I PESCHERECCI VANNO A PESCA DI CLANDESTINI, ECCO PERCHE' I LIBICI GLI SPARANO.
LIBICI SPARANO SU PESCHERECCI ITALIANI: ER BROCCO NAVALE
LUGLIO 18, 2023
Ripetiamo quanto scritto più volte: i blocchi navali si fanno NONOSTANTE i governi dei paesi interessati. Non chiedendolo per favore. L’Italia dovrebbe occupare due porti libici e utilizzarli come discarica dei clandestini recuperati dal blocco navale. Ovviamente questo significherebbe fare fuori qualche beduino come nel novecento, cosa che non si usa più fare: siamo come l’Impero Romano coi Barbari. Prima li sottomettevamo, poi abbiamo iniziato a pagarli per badare al posto nostro ai nostri confini. Non finisce mai bene.
Un peschereccio italiano è stato attaccato a colpi di mitra da una motovedetta libica in acque internazionali, denunciano gli armatori siciliani. “Il governo italiano deve intervenire con serietà ed urgenza. Questi fatti non devono più avvenire. Le chiacchiere stanno a zero, i nostri pescatori ed armatori chiedono di lavorare in pace e nel pieno rispetto delle regole internazionali e delle leggi del mare”, afferma il presidente della Federazione armatori siciliani, Fabio Micalizzi, in merito all’attacco subito dal peschereccio siracusano ‘Orizzonte’ in acque internazionali.
Perché, abbiamo un governo?
“E’ stato un attacco vile – aggiunge – da parte di una motovedetta libica, una di quelle donate dal governo italiano che di fatto ha mitragliato il nostro peschereccio che ha così subito gravi danni tanto da essere ingovernabile. La Marina italiana ha mandato una nave di soccorso”. “Come Federazione armatori siciliani ci riserviamo, a stretto giro – conclude Micalizzi – di depositare un dettagliato esposto alle Procure di Roma e Catania”.
“Nino Moscuzza, noto armatore siciliano, ha lanciato un appello disperato alla Federazione Armatori Siciliani per chiedere aiuto e attenzione da parte delle autorità italiane e dello Stato dopo che il suo peschereccio è stato oggetto di un gravissimo attacco in acque internazionali”, spiega Micalizzi in una nota. “L’equipaggio e il comandante del peschereccio – aggiunge – sono stati miracolosamente in grado di mettersi in salvo, ma l’imbarcazione ha subito numerosi colpi di mitra che l’hanno resa ingovernabile”. “La barca – riferisce – si trovava a 94 miglia a nord di Misurata, in Libia”.
Nella nota degli Armatori siciliani inoltre “si prega chiunque disponga di informazioni o testimonianze riguardanti questo incidente di contattare immediatamente le autorità competenti. La cooperazione tra tutte le parti coinvolte è fondamentale per garantire la sicurezza e la giustizia in questa delicata vicenda”. “La Federazione Armatori Siciliani si impegna a sostenere Nino Moscuzza e a fornire tutto il necessario per ottenere la giustizia e il recupero dell’imbarcazione danneggiata”.
A quanto si apprende da fonti della Farnesina, il peschereccio italiano è già di rientro verso l’Italia. L’imbarcazione era stata fermata con l’accusa di pescare all’interno della autoproclamata ‘Zona marittima esclusiva libica’. Un’unità della Marina militare italiana è intervenuta anche con un elicottero per sventare un possibile sequestro. L’ambasciata d’Italia a Tripoli ha fatto immediate richieste di chiarimento alla presidenza del governo di Tripoli e al comando della Guardia costiera.
Comunque, questi ‘armatori’ hanno a bordo più tunisini che italiani.
Il problema è proprio quello. Il Bersaniano, con tanto di risolino scemo “non si può fare”.
Invece non solo si può, ma si deve.
Bisogna modificare il paradigma. Se dei paesi, o associazioni, cui dietro ci sono comunque degli stati, aggrediscono la tua nazione, anche se in maniera ‘soft’, si risponde per debellare la minaccia, anche in maniera ‘hard’ se non ci sono altri metodi.
Invece sta prevalendo l’idea che la forza non si usa, a prescindere, e se non si usa la forza, o la deterrenza del suo uso, alla fine chi ne ha interesse fa un po’ quello che vuole.
E’ lo stesso paradigma che ti dice “non si può occupare un porto libico perché sarebbe guerre”, ma lo stesso demenziale non si può fare, si traduce, internamente, verso i propri cittadini: bisogna arrestare chi dicesse che un senegalese con cittadinanza rimane non italiano, o che Emanuele è un uomo, nonostante le puttanate che possono scrivere sulla sua carta di identità.
Sono tutte deduzioni figlie di questa epoca pazza, di cui l’ideologia woke costituisce solo la punta più estrema.