lunedì 30 novembre 2020

SIEROPOSITIVI: TRA I SIEROPOSITIVI CI SONO IN LARGA PARTE I CLANDESTINI. 




AIDS, L’ALLARME: «IMMIGRATI PERICOLOSO FOCOLAIO EPIDEMIA»







































Viste le fake news di questi giorni, è bene ricordare la verità. Intanto, i dati Anlaids:





Sbarcano infetti: 65% positivi ha l’Aids prima di sbarcare

Non c’è solo il coronavirus.Circa i due terzi degli africani sub-sahariani in cura per AIDS analizzati era infetto da HIV già prima di arrivare in Italia. I dati rivelati durante un convegno ANLAIDS. Visto che sui barconi sono arrivati in questi anni al 90% sub-sahariani.



 Poi le parole del compianto immunologo Aiuti. E il suo allarme: «Gli stranieri irregolari nuovo focolaio, facciano il test». Lo facciano a casa loro.

Gli immigrati che vivono in Italia, secondo il professor Fernando Aiuti, l’immunologo pioniere delle lotta all’Aids, sono un pericolo: «Anche se molti non vogliono riconoscerlo» queste persone, ha avvertito il medico, «rappresentano un nuovo focolaio della malattia». Sembra proprio una pesante critica nemmeno troppo velata a Burioni.

«Ormai di Aids non si parla più se non in occasione della Giornata mondiale del primo dicembre. I giovani non ne sanno nulla e da anni sono scomparse le campagne istituzionali di prevenzione. Ma se, per fortuna, grazie ai farmaci sono diminuiti i morti, l’Aids colpisce ancora, con 3.500 nuove infezioni all’anno. Per questo servono campagne per invitare tutti a fare il test Hiv», ha avvertito Aiuti, sottolineando la necessità di rendere incisive queste campagne anche nei confronti della popolazione straniera. Aiuti, che tra l’altro è stato fondatore dell’Anlaids, intervistato dall’agenzia di stampa Adnkronos, ha quindi citato gli ultimi dati del Centro operativo Aids dell’Istituto superiore di sanità (tra i casi di nuove infezioni uno su tre, il 34,3%, riguarda cittadini stranieri, e sono meno di 1 su 10 come popolazione) sottolineando che si tratta di «un dato aumentato di 8 volte in cinque anni». «Abbiamo il dovere – ha detto il medico – di fare campagne di prevenzione mirate anche agli extracomunitari, che nel 70-80% dei casi non sono “tracciati”, in quanto irregolari, e di cui non si sa nulla, dove sono e che fanno, trovando le modalità giuste per fare in modo che si sottopongano ai test».

Infatti. Non solo, ufficialmente sono 4 volte più infetti degli italiani (e i dati tengono conto di tutti, non solo dei subsahariani dove sappiamo l’Aids è endemica), ma dai dati sono esclusi tutti quelli non individuati, che si presume siano la stragrande maggioranza.

Ma il problema si risolve alla fonte: non facendoli entrare e facendo i test al rilascio del visto.

SE POI PENSATE CHE L’80 PER CENTO DELLE DONNE CHE SBARCANO SONO PROSTITUTE NIGERIANE, AVETE LA CONTEZZA DELLA GRAVITA’ DELLA SITUAZIONE

Le principali cause di morte tra gli immigrati che arrivano in Europa sono la Tubercolosi e l’Aids.


Lo rivela il rapporto sulla salute dei rifugiati e dei migranti nella regione europee stilato dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms).

DIFFUSIONE TUBERCOLOSI

Un malato su tre tra quelli che hanno la tbc è migrante o rifugiato, su una popolazione di 1 su 10.

Il paese più interessato dalla tubercolosi è la Romania, retaggio di Ceausescu. Bizzarro che Zaia abbia ventilato l’ipotesi di importare medici dalla Romania.





I rifugiati e i migranti in arrivo da Paesi con un’alta prevalenza di tubercolosi sono a maggior rischio di sviluppare la malattia, a seconda della condizione vissuta nel loro Paese, durante il viaggio e delle condizioni di vita e di lavoro nel Paese ospitante. Ma l’avevano già prima di partire.

Una percentuale significativa dei rifugiati e migranti affetti da Hiv acquisisce l’infezione dopo essere giunta nel Paese di destinazione. Le infezioni da virus dell’epatite B e C sono più comuni tra i rifugiati e i migranti provenienti da paesi in cui il virus è endemico. Infine, le infezioni tropicali e parassitarie, rare in nella regione europea, possono essere riscontrate tra le popolazioni migranti provenienti da aree endemiche.

Dello stesso tema si era parlato nel corso di un convegno: “Le malattie infettive del Migrante e del Viaggiatore”.

Organizzato dal professore Carlo Contini, direttore dell’Unità Operativa Complessa di malattie infettive universitarie di Unife, il convegno si focalizzava anche sugli aspetti epidemiologici e clinici delle nuove malattie infettive emergenti e riemergenti che hanno un impatto considerevole sulla salute pubblica.

“In Italia, negli ultimi vent’anni, la popolazione immigrata è cresciuta di quasi 20 volte, subendo, nell’ultimo decennio, un incremento pari a oltre il 150%, con rilevanti differenze tra le regioni – affermava Contini -. Al patrimonio di salute dell’immigrato che appariva giovane, forte, con maggiore stabilità psicologica e spirito d’iniziativa e quindi più sano (effetto migrante sano), si è contrapposto, al suo arrivo in Italia o in altri paesi ospitanti, un patrimonio che si sta dissolvendo sempre più rapidamente (effetto migrante esausto), per malessere psicologico, mancanza di lavoro e reddito, degrado abitativo, assenza di supporto familiare. La nuova organizzazione della vita conseguente al totale sradicamento dall’ambiente di origine e dalle proprie sicurezze è divenuta e diviene così ogni giorno fonte di stress e pericoli per la salute”.

“In tale contesto le malattie infettive rappresentano un importante focus del fenomeno migratorio, anche se spesso identificano il migrante quale untore da bonificare e da cui difenderci. E’ innegabile che l’emergere di nuove patologie infettive e la ricomparsa di altre che sembravano destinate a ridursi o ad estinguersi, rappresentano argomenti attuali nella società in cui viviamo e sono quindi riportate all’attenzione in questa edizione del Convegno. Il rischio di contrarre la tubercolosi è pari a 10-15 volte in più tra gli immigrati rispetto alla popolazione italiana, per la fragilità sociale legata al processo migratorio e al paese ospitante, in cui l’incidenza è assai bassa e stabile (5-7 casi/100.000 abitanti). L’infezione da HIV/AIDS, evidenzia un costante e rapido aumento nel tempo dei casi notificati in stranieri, con un tasso di incidenza di quasi 4 volte superiore a quella italiana. A questa si aggiungono le altre malattie sessualmente trasmesse, facilitate anche dalle condizioni di sfruttamento sessuale cui sono sottoposte donne e uomini immigrati. La salute dei migranti è divenuta una delle sfide in Sanità Pubblica e riguarda la necessità di garantire percorsi di tutela a coloro che per vari motivi si trovano a vivere ai margini del sistema. Le caratteristiche interdisciplinari del convegno permetteranno ai partecipanti di interagire con tutte le professionalità presenti, stimolando la collaborazione e migliorando il network di assistenza”.

Ma forse bisognerebbe pensare a proteggere i cittadini tenendo lontano chi può infettarci. No?













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