domenica 3 maggio 2020

CORONAVIRUS, I MEDICI ALBANESI A BRESCIA: NON SOLO IL FESTINO, UBRIACHI IN CORSIA E SPAESATI







CORONAVIRUS, I MEDICI ALBANESI A BRESCIA: NON SOLO IL FESTINO, UBRIACHI IN CORSIA E SPAESATI





La vicenda dei medici albanesi multati in un hotel del bresciano, sembrava un eccesso di zelo tipico dell’epoca del DPCM. Invece no, era la punta dell’iceberg di una operazione di propaganda iniziata male e finita peggio.


Il 29 marzo il primo ministro di Tirana aveva inviato in Italia trenta medici e infermieri qui “per aiutare i colleghi italiani alle prese con l’ emergenza Covid”. L’intento, ovvio a chiunque, era facilitare l’ingresso dell’Albania nella Ue: un gesto a basso costo dal grande impatto, pubblicità perfetta.
Ad accoglierli, in quella che era una tipica operazione di propaganda per mostrare che gli albanesi non sono un problema per l’Italia, nonostante siano in testa ai crimini commessi dagli immigrati, Luigi Di Maio: «la solidarietà che l’ Albania dimostra è un valore comune che ha fatto nascere l’ Unione europea». A dire il vero l’accoglienza fu unanime, anche Salvini salutò l’arrivo con eccessiva eccitazione.
A Brescia, dove la trentina di sanitari albanesi avrebbe dovuto supportare il personale degli Spedali Riuniti, oberati di casi gravissimi, i colleghi italiani parlano di scarso impegno in corsia: la truppa partita da Tirana si guardava in giro spaesata, più simile ad una comitiva della domenica che a medici in prima linea in rianimazione.
Ci servono medici italiani, non gente in gita per fare propaganda.
Due del gruppo si sono messi quasi subito in malattia: proprio loro che erano venuti per guarire gli altri, hanno avuto bisogno di assistenza. Che si siano presi il Covid o qualche altra infezione non è chiaro, fatto sta che sono stati costretti a rimanere chiusi nell’ hotel di Brescia, ubicato di fronte all’ ospedale.
Altri due si sarebbero presentati ubriachi in ospedale.
Quindi, il finale della missione, è stata solo la punta dell’iceberg: in 9, assiepati in una stanza, a bere birra e fare baldoria come una scolaresca in gita. Perché, evidentemente, questo erano.
Purtroppo per loro, però, il portiere notturno dell’ albergo era sveglissimo e i vicini di camera – altri medici e familiari di pazienti ricoverati – hanno sentito tutto e preteso silenzio.
Non riuscendo a ottenerlo con le buone, è stata chiamata la polizia la quale non era tenuta a sapere del toccante messaggio di Edi Rama né delle relazioni diplomatiche tra Roma e Tirana. Le forze dell’ ordine, di fronte ai rigidi decreti di Conte, si sono limitate ad applicare la legge, quella che vieta gli assembramenti e sanziona chi festeggia in barba al virus.
Morale: 400 euro di multa a 9 tra medici e infermieri albanesi pizzicati in camera a brindare. Per 2 di loro è pure scattata una denuncia per oltraggio a pubblico ufficiale perché si sono ribellati urlando al poliziotto: «Ci multate perché siamo albanesi. Siete razzisti». Il giorno successivo, come se niente fosse, il saluto con le autorità lombarde fuori dal nosocomio bresciano. La storia doveva rimanere sotto silenzio per non guastare i rapporti tra Italia e Albania e perché è meglio avere qualcuno che aiuta piuttosto che niente, invece è uscita.
A quel punto il clan di festaioli ha scritto una lettera di scuse in cui ha espresso «rammarico» per l’ accaduto.















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