LI' CHIAMANO PROFUGHI, DISPERATI, MA QUANDO PARTI CON I SOLDI PER RAGGIUNGERE UNA NAZIONE, NON 6 PROFUGO, TANTO MENO DISPERATO.
MIGRANTI PAGANO 13MILA EURO PER FARSI SBARCARE IN ITALIA – VIDEO
FEBBRAIO 26, 2023
Si imbarcano i ‘disperati’ o i ricchi borghesi di quei paesi? La seconda:
C’è anche un tariffario da altre destinazioni:
«Quando sento parlare di disperati che scappano dalle bombe, a proposito degli emigranti dall’Africa subsahriana, resto abbastanza sconcertata» confessa la professoressa Anna Bono, docente di Storia e Istituzioni dell’Africa all’Università di Torino, una studiosa fuori dal coro che conosce bene l’Africa (ci ha lavorato per anni, parla lo swahili).
«Certo arrivano da Paesi dove la democrazia non ha raggiunto vette esemplari, e dove pure non mancano conflitti, ma salvo pochissimi casi sono Paesi che non giustificano una richiesta di asilo, e chi la inoltra infatti raramente la ottiene. Io li chiamo come si sono sempre chiamati: emigranti». Noi invasori o avventurieri (Vox).
Professoressa, sta dicendo che l’immagine del profugo che scappa dalla miseria e dalle guerre non corrisponde del tutto alla realtà?
«Ripeto, se parliamo di chi arriva da paesi dell’Africa subsahariana, come il Senegal, il Ghana, ma anche la Somalia e la Nigeria e altri, lì chi fugge da guerre cerca rifugio o in zone più sicure dello stesso Paese oppure in un Paese vicino, non parte per l’Europa. Il caso della Somalia è esemplare. La diaspora somala è tra le più grandi al mondo, però centinaia di migliaia fuggono nel vicino Kenya, e da quando il governo ha sottratto ad Al Shabaab (gruppo terrorista islamico, ndr) le città più importanti, migliaia di somali cercano di rientrare in patria. Chi decide di emigrare, con tutti i rischi e le incognite che questo comporta, lo fa per altri motivi, non perchè è in pericolo di vita, o vive nel terrore di un regime spietato, e nemmeno per la miseria estrema».
Chi sono allora gli emigranti che arrivano da noi sui barconi?
«In maggioranza non appartengono ai ceti più poveri della società africana. Le caratteristiche che mi sembrano accomunarli sono: giovani, in prevalenza maschi, sicuramente scolarizzati anche con titoli di studio da scuola media superiore, in grande maggioranza partiti da centri urbani dove avrebbero potuto continuare a vivere, in situazioni che magari ai nostri occhi sembrano invivibili, ma che in Africa rappresentano già un traguardo rispetto alle centinaia di milioni di persone realmente in miseria».
Insomma sulle barche della speranza c’è la middle class africana?
«E poi sono attirati dalla propaganda che dipinge l’Italia e altri paesi europei come l’Eldorado, posti dove risolveranno tutti i problemi, troveranno un lavoro e il benessere. Questo è un aspetto poco considerato, ma come per altre attività redditizie anche il business del traffico di emigranti non aspetta il cliente, se lo va a cercare. E la propaganda è talmente forte ed efficace che i governi, come quelli dell’Etiopia, Tanzania, Mali e Nigeria stanno provando a combatterla con campagne di dissuasione. Nelle strade si trovano grandi manifesti con scritto «Il nostro Eldorado è il Mali», mentre in Nigeria può capitare di vedere un manifesto con un uomo che, sullo sfondo un aereo in volo, dice ad una ragazza: «Ti trovo un lavoro in Italia». E sotto: «I trafficanti di uomini conoscono molti trucchi. Rifiuta!».
I trafficanti vendono speranze per 3-4mila euro a testa.
«Anche di più, quelle sono le cifre per chi parte già nei pressi del Mediterraneo, ma tanti partono da molto più lontano, e pagano di più».
Come fanno a permettersi cifre che valgono il reddito di diversi anni?
«Il fatto che possano pagare cifre molto alte dimostra appunto come, in molti casi, non siano i poveri a partire ma chi è al di sopra della soglia di povertà».
Anche la Gabanelli ha dovuto ammettere tempo fa quello che andiamo scrivendo da tempo e che molti studiosi spiegano: Emigra la classe media.
Sembra un paradosso, ma non sono i più poveri della terra a rischiare la vita sui barconi. Se si escludono i Paesi afflitti dalle guerre, i 100 milioni di migranti che nel mondo si sono spostati negli ultimi 25 anni, provengono dalla classe media. Le persone emigrano dai Paesi dove il reddito consente di affrontare le spese di viaggio. Allora quando diciamo che i migranti vanno aiutati a casa loro abbiamo chiaro in testa il «come»? Perché il rischio è di ottenere il risultato contrario.
Emigra la classe mediaI dati elaborati dall’Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (Ispi) per Dataroom, mostrano un quadro molto chiaro. Negli ultimi sei anni, su 1 milione e 85 mila migranti africani sbarcati in Europa, il 60% proviene da Paesi con un reddito pro capite tra 1.000 e 4.000 dollari l’anno, considerato medio-basso dalla Banca mondiale per il continente africano. Il 29% tra i 4 e 12 mila dollari, ossia medio-alto; il 7% da Paesi dove c’è un reddito alto (sopra i 12.000 dollari) e solo il 5% dai Paesi poverissimi (sotto i mille dollari).
Non è per nulla un paradosso. Ci sono studi che lo dimostrano da anni. E poi è intuitivo: chi ha i soldi per pagare migliaia di dollari per arrivare in Europa? Non certo i poveri. Per questo è folle dire “aiutiamoli a casa loro”: non facciamo che sollecitare nuova immigrazione.
Il motto, invece, dovrebbe essere: teniamoli a casa loro.
Nessun commento:
Posta un commento