25 APRILE: NON C’È STATA ALCUNA LIBERAZIONE
APRILE 25, 2024
E’ tempo che qualcuno dica come sono andate veramente le cose: non c’è stata alcuna Resistenza e non c’è stata alcuna Liberazione.
C’è stata una guerra. L’abbiamo perduta e, prima, un colpo di stato del Re e dell’Esercito ha rovesciato il governo legittimo. Poi, forze straniere hanno occupato il nostro territorio e continuano, ancora oggi, ad occuparlo.
Non c’è stata alcuna resistenza perché la grande maggioranza della popolazione era a favore del fascismo. Tanti di quelli che oggi cianciano di ‘resistenza’, nel caso il fascismo avesse trionfato, sarebbero le prime comari di corte. Uno come Scurati avrebbe fatto carriera come scrittore di regime: come del resto ha fatto con l’attuale regime liberaldemocratico.
Vox non è nostalgico. Molto probabilmente all’epoca saremmo stati tra i pochi dissidenti: è il destino di chi ama verità e libertà essere contro il potere, sempre. E certamente il fascismo non è stato democratico: ma godeva di un consenso superiore all’attuale regime che, come allora, democratico non è.
Se vivessimo davvero in democrazia, l’immigrazione di massa non esisterebbe, ad esempio. Le nostre armi non andrebbero in Ucraina. E non avremmo decine di basi americane sul nostro territorio.
E qui torniamo a quello scritto all’inizio: non c’è stata alcuna Liberazione. Solo il passaggio da un regime ad un altro regime. Quello attuale è un regime al servizio dello straniero. Lo è dal 1943. Lo è da quando ha svenduto l’Istria. Lo è da quando ha accetto di prostituire il nostro territorio.
L’unico Stato al mondo che celebra una guerra persa e l’occupazione che da allora non è mai finita. Se siamo ‘liberi’ dal 1943, come mai, da allora, sono presenti sul nostro territorio basi americane? Ordigni nucleari americani? Semplice: siamo una colonia. E questo celebrano i fantocci di Washington come Mattarella.
E’ stupefacente che un paese governato da un manipolo di mummie eterodirette da oscure élites finanziarie, si illuda di “festeggiare” un giorno che, alcuni ma non tutti, considerano di “liberazione” dalla dittatura.
Forse viviamo un’epoca democratica? Forse la nostra è democrazia? E’ “dittatura” solo quando il capo del governo si affaccia da un balcone indossando una divisa e non, quando la mezza figura d’un mediocre politicante deruba il popolo della propria identità, traghettando famelici clandestini nelle sue strade, nelle sue case? Quando decide di inviare armi ad un Paese straniero mentre la maggioranza del popolo è contraria?
Oggi, come ogni anno, si trascina la solita pantomima dei “liberatori” in doppiopetto gracchianti parole insulse e vuote. Stavolta non marceranno i “partigiani” che partigiani non sono mai stati, a meno di precoci e improbabili guerriglieri “novenni”. E, anche lì, dovremmo fare una bella selezione, prima di trovare veri soldati.
Col libretto rosso in mano, nel 2020 hanno cantato ‘Bella Ciao’ dai loro balconi. Per festeggiare una liberazione che non c’è mai stata.
Come ogni anno, le inutili parole di quel privilegiato che ignora la democrazia e vive sul colle più alto di Roma, attraverseranno l’etere per perdersi e non essere, da nessuno, ricordate.
I nuovi schiavi, senza tema di ridicolo, celebrano la festa della liberazione, in cattività. Schiavi delle banche, schiavi dell’euro, schiavi di poteri che neanche comprendono. Felici di stare al guinzaglio.
Festeggiano quando, invece, sarebbe tempo di combattere. Non di celebrare vuoti riti. Combattere, come avrebbero combattuto quei partigiani e quei fascisti che, in entrambi i casi, erano convinti di farlo per il bene dell’Italia.
Il 25 Aprile non è mai stata una festa, non si festeggia quando fratelli combattono i fratelli.
E il 25 Aprile non è mai stata una festa anche perché siamo usciti da una gabbia per entrare in una gabbia più grande e piena di luci, ma pur sempre una gabbia: quella “americana”. E dopo quasi un secolo, le basi dei “liberatori” sono ancora qui. I mafiosi che i hanno fatti sbarcare in Sicilia, escono dalle prigioni.
Almeno, nel 2019 potevamo celebrare la liberazione dai barconi. Visto che l’anno prima erano sbarcati mille clandestini vomitati in Italia da navi straniere.
Come tutti gli anni precedenti. Ora, invece, il business è ripreso. Anzi, con la Meloni è quadruplicato.
Ma una minoranza militante e iperattiva celebrerà questa data in cui dovremmo ricordare. E piangere. Non tanto o non solo perché non vi è stata alcune ‘liberazione’, a differenza di cosa racconta la vulgata da quasi un secolo, che ci riempie la testa di menzogne. Ma, soprattutto, perché i lutti più grandi, in Italia, non li hanno portati gli occupanti tedeschi, ma i liberatori alleati. E sia chiaro: gli occupanti tedeschi di lutti ne hanno portati.
Le vittime furono migliaia: giovani, anziane, bambine e bambini. Non facevano discriminazioni i famigerati goumiers, le truppe coloniali francesi sotto lo sguardo soddisfatto dei liberatori. Lo stesso sguardo che, è bene ricordare, ebbero anche i franchisti durante gli stupri delle truppe coloniali spagnole contro le donne repubblicane.
Si potrebbe scrivere, dicevamo, per ore sulla striscia di sangue e miseria che hanno lasciato mentre ci ‘liberavano’. Ma basteranno le parole dello scrittore Frédéric Jacques Temple, allora soldato dell’esercito francese.
Scrive Temple in “Les Eaux mortes”: “Stesa sui cuscini sventrati, ancora giovane, con la gonna alzata fino al viso, un viso di cenere incorniciato da bei capelli neri. I neri, grandi e grossi, si lavoravano metodicamente quella donna aperta a forza, ora silenziosa e inerte, che aveva da molto tempo smesso di lamentarsi sotto le violente spinte. Nessuna tregua tra un uomo e l’altro. Erano più di cento, con i pantaloni abbassati e la verga in mano, in attesa del loro turno. Un ufficiale se ne stava vicino alla porta”.
Oggi non è cambiato molto. Solo che i liberatori li chiamano profughi. E gli ufficiali vicini alla porta sono i nostri politici. Oggi al governo.
E avete ancora l’ardire di chiamarla ‘liberazione’?
Nulla da festeggiare. Prepararsi, invece, a combattere.
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