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martedì 30 ottobre 2018
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«FATTA A PEZZI DA IMMIGRATI E SERVITA NEL KEBAB»
OTTOBRE 30, 2018
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Charlene Downes aveva solo 14 anni, quando è scomparsa a Blackpool, il primo novembre di quattordici anni fa. Tempo dopo, per il suo omicidio, vennero arrestati i dipendenti di un Kebab, Iyad Albattikhi e Mohammed Reveshi. L’accusa era atroce: averla uccisa, fatta a pezzi e “fatta sparire dandola ai clienti mischiata nel kebab”.
I genitori di Charlene, che non si sono mai rassegnati alla sua scomparsa, come ogni genitore, hanno denunciato la polizia locale per “inadempienza nelle indagini”. Infatti il processo contro i suoi presunti assassini è finito in un nulla di fatto, a causa di una giuria incapace di raggiungere il verdetto per l’incapacità degli inquirenti nel presentare prove decisive.
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Negli ultimi mesi è infatti spuntato un video del circuito di sorveglianza – la GB è tappezzata di telecamere di sorveglianza, come si conviene ad ogni società multietnica e quindi violenza – che mostra la ragazza il giorno della scomparsa.
C’è il sospetto che, invece di essere fatta a pezzi e data in pasto ai cultori del kebab, possa essere finita nel giro della prostituzione minorile delle schiave sessuali gestita dagli islamici, come in altri centinaia di casi in Inghilterra.
Sono passati 15 anni dalla scomparsa della ragazzina.
Il Mirror ha intervistato ieri in esclusiva Karen Downes e suo marito Bob, una coppia di Blackpool (Gran Bretagna) che ha avuto tre figli, tra cui la scomparsa Charlene. Era il 1 novembre del 2003 quando l’adolescente, che da anni aveva manifestato un atteggiamento fortemente ribelle, specie nei confronti dei genitori, sparì nel nulla.
Nel 2006, neanche tre anni dopo la scomparsa di Charlene, la polizia aveva reso noto a Bob e Karen che, nonostante il corpo non fosse ancora stato ritrovato, c’erano diversi motivi per dichiarare chiuso il caso: la loro figlia era certamente morta.
L’anno successivo, il giordano Iyad Albattikhi, proprietario di un locale che vende kebab, e l’iraniano Mohammed Reveshi, erano stati imputati con l’accusa di aver ucciso Charlene per poi farla a pezzi e servirne la carne nel ristorante. Con un processo che non ha mai chiarito bene la vicenda.
«Quando ho sentito per la prima volta che mia figlia era stata servita come carne per il kebab, sono quasi svenuta e sono scappata in bagno a vomitare» – racconta oggi Karen – «Sapevo che mia figlia era una ribelle e che la stavamo perdendo, ma non potevo certo immaginare che facesse una fine del genere». Quell’ipotesi, però, si rivelò totalmente infondata e tutto il processo decadde. A confermare quanto le indagini fossero state condotte in maniera approssimativa, è giunta anche, a diversi anni di distanza, una sanzione disciplinare a carico di due importanti vertici investigativi che per primi si erano occupati del caso. Il dolore e le illazioni più atroci, però, non erano finiti.
Secondo altre indagini, infatti, diversi mesi prima di scomparire Charlene avrebbe iniziato a prostituirsi per alcuni membri di una banda di criminali pakistani: sono migliaia i casi avvenuti in Inghilterra, di ragazzine costrette a vendersi agli immigrati musulmani.
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L’ultimo fermo di polizia per il caso della scomparsa di Charlene Downes risale all’agosto del 2017, ma si era concluso con un nuovo buco nell’acqua. Pochi giorni dopo, infatti, l’uomo arrestato era stato rilasciato senza nessuna accusa a suo carico. Di Charlene, però, non si sa più nulla, anche se negli anni sono uscite fuori le ipotesi più assurde. «Io, però, ogni tanto mi concentro a sentire i rumori che provengono dall’esterno della nostra casa. Mi aspetto sempre che, da un momento all’altro, Charlene apra la porta e dica: “Mamma, sono a casa”», ha concluso, commossa e straziata dal dolore, Karen.
L’immigrazione fagocita gli elementi più fragili della società. In Italia è toccato a Desirée e Pamela. In Inghilterra a Charlene e migliaia di altre ragazzine: stuprate e uccise. Fatte a pezzi e date in pasto all’immigrazione.
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