PONTE AEREO TURCO PORTA CENTINAIA JIHADISTI IN LIBIA: AD UN BARCONE DALL’ITALIA – VIDEO
Il ponte aereo organizzato dalla Turchia per l’afflusso di jihadisti in Libia continua. Mentre vanno avanti i combattimenti a Tripoli, ormai di fatto assediata dalle truppe del generale Khalifa Haftar, Ankara schiera terroristi a fianco delle forze governative di al Sarraj.
La rivelazione del magazine di geopolitica Ofcs.report relativa al reclutamento di miliziani islamici di al Qaeda e Isis da parte della Turchia, ha scatenato polemiche e suscitato la smentita da parte del governo di Sarraj.
Ma, secondo Ofcs, ci sarebbero conferme da parte turca con la rivelazione dei voli utilizzati per il trasferimento dei terroristi islamici ad un barcone dall’Italia.
E l’operazione di Erdogan, non ha mancato di suscitare numerose proteste più o meno velate per lo sfrontato utilizzo di mercenari siriani con trascorsi jihadisti che, dal teatro di guerra mediorientale, vengono improvvisamente trasferiti a poche centinaia di miglia marine dalle nostre coste.
Al momento non si registrano flussi di ‘profughi’ alla frontiera con la Tunisia. Del resto neanche all’apice della vera guerra libica, quella del 2011, i libici lasciarono il loro ricco paese.
Medesima situazione in Algeria dove la presidenza della Repubblica ha informato che il Consiglio supremo di sicurezza algerina “adotterà le misure idonee per proteggere i confini con la Libia e il Mali”.
Una situazione in divenire che allarma, però, l’Italia per le possibili infiltrazioni terroristiche sulle rotte dell’immigrazione clandestina che, in considerazione dello stato di tensione in Libia, potrebbero improvvisamente esplodere. E già sono raddoppiate negli ultimi mesi.
Beh stanis La pochette ha detto che gli immigrati ci servono quindi per lui un grande successo @Capezzone @LaVeritaWeb
Qui siamo all’assurdo. Abbiamo un governo di cerebrolessi (non è un errore di ortografica) che si fa inviare sotto casa migliaia di miliziani islamici e presto direttamente soldati di una potenza straniera ostile.
Erdogan sta applicando all’Italia una manovra a tenaglia politica e militare. Intanto noi teniamo i soldati in Libano, Iraq e Afghanistan. E agli Esteri abbiamo Di Maio.
Questi jihadisti siriani mandati in Libia da Erdogan, quando saranno sconfitti - perchè è improbabile che possano vincere contro Haftar, Egitto, Emirati, Francia e Russia -, indovinate un pò dove scapperanno? Tra qualche mese sentiremo "Rifugiati siriani sbarcati in Italia"? twitter.com/ImJamesTheBond …
L’immigrazione è un’arma di guerra. Solo noi non lo comprendiamo. Erdogan ci manda ormai decine di velieri carichi di clandestini islamici al mese. Mentre invia soldati in Libia per destabilizzare ulteriormente quel Paese, in vista di un assalto di barconi: e noi teniamo i nostri soldati in Libano e Afghanistan per una marchetta a chi sappiamo. E’ ridicolo.
Tutto questo si iscrive nel tentativo di espellere l’Eni dallo sfruttamento dei giacimenti ciprioti che la Turchia, che occupa illegalmente da decenni la parte nord dell’isola (fa parte della NATO!), considera propri.
Quello buono, tra i due, era Assad: laico, occidentale e criptocristiano.
E noi, intanto, con la minaccia afroislamica alle porte, abbiamo 6.290 soldati permanenti nelle varie missioni (nel 2018 erano 6.309), più un altro migliaio per un tempo limitato per una consistenza massima di circa 7.400 unità per il 2019.
Il maggior numero di militari è in Medio Oriente e Asia islamica (46% del totale) e, a seguire, ‘Europa’ (34%) e Africa (20%) mentre il continente con più missioni operative è quello africano, 18 sulle 43 complessive.
Ecco dove sono, ad oggi, i nostri ragazzi:
Noi non contestiamo, come i pacifisti, l’utilizzo dei militari: ne contestiamo i luoghi dove vengono utilizzati.
Perché abbiamo 1.216 soldati italiani a pattugliare il confine tra Libano e Israele, invece di quello italiano tra Friuli e l’Istria, da dove ogni giorno entrano centinaia di clandestini?
Perché abbiamo 1.112 soldati in Iraq, invece di averli a difendere l’interesse nazionale italiano in Libia?
Perché abbiamo 800 italiani in Afghanistan, a quasi venti anni dalla fine della guerra, invece di averli qui, pronti ad ogni evenienza?
Qualcuno ci deve spiegare quale interesse nazionale italiano si difende, nel pattugliare il confine tra Israele e Libano. Quale?
Tra poco un’orda ‘umana’, indirizzata dai soldati turchi, si riverserà sulle nostre coste. E noi teniamo i nostri militari dall’altra parte del mondo. Rovesciare il governo abusivo e richiamarli a casa. A combattere le nostre guerre. A difendere i nostri confini.
Dal loro punto di vista importare questa gente non ha solo significato per disarticolare la società e rendere i nazionalisti minoritari e farli tacere, grazie alle minacce conseguenti di avere questi individui sul nostro territorio. Questa è la filosofia più alta. E più realistica se vogliamo nei risultati. La filosofia più bassa, e fallace, che portano avanti con convinzione, è che questi individui siano numeri che arrivati qui inizieranno a produrre come bravi lavoratori. Pensano che la criminalità di cui possono essere portatori sia un piccolo male necessario nel periodo più brusco dell’integrazione, non gli viene minimamente in testa che questi problemi negli stati uniti se li portano dietro da centinaia di anni. E pensano anche che se gli italiani diminuiscono comprimendo la platea del mercato dei lavoratori, divenendo quindi anche più esosi, possono essere sostituiti senza problemi da nigeriani, ghanesi, somali o tunisini, senza che questo costituisca un problema se non appunti quei problemi incidentali di ‘lieve’ per loro, aumento della criminalità, che comunque si scarica al 90% verso le classi povere a diretto contatto con questi soggetti, e difficoltà di integrazione, che per loro rappresenta solo un piccolo svantaggio di cui occuparsi destinando più fondi, sottratti alla fiscalità generale. Ragionano per numeri, noi siamo numeri per questi delinquenti, non uomini portatori di una cultura e di una civiltà. Personalmente posso anche fregarmene della cultura e della civiltà degli arabi o dei subsahariani, le respingo e non voglio farne parte io o che ne facciano i miei discendenti, ma anche loro sono vittime di questo atteggiamento economicista che riduce gli uomini a ‘membri’ intercambiabili. Ed infatti loro si ribellano come possono, confusamente i neri, con maggiore consapevolezza gli arabi nei loro richiami alla tradizione islamica. Credo questo si spieghi con il maggior quoziente intellettivo di questi ultimi. I bianchi invece non si ribellano, ovattati dagli eventi post seconda guerra, post sessantottini, ed oggi dall’ambientalismo sfrenato e degli pseudodiritti civili. D’altronde il fenomeno della globalizzazione, come attuale è un prodotto della civiltà dei bianchi, ma delle elité, i bianchi poveri ne sono vittime.