OSEGHALE MANTENUTO COI SOLDI DEI FEDELI ALLA PARROCCHIA: PAMELA SCHIAVA BIANCA DELLA MAFIA NIGERIANA – VIDEO
GENNAIO 16, 2022
Oggi, mentre il governo predica ‘accoglienza’, noi vogliamo ricordare la denuncia dello zio di Pamela, Marco Valerio Verni, che è anche avvocato della famiglia, al giornalista Claudio Bernieri. Dal giorno dell’assassinio la famiglia di Pamela è impegnata nella ricerca della verità. Una verità che non può essere soddisfatta dalla semplicistica e liquidatoria sentenza del tribunale di Macerata.
ECCO DOVE FINISCONO I SOLDI CHE DATE AI BERGOGLIANI
Pamela Mastropietro, la diciottenne romana uccisa da uno o più profughi nigeriani, è stata fatta a pezzi un anno fa in un appartamento di Macerata pagato dalla parrocchia: le nostre ragazze fatte a pezzi in case che il Vaticano dà ai finti profughi.
Pamela Mastropietro, secondo diverse ricostruzioni, era finita nella rete della mafia nigeriana, in un clan specializzato nella tratta delle bianche che l’avrebbe adescata con la droga per poi trasformarla in una prostituta.
Lo si leggeva in un documento dell’inchiesta sul brutale assassinio della giovane. Si tratta di un’informativa dal carcere di Ferrara, dove il 19 luglio del 2018 era ancora detenuto Lucky Awelima, uno dei profughi ritenuti complici del collega Oseghale, per il quale i giudici hanno poi chiesto e ottenuto il proscioglimento perché ‘solo’ uno spacciatore.
Il documento riguardava il contenuto di confidenze fatte da Awelima ad una fonte, forse un compagno di cella. Il che significa che proprio estraneo, Awelina, non lo era.
Secondo la ricostruzione dell’informatore, oltre ad autoaccusarsi del delitto di Pamela, il nigeriano avrebbe lasciato intendere come l’omicidio si fosse svolto “nell’ambito delle attività di un’organizzazione criminale”, con a capo diverse persone, tra cui il principale sospettato della morte della ragazza, Innocent Oseghale. Una vera e propria mafia etnica, dedita allo spaccio e alla prostituzione, che avrebbe individuato nella giovane romana una potenziale schiava.
Parole, queste, che, sempre secondo la stessa fonte, Awelima avrebbe sussurrato all’interno del penitenziario e non nelle aule di tribunale, per paura di ritorsioni contro di lui e i suoi familiari “da parte dei componenti dell’associazione”. La mafia nigeriana.
Non donate mai un cazzo che danno tutto agli africani!!!
O li usano per portare a Cap d’Agde le amanti prezzolate con la Maserati a fare festini di droga.