lunedì 26 giugno 2023

ITALIANO CHIEDE DI NON FARE RUMORE, E IL ROM LO UCCIDE. 




 BREAKING NEWS, CRIMINI IMMIGRATI, LAZIO

ALESSANDRO MORTO DOPO 6 GIORNI AGONIA, UCCISO DAI MIGRANTI. AVEVA CHIESTO: «POTETE FARE MENO RUMORE?»

GIUGNO 25, 2023








Questi tre vanno ammazzati. In Italia manca la pena di morte.

In Italia i migranti che piacciono ai politici uccidono ragazzi italiani perché chiedono di non fare troppo rumore. A casa nostra. E non è mai odio razziale per le toghe complici dell’invasione.

Ha lottato per sei lunghi giorni, ma le ferite inferte da una violentissima scarica di calci e pugni scagliati da almeno tre uomini, quando già era a terra dopo una lite nel centro storico di Tivoli, non hanno lasciato scampo ad Alessandro Castellaccio, operatore socio-sanitario di 40 anni.

È morto al Policlinico Umberto I dove era stato ricoverato per la furia di colpi che nel tardo pomeriggio di domenica 18 giugno lo aveva ridotto in fin di vita, a pochi metri da casa.

La discussione, secondo una prima ricostruzione dei carabinieri di Tivoli, sarebbe nata dalla protesta della vittima per i toni e la musica alta di una comitiva di cittadini romeni che stavano bevendo birra davanti ad un bar.

Dal pronto soccorso del San Giovanni Evangelista poco dopo è stato trasferito a Roma, da dove nella notte di sabato è arrivata la tragica notizia. La fine delle speranze per la sua famiglia, intorno alla quale si è stretta tutta la città, e per mamma Daniela: «Mio figlio non c’è più – è il suo messaggio -. Spero che la legge sia giusta e, una volta presi i colpevoli, li rinchiuda e butti la chiave».

 

Una prima denuncia per lesioni gravi gli investigatori dell’Arma l’avevano fatta scattare immediatamente nei confronti di un cittadino romeno di 41 anni, un operaio pure lui residente in centro, trovato sul posto dai militari: anche lui in pronto soccorso dove gli sono state riscontrate la frattura del naso e altre ferite al volto con una prognosi di 25 giorni. Ora la sua posizione si aggrava perché la procura procederà per omicidio. Sarebbero già in via di identificazione anche gli altri due uomini, connazionali, che hanno partecipato al pestaggio e che dovranno rispondere in concorso.

Secondo i primi accertamenti dei carabinieri tutto sarebbe successo poco prima delle 18 in via Domenico Giuliani. Pare che la vittima avesse rimproverato quel gruppetto di romeni: «Andatevene a casa vostra, qua non potete fare quello che vi pare». Poi la prima reazione («Stai zitto tu») e il primo pugno inferto dall’italiano. E subito, con una furia inaudita, sarebbero arrivati altri due di rinforzo. Calci e pugni anche quando già era a terra, inerme. Tutti gli elementi raccolti dagli investigatori dell’Arma ora sono al vaglio della procura che nelle prossime ore disporrà l’autopsia e deciderà sulla posizione degli indagati.

Alessandro Castellaccio lascia in un dolore inconsolabile la mamma Daniela e la sorella Adele, distrutta e incredula: «A quarant’anni non si può morire così. È inaccettabile. Il dolore è immenso, il vuoto che lasci è incolmabile. Ora la distanza sembra infinita, ma so che tu sarai sempre al mio fianco. Ti voglio un bene dell’anima, da sempre e per sempre. Ciao fratellino mio». Stretti intorno a questa famiglia e alla compagna Sonia gli amici di sempre, quelli delle stesse vie del centro storico dove lo chiamavano affettuosamente “Sceriffo”.

Una città colpita al cuore: «Abbiamo pregato tanto. Non avremmo voluto avere questa notizia», lo smarrimento del gruppo “Amici del Duomo”.«Via Maggiore non può restare senza il suo “Sceriffo”» è il messaggio di chi per una vita ha abitato sulla stessa strada. «Dove c’era lui c’era sorriso, unico nel suo genere. Lo ricorderemo sempre così», dice Alessandra. E Claudio: «Senza di te tutti ci sentiamo soli. Ci mancheranno per sempre i tuoi sorrisi e la tua generosità». «Muore non solo un ragazzo – il cordoglio degli amministratori di “Sei di Tivoli se” -, non solo un figlio, ma un tiburtino».























Ammazzato da un rumeno di merda della solita combriccola di rumeni sbevazzoni di merda che stavano facendo casino.





















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