C’è una riflessione da fare sul barcone affondato a largo di Crotone. Cinica, forse, ma crudamente realistica: se il barcone di Oseghale fosse affondato, Pamela sarebbe ancora viva. E Se i barconi dei tanti assassini, spacciatori e stupratori di italiani fossero affondati, tanti italiani sarebbero ancora vivi e felici. Invece che vittime dei crimini degli immigrati.
E’ una riflessione che va fatta. Certo, sui barconi ci sono anche persone che non vengono ad uccidere, stuprare e spacciare, ma solo a profittare del nostro stato sociale e della nostra accoglienza: ma la vita di uno dei nostri vale la vita di cento dei loro? Di mille dei loro? Per loro sarebbe così, basti andare nei loro paesi per vedere come trattano chi non è della loro razza.
Se Pamela fosse vostra figlia, avreste dubbi su chi scegliere? E Pamela è la figlia, sorella e fidanzata di tutti noi.
Noi, ovviamente, vorremmo solo che rimanessero a casa loro, non godiamo, come i buonisti, quando muoiono in mare. Sì, perché i ‘buoni’ godono quando i loro clandestini affondano.
Ogni volta, infatti, hanno un nuovo ‘barcone-feticcio’. Non fatevi fregare: è colpa loro, non nostra, e chi non parte non muore. Ci stanno invadendo.
I media di distrazione di massa si stanno scatenando col solito falso piagnisteo dei ‘migranti morti in mare’: come se li avessimo costretti noi, a pagare migliaia di euro per ‘fuggire’ dalla noia in Nigeria, Pakistan e altri paesi e imbarcarsi in Turchia. Pagando fino a diecimila euro.
Ma noi ce ne freghiamo. Noi siamo in lutto ogni qual volta un mezzo da sbarco carico di clandestini, meglio sarebbe definirli ‘invasori’, approda entro i nostri confini. E il lutto spesso si trasforma in totale disgusto per le immagini di presunti marinai tutti intenti a facilitare l’invasione.
E ancor più disgustosa era ed è la cronaca mediatica di questi eventi, quando si verifica un incidente e dei clandestini muoiono in mare.
Si vorrebbe scaricare la colpa sugli italiani o sull’Europa perché non sono stati abbastanza solerti nell’accoglienza. A nessuna delle menti poco eccelse del giornalismo italiano sfiora l’idea che qui, l’unica colpa, sia degli stessi clandestini: sono loro che si sono messi in viaggio, sono loro che hanno pagato l’equivalente di una piccola fortuna in termini occidentali per farlo. Sono loro che hanno fatto questo, violando la legge italiana o di altri paesi. Questa è gente che sa di non essere benvenuta né cercata, nei paesi nei quali è diretta, ma forza questi paesi all’accoglienza attraverso l’uso strumentale della pietà. E funziona.
Nei loro ‘carichi’, gli scafisti mettono sempre qualche donna – a proposito, ma non era ‘sessista’ definire la donna come ‘diversa’ dall’uomo? – e un gruppetto di bambini: come scudi umani. E i giornalisti sono sempre solerti a fare da megafono alla propaganda degli scafisti: “sono 300 ‘migranti’, tra loro anche donne e bambini”, è la frase tipo che accompagna ogni sbarco. Media che sono complici di questa invasione nel dare le notizie in ‘un certo modo’, nel nasconderne alcune, e nell’amplificarne altre.
Questa è gente che nel 99% dei casi, è stato dimostrato, non viene qui per fuggire da guerre, ma per spacciare o, al massimo, migliorare la propria posizione già ottima in patria: sennò non avrebbero i soldi per imbarcarsi. Legittimo per loro, dannoso per noi che dobbiamo mantenerli e subirne l’esportazione di crimini e degrado. Nonché l’effetto calmiere in un mercato del lavoro che certo, non ne ha bisogno.
Non esiste alcuna responsabilità dell’uomo bianco rispetto a tutto quello che accade nel Globo. Questa ‘megalomania’ che vede in noi la colpa di ogni mancanza negli altri, è alla radice del fenomeno masochistico dell’accoglienza. Accoglienza che, in estrema sintesi, rende queste stragi molto più probabili. E’ infatti il menefreghismo alla Boldrini che genera le tragedie: quando c’erano i respingimenti di Salvini, non moriva nessuno in mare, perché nemmeno più partivano. Capirono subito che non c’era più nessuna possibilità di guadagno, gli scafisti. Ma ora sono tornati i loro colleghi, gli scafisti ad honorem, e i clandestini hanno sentito il richiamo della foresta.
E ricordate sempre: se il barcone di Oseghale fosse affondato, Pamela sarebbe ancora viva. Se quello di Brahim non fosse arrivato, tre cristiani avrebbero ancora la testa sul collo.
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Le facce della vittima, una mamma di 57 anni, e del delinquente