mercoledì 3 febbraio 2021

 BREAKING NEWS, CRIMINI IMMIGRATI

SQUARTATA DA TUNISINO, TUTTO IL PAESE ERA CONTRARIO ALLA RELAZIONE: MA LA SORELLA LA INCORAGGIAVA

FEBBRAIO 2, 2021


































Il 2 febbraio 2019 Marisa Sartori venne ammazzata a 25 anni dal marito tunisino che aveva deciso di lasciare dopo anni di abusi. L’intervista alla sorella Deborha rivela il degrado delle frequentazioni multietniche: “La ricordiamo cucinando i suoi gamberoni”.

La condanna all’ergastolo dell’assassino di sua sorella non è bastata a placare il dolore e la rabbia per quell’incubo vissuto in prima persona la sera del 2 febbraio 2019. Deborha Sartori era con la sorella Marisa quando è stata uccisa a 25 anni con otto coltellate da Ezzedine Arjoun, quel marito violento da cui aveva deciso di divorziare.

Secondo quanto ricostruito dalle indagini, il tunisino quel sabato avrebbe atteso per ore l’auto con a bordo la moglie nei sotterranei della palazzina di via IV novembre a Curno, dove Marisa era tornata a vivere con la famiglia dopo averlo lasciato. Quando intorno alle 19 arrivò e scese per aprire il garage, la 25enne venne colpita su tutto il corpo con un coltello da cucina con la lama da 13 centimetri e cadde a terra in fin di vita. Deborha, 22 anni, era alla guida e la raggiunse per soccorrerla, ricevendo a sua volta tre fendenti al seno sinistro e all’addome.

A distanza di due anni, la ragazza ricorda “Mari” e ripercorre quella serata che ha cambiato per sempre la sua vita e quella della sua famiglia.

Quali sono i suoi ricordi di quella sera?

Le urla di mia sorella che chiede aiuto. Io che scendo dall’auto e vengo presa a coltellate. Sono ferita, non so cosa fare. Chiamo l’ambulanza e poi salgo in casa a chiamare mio padre. Non ho più la forza per tornare giù. Lui la raggiunge e lei non respira più. Poi solo lacrime a non finire. E tanta rabbia. Abbiamo iniziato insieme a frequentare la compagnia di tunisini dove ha conosciuto Ezzedine.

Le raccontava qualcosa di lui?

Sì, negli ultimi anni ero rimasta l’unica persona con cui poteva parlare perchè le impediva di rapportarsi con chiunque, così come le proibiva di fare qualsiasi cosa. Le ha mai consigliato di chiudere quella relazione? All’inizio, come detto, lui sembrava una persona normale e io la incoraggiavo ad andare avanti contro il parere di tutti in paese. Io le dicevo di non farsi influenzare da quelle voci. Anche quando andò in Tunisia per sposarlo.

Quando ha capito che c’era qualcosa che non andava?

Solo dopo un po’, quando mia sorella ha iniziato a confidarsi apertamente. Anche se credo che non mi raccontasse proprio tutto. Lei era sempre sorridente, chi la vedeva non poteva nemmeno immaginare cosa stesse vivendo.

Quando l’avete convinta a denunciarlo?

Circa un mese prima dell’omicidio, il 29 dicembre, lei era andata in un centro commerciale a prendermi il regalo di compleanno. Lui la aggredì davanti a tutti e allora capimmo che era meglio dirle di chiudere. Ci rivolgemmo a un centro antiviolenza.

Il ‘razzismo’ salva la vita. I pre-giudizi salvano la vita. Il paese aveva ragione, Deborha aveva torto.

















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