrati ci sono regole a parte.

Al Csm hanno appreso di quanto accaduto tra il giudice democratico e il sindaco-icona dalle notizie di stampa; così pure è accaduto in via Arenula, negli uffici del ministro della Giustizia Alfonso Bonafede. Il ministro, titolare dell’azione disciplinare, fa sapere di avere la pratica Sirianni allo studio in queste ore. Al Csm, più rapidamente, si sta mettendo in moto la macchina che punta a stabilire se Sirianni possa continuare a fare il giudice a Catanzaro, a contatto ravvicinato con l’amico Lucano, inquisito e rinviato a giudizio per associazione a delinquere finalizzata alla truffa allo Stato e all’immigrazione clandestina.
La vicenda da ieri è sul tavolo della Prima commissione del Csm, che si occupa dei trasferimenti per «incompatibilità ambientale e funzionale» dei magistrati che «non possono amministrare giustizia nelle condizioni richieste dal prestigio dell’ordine giudiziario». La commissione, presieduta dal «laico» Alessio Lanzi, ha chiesto formalmente al Comitato di presidenza del Csm l’apertura di una pratica su Sirianni. È un primo passo, ma la rapidità con cui è stato compiuto racconta bene lo sconcerto con cui in seno al Consiglio superiore si è appreso dei comportamenti attribuiti dalla Procura di Locri al giudice calabrese. Il quale da parte sua ieri, dopo avere premesso di «non sapere se ci sia stata una indagine nei miei confronti, non ho mai avuto notizia formale», rivendica nuovamente l’amicizia con Lucano, «una delle persone migliori che abbia mai conosciuto». Ma non spiega perché, telefonando al sindaco, esordisse con un «buongiorno maresciallo»: «Quasi a manifestare – scrive la Procura di Locri – la consapevolezza di essere intercettato».




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