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RAGAZZA ITALIANA SPOGLIATA NUDA E SOLLEVATA IN ARIA DAI NORDAFRICANI COME UN TROFEO DI CACCIA
GENNAIO 16, 2022
Stupri di Capodanno, il racconto di una delle vittime dei nordafricani: “Mi hanno sollevata almeno in sei, tolti tutti i vestiti e toccata ovunque”.
Come il trofeo di una oscena battuta di caccia da esibire, per lunghi, interminabili momenti il branco di piazza Duomo ha innalzato in aria il corpo seminudo della preda in un trionfo di sopraffazione e violenza mentre intorno una folla distratta festeggiava il nuovo anno incurante delle limitazioni anti Covid. «Cercavo di allontanare la gente che mi tratteneva, ma la presa era troppo forte», racconta la 19enne lombarda agli inquirenti in un drammatico verbale depositato agli atti dell’inchiesta che ha portato all’arresto per violenza sessuale di gruppo, lesioni e rapina di un 18enne egiziano che vive a Milano e di un 21enne di Torino originario del Marocco.
Giulia – il nome è di fantasia – mette a verbale, in videocollegamento da un paese della Bassa lombarda con la pm Alessia Menegazzo e l’aggiunto Letizia Mannella: “Sono stata accerchiata da un gruppo di ragazzi, circa quaranta- cinquanta persone”. Un’ora e lei, 19 anni, in mezzo, nonostante gli sforzi per proteggerla di un paio di amici. Tutti nordafricani.
“Vedevo gente che mi tirava per le braccia e per le gambe, mi ricordo del ragazzo dal giubbino rosso sul mio lato sinistro. Lo vedevo di lato mentre venivo sollevata da forse sei ragazzi”. La sequenza dell’orrore le ripassa davanti agli occhi, come al rallentatore.
“Altri ragazzi del gruppo mi levavano i vestiti – prosegue – il giubbino, la maglietta, il reggiseno, mi hanno abbassato pantaloni e mutande mentre ero sollevata in aria, a pancia in su”. Come in un sabba islamico.
L’orda nordafricana sempre più fuori controllo. “Cercavo di allontanare da me la gente che mi tratteneva, ma la presa era troppo forte. Quando hanno finito mi sono accorta di essere stata graffiata”. E palpeggiata, soprattutto nelle parti intime.
Soltanto qualche istante dopo, e senza sapere come e perché, si era sentita liberata da quella morsa: “Mi ricordo che mi sono trovata per terra, senza niente addosso, e un poliziotto con lo scudo mi ha assistito. Delle mie amiche mi hanno messo addosso un giubbino. I miei aggressori? Sono scappati tutti, non li ho più rivisti” . Non si erano accontentati degli oggetti. L’obiettivo era lei: “Credevo mi stessero trattenendo per sottrarmi borsa e telefono – aggiunge la vittima – per questo li ho lanciati, sperando che li avrebbero presi e mi avrebbero lasciato stare”. Tentativo vano: “Nessuno di loro si è allontanato”. Non prima di essere dispersi. Non era la prima aggressione che la ragazza e le sue amiche avevano subito durante la serata. Racconta di aver preso la direzione di piazza Duomo alle 23.40 del 31 dicembre. “Davanti al McDonald’s mi sono accorta che un individuo alle mie spalle mi sfilava il portafoglio dalla borsa. Mi sono accorta e mi sono girata, vedendolo con in mano il portafoglio. Il nome di questo individuo mi è stato riferito da uno dei miei amici”. Lo mette a verbale, la ragazza, quel nome, e spiega anche che non era rimasta inerte, anzi, si era difesa. “Si vantava con degli amici di avermi sottratto il portafogli, così ho deciso di riprenderlo dalle sue mani. Lui mi ha insultata e io ho reagito sputandogli in faccia. Pensavo fosse finita lì”.
Per riprendersi, insieme a una delle amiche, aveva raggiunto un bar, anche per darsi una rinfrescata in bagno. Insieme le due ragazze avevano attraversato piazza Duomo per ricongiungersi al resto della compagnia davanti al McDonald’s. Qui, però, “quattro o cinque ragazzi continuavano a seguirci, uno indossava un giubbotto rosso e mi chiedeva insistentemente il numero di telefono e per questo gli ho dato il mio indirizzo Instagram”. Sarà lo stesso ragazzo che le stava intorno durante la violenza. Altri, poi, avevano cominciato ad afferrarla per le braccia, soprattutto uno, “con la barbetta, che si atteggiava da protagonista e ha cercato di tirarci quando i nostri amici ci hanno difeso. Loro ci stavano attaccati e provavano a circondarci continuamente, praticamente corpo a corpo”. Era l’inizio della manovra di accerchiamento, che porterà alla violenza sessuale di gruppo.
Magistrati e investigatori della Squadra mobile, alla fine della deposizione dell’11 gennaio, mostrano sullo schermo una ventina di foto. La ragazza, con la stessa lucidità con cui ha raccontato, ne riconosce alcuni: quello che le aveva chiesto il numero, quello con la barbetta, chi ha allungato le mani. Sono particolari preziosi, che potrebbero portare a nuovi fermi.
A dieci giorni dalla violenza, la giovane donna è ancora scossa quando testimonia di fronte al pm Alessia Menegazzo, all’aggiunto Letizia Mannella e al capo della mobile della polizia Marco Calì. Intanto, salgano a undici le vittime e a cinque gli abusi: nelle ultime ore altre due ragazze — una di Genova e l’altra di Vicenza — hanno presentato denuncia. Dopo la ventina di nordafricani già identificati (tra cui i due arrestati e tre minorenni), a breve gli inquirenti potrebbero chiudere il cerchio intorno ad altri violentatori.
La ragazza si trova sul lato della piazza di fronte al Duomo. Nella calca qualcuno allunga pesantemente le mani, poi una massa di «40/50 persone», nordafricani, la circonda. «Gente che mi tirava per le braccia e per le gambe», le mani degli assalitori che le strappano i vestiti lasciandola seminuda «mentre ero sollevata in aria, distesa a pancia in su. Cercavo di allontanare da me la gente che mi tratteneva, ma la presa era troppo forte». E poi: «Mi sono trovata per terra, senza niente addosso», aggiunge ricordando che un poliziotto immediatamente la soccorre chiamato dall’amica che l’aveva accompagnata e che ora la copre con un giubbino.
Purtroppo il culo del Salah resta ancorato saldamente alla sua sedia.
Il primo responsabile sarebbe lui assieme al prefetto.
Questi branchi non credo fossero alla loro prima esperienza e quindi potevano essere tenuti d’occhio.