ARRIVA!!!..., LA SECONDA NAPOLI!!!.
A PONTASSIEVE!!!
SPAZZATURA FUORI DA CASSONETTI!!!
IL COMUNE DI PONTASSIEVE FA SOSTITUIRE LE CAMPANE DEL VETRO, PLASTICA, E LATTINE, IN GRAN PARTE DEL TERRITORIO, DA A.E.R ( AMBIENTE ENERGIA RISORSE S.P.A ).
- SUBITO NASCE IL CAOS PER LA ZONA, DIFATTI FIN DA SUBITO I SACCHETTI CONTENENTI ( PLASTICA, LATTINE DI TONNO, DI CONSERVA, FAGIOLI E, VETRO ), VENGONO LASCIATI DAVANTI ALLE CAMPANE, PERCHE' NON ENTRANO DENTRO LA CAMPANA, LE CAMPANE SOSTITUITE HANNO PORTATO LA SECONDA NAPOLI A PONTASSIEVE, ALL'INTERNO DELLE NUOVE CAMPANE, SI TROVANO SOLO QUALCHE BOTTIGLIA CHE ALCUNI BAR HANNO MESSO UNA AD UNA.
I CITTADINI NON POSSONO DI CERTO METTERSI A FARE AMA NON AMA , OPPURE IL GIOCO DEL LOTTO , CON LE LATTINE, PLASTICA, E VETRO, SVUOTARE OGNI VOLTA I SACCHETTI DI PLASTICA PER INSERIRE UNO ALLA VOLTA GLI OGGETTI SOPRA DICHIARATI, E' UNA PERDITA DI TEMPO INUTILE, TRA'ALTRO NON HANNO TUTTO QUESTO TEMPO PER ACCONTENTARE QUALCUNO CHE LA SERA AVANTI E' ANDATO A DORMIRE CON I PEPERONI SULLO STOMACO, E LA MATTINA SEGUENTE SI E' ALZATO MALE.
I COMUNI NON VOGLIONO CHE I RIFIUTI SIANO LASCIATI FUORI DAI CASSONETTI, NEI CASSONETTI I RIFIUTI NON C'ENTRANO, DOVE DOBBIAMO BUTTARE LA NOSTRA SPAZZATURA???, .
* QUESTI SIGNORI DOVREBBERO FACILITARCI LA VITA, INVECE DI COMPLICARCELA OGNI GIORNO CON LE LORO IDEE COME QUESTA.
SE GUARDATE ATTENTAMENTE LE NUOVE CAMPANE, VI ACCORGERETE CHE I FORI D'ENTRATA SONO COSI PICCOLI, CHE PASSA APPENA UNA BOTTIGLIA, QUINDI NIENTE BOTTIGLIE GRANDI COME QUELLE DELL'OLIO CHE VEDE LA COOP PER NATALE, NIENTE FIASCHETTI.
BENE, BENE, ANCHE PONTASSIEVE STA DIVENTANDO COME NAPOLI.
Davide Ciani.
MANCANO DUE MESI AL PROCESSO CONTRO I SERVIZI SOCIALI DI PONTASSIEVE!!!.
Mancano due mesi al Processo contro i Servizi Sociali, i quali per 15 anni non hanno dato pace a molti padri, sopratutto uno, il quale lo hanno preso di mira, solo perché chiedeva di ripristinare gli incontri con le figlie, a cadenza calendario, come l'Ass. Sociale Paola Conti e Lisa Massai avevano iniziato, e via via veniva rinnovato dalle stesse, nel caso di variazioni o altro, tutti gli interessati dovevano essere avvertiti, ma a Settembre 2004, subentrò l'Ass. Sociale Arnò, la quale volse sospendere tali incontri senza darne un motivo, sopratutto senza avvertire tutti gli interessati, solo il nonno paterno fu avvertito, il quale si affiancò alla Ass. Sociale per avere il dominio totale sulle nipoti affidate, ma sopratutto per far del male al figlio ( padre delle nipoti ).
Per lunghi 15 anni l'Assistente Sociale Arnò e il nonno paterno hanno reso la vita impossibile al padre delle minori, con atti persecutori continui, con una palese di violenze psicologiche, con l'alterazione arbitraria, con un falsità nelle relazioni che nessuno ha mai fatto, l'esagerazione dei due superava ogni regno di Fantasia, il quale dopo c'è il Nulla!!!.
Tanto per dirne una, scrissero che l'abitazione del padre delle minori, era infestata dai pidocchi, ora provate voi ad immaginare di vedere i pidocchi volare in una stanza di casa vostra, comunque sia, non lo dite in giro se lo fate, rischiate che gli altri vi considerano dei malati di mente.
Questo padre oggi non ha più niente, neppure il lavoro, tutto per colpa di queste persone che abusano del loro potere per distruggere i genitori, difatti oggi si parla di abuso d'ufficio e falso agli atti pubblici, due reati molto gravi, il bello è che ancora queste persone continuano a lavorare, ma non per molto, difatti il 21 Dicembre 2015 alle ore 09:00, ci sarà il Processo dopo 15 anni, finalmente questo padre avrà GIUSTIZIA!!!!.
Davide Ciani
venerdì 30 ottobre 2015
lunedì 19 ottobre 2015
Arrivano le prime richieste danni per 12 famiglie di Pontassieve!!!
Servizi Sociali indagati per falso ad Atti Pubblici e Abuso D'ufficio.
Il Pubblico Ministero mette a Giudizio 12 Istanze, le quali vengono presentate da 12 famiglie di Pontassieve.
-Tra il 15 Aprile 2013 e il 23 Luglio 2014, la Procura della Repubblica si è vista recapitare 12 Istanze da 12 famiglie diverse di Pontassieve, tutte sono per Falso ad Atti Pubblici, Abuso D'ufficio, e Violenze Psicologiche.
Ritenuto che siano tutte riferite alle stesse Assistenti Sociali, il Pubblico Ministero ha dovuto far altro che metterle a Giudizio, le famiglie sovra dichiarate hanno chiesto la punizione e i danni Psicologici, e di essere tutte presenti in aula come Test. Ora sarà il GIP a decidere se chiamare le famiglie come Test o non.
PROCESSO "FORTETO!!!".
QUESTE SONO ALCUNE DELLE 1040 PAGINE!!!
*N. 1619/11 R.G.N.R. N. 3267/2015 Reg. Sentenze del 17.06.2015 N. 15401/11 R.G. Gip Irrevocabile il _________________ N. ______________ Esecuzione Penale N. ____________________ Campione Penale
TRIBUNALE DI FIRENZE
Seconda Sezione Penale - Composizione Collegiale
REPUBBLICA - ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
Il Tribunale di Firenze in composizione- collegiale nelle persone dei giudici:
dott. Marco Bouchard Presidente.
dott. Matteo Zanobini Giudice
dott. Barbara Bilosi Giudice
ha pronunziato e pubblicato alla pubblica udienza del 17.06.2015, mediante lettura del dispositivo, la seguente
S E N T E N Z A
nei confronti di :
1)FIESOLI Rodolfo Luigi, nato a Prato il 11.11.1941 res. in frazione Orticaia, 13, Dicomano, con domicilio dichiarato in Via Nenni, Pelago -contumace- difeso d’ufficio dall' avv. Sara Angelucci del foro di Firenze.
2)BACCI Francesco, nato a Campi Bisenzio il 5.9.1957 res. in frazione Orticaia, 13, Dicomano -presente- difeso di fiducia dall'avv. Antonio Voce del foro di Firenze.
3)BOCCHINO Maria Angela, nata a Prato il 21.4.1954 res. in frazione Santa Lucia, 12, Dicomano –non comparsa, già presente- difesa di fiducia dagli avv.i Eriberto Rosso e Michele Verrucchi del foro di Firenze.
4)CECCHERINI Marco, nato a Prato il 23.5.1951 res. in frazione Santa Lucia, 12, Dicomano -contumace- difeso di fiducia dall'avv. Eriberto Rosso del foro di Firenze.
5)CONSORTI Mariella, nata a Prato il 18.7.1957 res. in frazione Orticaia, 14, Dicomano - non comparsa, già presente- difesa di fiducia dagli avv.i Simonetta Perrone Compagni e Luca Bisori del foro di Firenze.
6)GIORGI Marida, nata a Pieve Santo Stefano il 9.2.1960 res. in frazione Orticaia, 13, Dicomano - non comparsa, già presente- difesa di fiducia dall'avv. Andrea Nicolini del foro di Firenze.
7)GOFFREDI Luigi, nato a Porretta Terme il 8.4.1952 res. in frazione Orticaia, 14, Dicomano –presente- difeso di fiducia dagli avv.i Simonetta Perrone Compagni e Luca Bisori del foro di Firenze.
8)LASCIALFARI Elena, nata a Dicomano il 30.6.1954 res. in frazione Orticaia, 14, Dicomano – non comparsa, già presente- difesa di fiducia dall'avv. Rosa Todisco del foro di Firenze.
9)MONTORSI Silvano, nato a Vignola il 1.7.1953 res. in frazione Rossoio, 6, Vicchio -presente- difeso di fiducia dagli avv.i Luca Bisori e Valeria Valignani del foro di Firenze.
10)PEZZATI Stefano Paolo, nato a Prato il 1.1.1958 res. in frazione Orticaia, 13, Dicomano –presente - difeso di fiducia dall’avv. Pier Matteo Lucibello del foro di Firenze.
11)PIZZI Matteo, nato a Bologna il 17.5.1989 res. in frazione Orticaia, 13, Dicomano -non comparso, già presente- difeso di fiducia dall'avv. Massimiliano Palena del foro di Firenze.
12) PREMOLI Domenico, nato a Crema il 11.12.1959 res. in frazione Orticaia, 14, Dicomano -presente- difeso di fiducia dagli avv.i Luca Bisori e Valeria Valignani del foro di Firenze.
13)ROMOLI Gianni, nato a Signa il 24.6.1959 res. in frazione Orticaia, 13, Dicomano -presente- difeso di fiducia dall'avv. Michele Cieri del foro di Firenze.
14)SARTI Stefano, nato a Prato il 27.09.1959 res. in frazione Orticaia, 13, Dicomano -presente- difeso di fiducia dall'avv. Antonio Voce del foro di Firenze.
15)SARTI Sauro Massimo, nato a Prato il 21.1.1958 res. in frazione Orticaia, 13, Dicomano - non comparso, già presente- difeso di fiducia dagli avv.i Luca Bisori e Valeria Valignani del foro di Firenze.
16)SASSI Elisabetta, nata a Prato il 27.9.1960 res. in frazione Orticaia, 17, Dicomano -presente- difesa di fiducia dall'avv. Massimiliano Palena del foro di Firenze.
17)SERNISSI Doriano, nato a Campi Bisenzio il 6.10.1956 res. in frazione Orticaia, 17, Dicomano - non comparso, già presente- difeso di fiducia dall'avv. Massimiliano Palena del foro di Firenze.
18)SERPI Luigi, nato a Pagani il 11.10.1961 res. in frazione Orticaia, 13, Dicomano - non comparso, già presente- difeso di fiducia dall'avv. Vincenzo De Franco del foro di Firenze.
19)TARDANI Daniela, nata a Firenze il 5.5.1956 res. in frazione Orticaia, 15, Dicomano -presente- difesa di fiducia dall'avv. Antonio Voce del foro di Firenze.
20)TARDANI Maria Francesca, nata a Firenze il 20.12.1959 res. in frazione Orticaia, 13, Dicomano -presente- difesa di fiducia dall'avv. Massimiliano Palena del foro di Firenze.
21)TEMPESTINI Elena Maria, nata a Prato il 21.5.1958 res. in frazione Orticaia, 17, Dicomano - non comparsa, già presente- difesa di fiducia dall'avv. Vincenzo De Franco del foro di Firenze.
22)TURINI Andrea, nato a Certaldo il 5.3.1955 res. in frazione Orticaia n. 14 a Dicomano - non comparso, già presente-, difeso di fiducia dall'avv. Rosa Todisco del foro di Firenze.
23)VANNUCCHI Mauro, nato a Prato il 07.11.1957 res. in frazione Orticaia, 17, Dicomano -presente- difesa di fiducia dall'avv. Vincenzo De Franco del foro di Firenze.
IMPUTATI
FIESOLI Rodolfo Luigi
a)del delitto di cui agli artt. 609 bis, comma 1, e 61 n. 9 c.p., perché, con comportamento insidiosamente rapido consistito nell’abbracciarlo con forza e nel farlo cadere sul letto della sua camera e comunque abusando dell’autorità di capo “spirituale” della comunità il Forteto, costringeva Aversa Giuseppe (nato il 16.07.87), a subire atti sessuali quali toccamenti sulla coscia, baci sulle guance e un bacio in bocca, dicendogli nel mentre, “tutti dobbiamo liberarci dalla nostra materialità, questo è affetto puro, vero amore”. Nella comunità il Forteto tra Vicchio e Dicomano in un giorno di dicembre prima del Natale 2008;
b)del delitto di cui agli artt. 610 e 61 n. 2 e 9 c.p., perché, al fine di eseguire il delitto di cui al capo a), con violenza consistita nell’abbracciarlo con forza e nel farlo sedere sul letto e nel chiudere a chiave la porta della camera dove si trovava Aversa Giuseppe, ne impediva il libero movimento. Nella comunità il Forteto tra Vicchio e Dicomano in un giorno di dicembre prima del Natale 2008;
c)del delitto di cui agli artt. 110, 112, 572 e 61 n. 9 c.p., perché, in concorso con le persone indicate nel capo di imputazione di cui alle lett. v) e a.1), nella qualità di incontrastato capo “spirituale”, responsabile e fondatore della comunità il Forteto, maltrattava Aversa Giuseppe, entrato in comunità nel settembre del 1997 all’età di dieci anni, e, nonostante l'affidamento formale a Calamai Gino e Giorgi Marida, sottoposto alla sua autorità e comunque a lui affidato per ragioni di educazione, istruzione, cura, vigilanza e custodia, infliggendogli sofferenze e costrizioni psicologiche, nonché limitandone la libertà di autodeterminarsi e di operare le proprie scelte di vita attraverso l’imposizione di rigide regole di vita e di comportamento, dallo stesso create, all’interno della comunità, consistite:
1.nello svalutare e denigrare la famiglia di origine considerandola limitante per la crescita individuale, nell’impedirne o comunque limitarne i contatti, al fine di fare cessare ogni legame affettivo con la voluta conseguenza di proporsi come unico modello di riferimento all’interno della comunità: in particolare Fiesoli R.L. ritardava e ostacolava gli incontri di Aversa Giuseppe con la madre Scozzari Dolorata, programmati dal Tribunale dei Minorenni di Firenze con provvedimento del 9 settembre 1997, tanto che la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, cui la Scozzari si era rivolta, con sentenza del 13 luglio 2000, condannava il Governo Italiano a pagarle la somma di 100 milioni di lire; inoltre, con azione metodica e ossessiva convinceva e faceva convincere, servendosi di altri appartenenti alla comunità, Aversa Giuseppe che la madre Scozzari Dolorata lo aveva venduto alla persona che lo aveva abusato sessualmente quando aveva dieci anni (per questi fatti v. sentenza di condanna di Langella Maurizio e Scovazzo Antonino del Gip di Firenze in data 2.12.1997 e dispositivo di sentenza Corte di Appello di Firenze in data 16.6.1998 irrevocabile il 16.9.1998) e lo gratificava quando, di ritorno dalla testimonianza al processo, diceva che aveva accusato la madre, e ancora cercava, anche per mezzo di altre persone, di svalutare la figura di Aversa Giuseppe agli occhi del fratello minore Samuele;
2.nell’imporre la separazione degli uomini dalle donne, anche se legati da vincoli affettivi e uniti in matrimonio;
3.nella pratica dell’omosessualità, intesa quale mezzo per risolvere i problemi sessuali dell’infanzia dovuti all’omosessualità latente e nella predicazione della inferiorità delle donne rispetto agli uomini perché “impure e puttane”; 4.nell’imporre, nelle obbligatorie riunioni collettive serali, la pratica dei c.d. “chiarimenti”, consistenti nella violenza psicologica a fare ammettere l’infrazione delle regole di vita della comunità, anche con punizioni corporali e/ o isolamento in una stanza, con la conseguente esaltazione della condotta riparatoria o, in caso di persistenza del rifiuto ad accettare le sue decisioni e gli indirizzi di pensiero o di condotta della comunità, della conseguente disapprovazione, emarginazione e isolamento dal gruppo, attuati con pesanti ingiurie e denigrazione della persona anche dal Fiesoli R. L., il quale, con il ricorso ossessivo a questa pratica, attraverso il sistema della successiva approvazione o disapprovazione dei comportamenti, generava nei membri della comunità, oltre che un sentimento di colpevolizzazione, anche una condizione di sudditanza e soggezione psicologica utilizzata per il controllo e la gestione della persona, nonché l’assoggettamento a lui stesso e al suo sistema comunitario: in particolare l’Aversa Giuseppe, dopo che aveva subìto i chiarimenti, a volte veniva costretto a stare seduto a mensa, a testa bassa, per interi pomeriggi;
5.nel vietare rapporti con persone all’esterno della comunità, sostenendo che tutto quello che era fuori non era buono; 6.nell’imporre la permanenza all’interno della comunità, anche se un appartenente decideva, al compimento del diciottesimo anno, di trovare lavoro all’esterno o di iscriversi all’Università: in particolare l’Aversa Giuseppe, intorno all’anno 2008 (come precisato all’udienza del 12.5.2014) veniva fortemente disapprovato dal Fiesoli R. L. per la scelta di fare domanda per entrare nella Polizia di Stato, al punto da guadagnarsi l’isolamento da parte di tutta la comunità e l’epiteto di “traditore”; 7.nel vietare i rapporti eterosessuali: in particolare Fiesoli R.L., nell’anno 2009, cercava di convincere, anche a mezzo di altri membri della comunità, la fidanzata Bartolini Irene a non avere rapporti sessuali con l’Aversa Giuseppe, anche sostenendo falsamente di avere avuto da quella la confidenza che non la soddisfacevano;
8.nel costringere Aversa Giuseppe a subire gli atti sessuali di cui al capo a), abusando dell’autorità di capo “spirituale” della comunità, e successivamente dicendo ad Aversa Giuseppe che voleva affrontare l’argomento, che aveva un sacco di problemi psicologici che non voleva risolvere, che non si fidava di nessuno, che era maligno, tutto sua madre e che dopo tutto quello che aveva fatto per lui era una testa di cazzo e uno stronzo a criticarlo.
Con le aggravanti di avere commesso i fatti di cui ai capi a), b) e c) con abuso dei poteri e con violazione dei doveri inerenti a un pubblico servizio, essendo la comunità preposta all’affido di minori e i fatti di cui al capo c) in concorso con più di cinque persone. Nella comunità il Forteto tra Vicchio e Dicomano dal 1997 sino al settembre 2009;
d)del delitto di cui agli artt. 81 cpv., 609 bis commi 1 e 2 n.1 e 61 n. 9 c.p., perché, con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, con minaccia psichica, quando si rifiutava di avere rapporti sessuali con lui, consistita nel denigrarlo agli occhi dei componenti la comunità il Forteto e dei suoi genitori affidatari di fatto Tardani Francesca e Serpi Luigi, rendendogli così la vita impossibile con tutti e con abuso di autorità derivante dalla sua qualità di tutore, come da provvedimento del Pretore di Pontassieve in data 10.3.1992, e comunque di affidatario di fatto dal compimento del 18° anno di età, e abusando della condizione di inferiorità psichica determinata dalla soggiogante autorità di capo “spirituale” della comunità e dai maltrattamenti di cui al capo che segue, costringeva e induceva Mameli Marco (n. 18.11.1976), a subire atti sessuali consistiti a volte nell’infilargli un dito nell’ano e in abituali e reiterati coiti anali e orali, sin dal suo ingresso in comunità avvenuto nell’anno 1991, all’età di quattordici anni, sino al maggio 2010. Nella comunità il Forteto tra Vicchio e Dicomano sino al maggio 2010;
e)del delitto di cui agli artt. 110, 112, 572 e 61 n. 9 c.p., perché, in concorso con le persone indicate nel capo di imputazione di cui alle lett. v) e h.1), nella qualità di incontrastato capo “spirituale” e responsabile della comunità il Forteto, maltrattava Mameli Marco, entrato in comunità nel 1991, all’età di 14 anni, e, nonostante l'affidamento formale a Fiesoli R.L. e Castellucci Licia, sottoposto alla sua autorità, anche quale suo tutore, come da provvedimento del Pretore di Pontassieve in data 10.3.1992 e comunque a lui affidato, quale membro della comunità per ragioni di educazione, istruzione, cura, vigilanza e custodia, infliggendogli sofferenze fisiche e costrizioni psicologiche, consistite:
1.nell’imporre la separazione tra uomini e donne anche se legati da vincoli affettivi e sposati e nel vietare i rapporti eterosessuali: in particolare Fiesoli R.L. impediva a Mameli Marco di dormire insieme con la moglie Ceccherini Valentina, pur essendosi con lei sposato nell’anno 2006; 2.nel costringere, abusando della propria autorità di capo “spirituale” della comunità, il Mameli Marco a subire abituali e reiterati rapporti sessuali, consistiti in coiti orali e anali, dicendogli che gli levava la materialità di dosso e che gli dava un aiuto spirituale, sin dall’ ingresso in comunità avvenuto nell’anno 1991, quando aveva quattordici anni e sino al maggio 2010; 3.nel denigrare la persona del Mameli Marco agli occhi dei componenti della comunità e dei suoi genitori affidatari di fatto Tardani Francesca e Serpi Luigi, nel caso di rifiuto ai rapporti sessuali, rendendogli perci la vita impossibile con tutti;
4.nel denigrare il Mameli Marco agli occhi della moglie, per i motivi di cui sopra, al punto che era indotto a pensare che gliela avrebbe fatta perdere; 5.nel fare opera di “terrorismo psicologico”, per i motivi di cui sopra, al punto che il Mameli Marco era indotto a pensare che il Fiesoli R.L. l’avrebbe cacciato dalla comunità, dove il predetto svolgeva l’attività lavorativa, sua unica fonte di sostentamento; nonché limitandone la libertà di autodeterminarsi e di operare le proprie scelte di vita attraverso l’imposizione di rigide regole di vita e di comportamento, dallo stesso create, all’interno della comunità consistite: 6.nell’indurre i ragazzi, uomini e donne, ad avere rapporti omosessuali; 7.nello svalutare e denigrare le famiglie di origine considerandole limitanti per la crescita individuale, nell’impedirne o comunque limitarne i contatti, al fine di far cessare ogni legame affettivo con la voluta conseguenza di proporsi come unico modello di riferimento all’interno della comunità; 8.nel fare ammettere e confessare, a mezzo di continue violenze psicologiche e punizioni anche corporali, inesistenti fantasie sessuali verso terzi e anche nei confronti dei genitori e dei parenti: in particolare Fiesoli R.L. chiedeva spesso a Mameli Marco se aveva avuto rapporti sessuali con la madre, perché aveva saputo che in casa succedevano delle maialate;
9.nella pratica dell’omosessualità, intesa quale mezzo per risolvere i problemi sessuali dell’infanzia dovuti all’omosessualità latente e nella predicazione della inferiorità delle donne rispetto agli uomini perché “impure e puttane”;
10.nell’imporre, nelle obbligatorie riunioni collettive serali, la pratica dei c.d. “chiarimenti”, consistenti nella violenza psicologica a far ammettere l’infrazione delle regole di vita della comunità, anche con punizioni corporali e/ o isolamento in una stanza, con la conseguente esaltazione della condotta riparatoria o, in caso di persistenza del rifiuto ad accettare le sue decisioni o gli indirizzi di pensiero della comunità, della conseguente disapprovazione, emarginazione e isolamento dal gruppo, attuati anche personalmente con pesanti ingiurie e denigrazione della persona dal Fiesoli il quale, con il ricorso ossessivo alla pratica dei chiarimenti, attraverso il sistema della approvazione o disapprovazione dei comportamenti, generava nei membri della comunità, oltre che un sentimento di colpevolizzazione, anche una condizione di sudditanza e soggezione psicologica che era utile per il controllo e la gestione della persona, nonché l’assoggettamento a lui stesso e al suo sistema di vita comunitario. Con le aggravanti di avere commesso i fatti di cui ai capi d), ed e) con abuso dei poteri e con violazione dei doveri inerenti a un pubblico servizio, essendo la comunità preposta all’affido di minori e i fatti di cui al capo e) in concorso con più di cinque persone. Nella comunità il Forteto sino al maggio 2010;
f)del delitto di cui agli artt. 81 cpv., 609 bis commi 1 e 2 n.1 e 61 n.9 c.p., perché, con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, con abuso di autorità quale responsabile della comunità il Forteto e abusando della condizione di inferiorità psichica determinata dalla soggiogante autorità di capo “spirituale” della stessa e dai maltrattamenti di cui al capo che segue, costringeva e induceva Fiorenza Eris (nato il 6.9.1990), a subire baci sulle labbra, baci in bocca, toccamenti sull’ano e all’interno e a compiere toccamenti sul suo pene, dall’età di 14 anni sino all’anno 2009, dicendogli nel contempo, “non essere timido, ti tolgo tutta la merda che hai subìto, ti do il bene”. Nella comunità il Forteto tra Vicchio e Dicomano dal 2004 sino all’anno 2009;
g)del delitto di cui agli artt. 110, 112, 572 e 61 n. 9 c.p., perché, in concorso con le persone indicate al capo di imputazione di cui alla lett. v), nella qualità di incontrastato capo “spirituale” della comunità il Forteto, maltrattava Fiorenza Eris, entrato in comunità nel 2003 all’età di tredici anni e, nonostante l'affidamento formale a Sassi Elisabetta e Sernissi Doriano, sottoposto alla sua autorità o comunque a lui affidato per ragioni di educazione, istruzione, cura, vigilanza e custodia, infliggendogli sofferenze fisiche e costrizioni psicologiche consistite nel costringere Fiorenza Eris a compiere e a subire gli atti sessuali di cui al capo che precede, dall’età di 14 anni sino all’anno 2009, sostenendo, in tal modo, “di levargli tutta la merda che aveva subìto”, nonché limitandone la libertà di autodeterminarsi e di operare le proprie scelte di vita, attraverso l’imposizione di rigide regole di vita e di comportamento dallo stesso create, all’interno della comunità consistite: 1.nell’imporre la separazione tra uomini e donne all’interno della comunità; 2.nell’indurre i ragazzi, uomini e donne, ad avere rapporti omosessuali; 3.nello svalutare e denigrare le famiglie di origine considerandole limitanti per la crescita individuale: in particolare Fiesoli R. L. induceva Fiorenza Eris a dire che il padre lo portava da degli uomini a Firenze per farlo prostituire e gli chiedeva se quegli uomini gli portavano regali e se anche il fratello Gabriele aveva subìto le stesse cose; Fiesoli R.L. inoltre separava Eris dal fratello Gabriele, facendo affidare quest’ultimo a Marika Corso e Francesco Fiesoli;
4.nell’imporre, nelle obbligatorie riunioni serali, la pratica dei c.d. “chiarimenti”, consistenti nella violenza psicologica a far ammettere l’infrazione delle regole di vita della comunità, anche con punizioni corporali e/ o isolamento in una stanza, con la conseguente esaltazione della condotta riparatoria o, in caso di persistenza del rifiuto ad accettare le sue decisioni o gli indirizzi di pensiero o di condotta della comunità, della conseguente disapprovazione, emarginazione e isolamento dal gruppo, attuati con pesanti ingiurie e denigrazione della persona anche dal Fiesoli R. L., il quale con il ricorso ossessivo a questa pratica, attraverso il sistema della successiva approvazione o disapprovazione dei comportamenti, generava nei membri della comunità, oltre che un sentimento di colpevolizzazione, anche una condizione di sudditanza e soggezione psicologica utilizzata per il controllo e la gestione della persona, nonché l’assoggettamento a lui stesso e al suo sistema di vita comunitario.
Con le aggravanti di avere commesso i fatti di cui ai capi f) e g) con abuso dei poteri e con violazione dei doveri inerenti a un pubblico servizio, essendo la comunità preposta all’affido di minori e i fatti di cui al capo g) in concorso con più di cinque persone. Nella comunità il Forteto tra Vicchio e Dicomano sino all’anno 2009;
h)del delitto di cui all’art. 609 bis e 61 n.9 c.p., perché, con violenza consistita anche nell’approfittare dello stato di diminuita resistenza derivata dall’ autorità di capo “spirituale” della comunità il Forteto e dai maltrattamenti di cui al capo che segue, costringeva Bimonte Jonathan (nato il 6.03.1989), a subire atti sessuali consistiti in toccamenti delle mani, delle gambe e dell’organo genitale, dicendogli, nel contempo, che “doveva fidarsi di lui, sbloccarsi del peso delle violenze del padre, che gli voleva bene, che era innamorato di lui come di tutti i ragazzi del Forteto che per lui erano come dei figli” e, al rifiuto di Jonathan di proseguire , che era “un pezzo di merda”. Nella comunità il Forteto tra Vicchio e Dicomano in un giorno di fine novembre dell’anno 2007;
i)del delitto di cui all’art. 610 e 61 n. 9 c.p., perché, immediatamente dopo i fatti di cui al capo che precede, sempre nella qualità di capo “spirituale” della comunità il Forteto, dicendo a Bimonte Jonathan che non doveva più andare alla villa a mangiare con gli altri, che non si doveva più presentare in comunità, perché, se lo avesse visto, l’avrebbe pagata cara, costringeva il predetto a omettere tali comportamenti. Nella comunità il Forteto da un giorno di fine novembre 2007 al febbraio 2008;
j)del delitto di cui agli artt. 110, 112, 572 e 61 n. 9 c.p., perché, in concorso con le persone indicate al capo di imputazione di cui alle lett. v) e b.1), nella qualità di incontrastato capo “spirituale” della comunità il Forteto, maltrattava Bimonte Jonathan, entrato in comunità nell’agosto del 1996, all’età di sette anni, e, nonostante l'affidamento formale a Montorsi Silvano e Fiesoli Donatella, sottoposto alla sua autorità o comunque a lui affidato per ragioni di educazione, istruzione, cura, vigilanza e custodia, infliggendogli sofferenze e costrizioni psicologiche, nonché limitandone la libertà di autodeterminarsi e di operare le proprie scelte di vita, attraverso l’imposizione di rigide regole di vita e di comportamento, dallo stesso create, all’interno della comunità consistite: 1.nell’imporre la separazione tra uomini e donne all’interno della comunità; 2.nello svalutare e denigrare le famiglie di origine considerandole limitanti per la crescita individuale, nell’impedirne o comunque limitarne i contatti, al fine di far cessare ogni legame affettivo con la voluta conseguenza di proporsi come unico modello di riferimento all’interno della comunità: in particolare Fiesoli R.L. impediva a Bimonte Jonathan di aver contatti con il padre e costringeva lo stesso, a mezzo di continue violenze psicologiche, ad ammettere che il padre aveva fatto dei filmini pornografici in cui lui e i fratelli Emanuele, Christofer e Luna venivano ritratti nudi mentre imitavano atti sessuali, convincendolo che doveva odiare i genitori e i nonni e dicendogli che la madre era una maiala perché faceva la prostituta e che il padre era un criminale; Fiesoli R.L. inoltre separava Jonathan dai fratelli Manuel, Cristhofer e Luna, facendoli affidare ad altre distinte famiglie funzionali; 3.nel vietare i rapporti eterosessuali: in particolare Fiesoli R.L. diceva a Bimonte Jonathan, che frequentava, all’età di tredici anni, una ragazzina, che lo faceva per convincersi che non era omosessuale, come in realtà era, per quello che aveva subìto dal padre;
4.nell’indurre i ragazzi e le ragazze della comunità ad avere rapporti omosessuali e comunque a far ammettere a mezzo di continue violenze psicologiche inesistenti fantasie sessuali verso terzi: in particolare Fiesoli R.L. diceva a Bimonte Jonathan, quando aveva circa dieci anni, che si era toccato con Gronchi Manuel e Bianco Alberto, solo perché avevano voluto dormire insieme una notte insieme, ed egli ammetteva la circostanza per evitare la tortura del “chiarimento”; 5.nell’imporre, nelle obbligatorie riunioni collettive serali, la pratica dei c.d. “chiarimenti”, consistenti nella violenza psicologica a far ammettere l’infrazione delle regole di vita della comunità, anche con punizioni corporali e/ o isolamento in una stanza, con la conseguente esaltazione della condotta riparatoria o, in caso di persistenza del rifiuto ad accettare le sue decisioni o gli indirizzi di pensiero della comunità, della conseguente disapprovazione, emarginazione e isolamento dal gruppo, attuati con pesanti ingiurie e denigrazione della persona anche da Fiesoli R.L., il quale, con il ricorso ossessivo a questa pratica, attraverso il sistema della approvazione o disapprovazione dei comportamenti, generava nei membri della comunità, oltre che un sentimento di colpevolizzazione, anche una condizione di sudditanza e soggezione psicologica utile per il controllo e la gestione della persona, nonché l’assoggettamento a lui stesso e al suo sistema di vita comunitario: in particolare Bimonte Jonathan veniva costretto ad ammettere che era un maiale, perché una ragazzina di fuori lo veniva a trovare nella comunità e veniva picchiato solo perché le parlava; inoltre Fiesoli R.L. costringeva Bimonte Jonathan a fare lavori domestici per quattro ore al giorno e durante il periodo delle vacanze estive a lavorare anche come operaio, dall’età di otto anni e senza alcuna protezione, tanto che in un’occasione si feriva alla mano destra nel tagliare le tegole di un tetto. Con le aggravanti di avere commesso i fatti di cui ai capi h) i) e j) con abuso dei poteri e con violazione dei doveri inerenti a un pubblico servizio, essendo la comunità preposta all’affido di minori e i fatti di cui al capo j) in concorso con più di cinque persone. Nella comunità il Forteto tra Vicchio e Dicomano sino al febbraio 2008;
k)(come modificato dal pubblico ministero all’udienza del 16.4.2014) del delitto di cui agli artt. 81 cpv., 609 octies con riferimento agli artt. 609 bis commi 1 e 2 n. 1 e 61 n. 9 c.p., perché, in concorso fra di loro con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, in temi diversi e successivi, con abuso di autorità il Fiesoli Rodolfo quale responsabile della comunità il Forteto e Tardani Daniela quale genitore affidatario di Manuel Gronchi, abusando rispettivamente della condizione di inferiorità psichica determinata dalla soggiogante autorità di capo “spirituale” della comunità il Forteto, e dalla sua qualità di affidataria, nonché dai maltrattamenti di cui ai capi l) e v), costringeva e induceva Gronchi Manuel (nato il 22.03.1984), dall’età di diciotto anni in poi, a subire atti sessuali – agiti materialmente dal Fiesoli Rodolfo nel mentre Daniela Tardani vi assistenza dipo aver accompagnato ed indotto Manuel Gronchi nella camera da letto del Fiesoli – quali baci in bocca, leccate del collo, palpeggiamenti del sedere inserendo la mano dentro i pantaloni, svolti nel mentre il Fiesoli Rodolfo si ciucciava e si odorava le dita con godimento, palpeggiamenti dell’organo genitale da sopra i pantaloni, costrizioni a toccare il suo membro da sopra i pantaloni, dicendogli una volta “ti farei tutto”, “guarda che culo bello che tu hai” e, in genere, “che le donne erano tutte puttane, che bisognava stare tra loro uomini e che il bene che gli voleva era un bene puro”. Nella comunità il Forteto, Vicchio – Dicomano, dall’anno 2003 sino all’anno 2005;
l)del delitto di cui agli artt. 110, 112, 572 e 61 n. 9 c.p., perché, in concorso con le persone indicate al capo di imputazione di cui alle lett. v) e g.1), nella qualità di incontrastato capo “spirituale” e responsabile della comunità il Forteto, maltrattava Gronchi Manuel, entrato in comunità nel 1989 all’età di cinque anni, e, nonostante l'affidamento formale a Sarti Stefano e Tardani Francesca, sottoposto alla sua autorità e comunque a lui affidato per ragioni di educazione, istruzione, cura, vigilanza e custodia, infliggendogli sofferenze fisiche e costrizioni psicologiche consistite nel costringerlo a subire gli atti sessuali descritti al capo precedente, dall’età di diciotto anni sino all’inverno del 2009, nonché limitandone la libertà di autodeterminarsi e di operare le proprie scelte di vita attraverso l’imposizione di rigide regole di vita e di comportamento, dallo stesso create, all’interno della comunità, consistite:
1.nello svalutare e denigrare le famiglie di origine considerandole limitanti per la crescita individuale, nell’impedirne o comunque limitarne i contatti, al fine di far cessare ogni legame affettivo con la voluta conseguenza di proporsi come unico modello di riferimento all’interno della comunità: in particolare Gronchi Manuel, ogni volta che andava a trovarlo la mamma, dall’età di cinque anni sino a diciotto, veniva sottoposto a un lavaggio del cervello perché doveva ammettere che non gli voleva bene e che anche lei lo aveva abbandonato e solo nel 2009, all’uscita dalla comunità apprendeva dalla Vannucchi Grazia che il padre, quando aveva compiuto diciotto anni era andato a trovarlo, ma nessuno glielo aveva detto; Fiesoli R.L. sosteneva che qualsiasi comportamento era da ricondurre alle esperienze passate in famiglia per quello che aveva sofferto, perché i genitori o comunque i parenti non gli avevano voluto bene e che la madre era una puttana;
2.nell’imporre, nelle obbligatorie riunioni collettive serali, la pratica dei c.d. “chiarimenti”, consistenti nella violenza psicologica a far ammettere l’infrazione delle regole di vita della comunità, anche con punizioni corporali e/ o isolamento in una stanza, con la conseguente esaltazione della condotta riparatoria o, in caso di persistenza del rifiuto ad accettare le sue decisioni o gli indirizzi di pensiero della comunità, della conseguente disapprovazione, emarginazione e isolamento dal gruppo, attuati con pesanti ingiurie e denigrazione della persona anche dal Fiesoli R. L., il quale con il ricorso ossessivo a questa pratica, attraverso il sistema della successiva approvazione o disapprovazione dei comportamenti, generava nei membri della comunità, oltre che un sentimento di colpevolizzazione, anche una condizione di sudditanza e soggezione psicologica utilizzata per il controllo e la gestione della persona, nonché l’assoggettamento a lui stesso e al suo sistema di vita comunitario: in particolare Gronchi Manuel veniva costretto a “chiarire” in continuazione comportamenti della vita quotidiana, perfettamente normali, quali non riuscire a giocare al lego, non voler mangiare, avere un piccolo litigio con altro bambino, essere troppo bianco in viso, rispondere male a qualcuno, anche in forma di punizione, che consisteva nello stare in piedi per delle ore in una stanza o nel venire picchiati dai genitori affidatari Tardani Daniela e Sarti Stefano, sino a che non diceva o non ammetteva quello che volevano sentirsi dire, collegando ogni suo malessere ai genitori naturali che dovevano essere meritevoli di disprezzo; 3.nell’imporre la separazione degli uomini dalle donne, anche se legati da vincoli affettivi e sposati, nel vietare i rapporti eterosessuali e nell’indurre i ragazzi e le ragazze ad avere rapporti omosessuali tra loro, in quanto, secondo Fiesoli R.L., tutti sono omosessuali, le donne sono tutte maiale e puttane e gli uomini devono stare con gli uomini;
4.nell’imporre la permanenza all’interno della comunità o comunque nell’impedire contatti esterni dicendo Fiesoli R. L. o facendo dire dai genitori affidatari “cosa vai a cercare fuori, gli amici ce li hai qui”. Inoltre, quando finivano le scuole, a partire dai sei e fino ai dieci anni, Gronchi Manuel veniva costretto a rifare i letti e le camere della villa, portare la colazione in camera al Fiesoli R.L., e d’inverno a lavorare al caseificio con sveglia alle ore 5 e 30. Con le aggravanti di avere commesso i fatti di cui ai capi k) e l) con abuso dei poteri e con violazione dei doveri inerenti a un pubblico servizio, essendo la comunità preposta all’affido di minori e i fatti di cui al capo l) in concorso con più di cinque persone. Nella comunità il Forteto tra Vicchio e Dicomano sino all’inverno del 2009;
m)del delitto di cui all’ art. 572 c.p., perché, nella qualità di incontrastato capo “spirituale”, responsabile e fondatore della comunità il Forteto, maltrattava Bartolini Irene, entrata in comunità nell’ottobre del 2008, sottoposta alla sua autorità, infliggendole sofferenze e costrizioni psicologiche, nonché limitandone la libertà di autodeterminarsi e di operare le proprie scelte di vita, attraverso l’imposizione di rigide regole di vita e di comportamento, dallo stesso create, all’interno della comunità, consistite: nello svalutare e denigrare le famiglie di origine considerandole limitanti per la crescita individuale, nell’impedirne o comunque limitarne i contatti, al fine di far cessare ogni legame affettivo con la voluta conseguenza di proporsi come unico modello di riferimento all’interno della comunità, in particolare a Bartolini Irene, Fiesoli R.L. diceva che il padre era un pervertito, che i suoi genitori non le volevano bene, che non erano buoni genitori, che il bene glielo poteva dare solo lui, che si poteva stare bene solo all’interno del Forteto, perché fuori c’era l’inferno e che “ci vai a fare” (dai genitori);
1. nel fare ammettere e confessare, a mezzo di continue violenze psicologiche e punizioni corporali, inesistenti fantasie sessuali verso terzi e anche nei confronti dei genitori e dei parenti: in particolare a Bartolini Irene Fiesoli R.L. diceva che interessava sessualmente al padre, che questi si faceva delle fantasie sessuali su di lei, che il padre era un pervertito, che Calamai Gino era innamorato di lei, che il padre, che lasciava la porta aperta del bagno mentre faceva la pipì, lo faceva perché gli faceva piacere che lo vedesse e per soddisfare le sue fantasie sessuali su di lei; 2. nella pratica dell’omosessualità, intesa quale mezzo per risolvere i problemi sessuali dell’infanzia dovuti all’omosessualità latente e nella predicazione della inferiorità delle donne rispetto agli uomini perché “impure e puttane”: in particolare a Bartolini Irene Fiesoli R.L. diceva di parlare con le donne e di stare con loro e di fare amicizia, che la sessualità tra uomo e donna non era importante e che tendeva a dividere i sessi; 3.nell’imporre la permanenza, all’interno della comunità: in particolare Fiesoli R.L. diceva a Bartolini Irene che uscire, andare a ballare era solo un modo per non affrontare i propri problemi, con la conseguenza che quella, per avere una convivenza pacifica all’interno della comunità, chiudeva ogni rapporto con l’esterno. Nella comunità il Forteto dall’ottobre 2008 sino al gennaio 2009;
n)del delitto di cui agli artt. 110, 112, 572 e 61 n. 9 c.p., perché, in concorso con le persone indicate nel capo di imputazione di cui alle lett. v) e c.1), nella qualità di incontrastato capo “spirituale”, responsabile e fondatore della comunità il Forteto, maltrattava Biordi Nicoletta, entrata in comunità nel 1993 all’età di quindici anni, e, nonostante l'affidamento formale a Sarti Paolo e Tardani Daniela, sottoposta alla sua autorità o comunque a lui affidata per ragioni di educazione, istruzione, cura, vigilanza e custodia, infliggendole sofferenze e costrizioni psicologiche, nonché limitandone la libertà di autodeterminarsi e di operare le proprie scelte di vita, attraverso l’imposizione di rigide regole di vita e di comportamento, dallo stesso create, all’interno della comunità, consistite:
1.nello svalutare e denigrare le famiglie di origine considerandole limitanti per la crescita individuale, nell’impedirne o comunque limitarne i contatti, al fine di far cessare ogni legame affettivo con la voluta conseguenza di proporsi come unico modello di riferimento all’interno della comunità: in particolare Fiesoli R.L., anche attraverso Tardani Daniela, Giorgi Marida e Consorti Mariella, faceva dire e diceva a Biordi Nicoletta che la madre era una ritardata mentale, che era come la madre e che sarebbe diventata come lei, che doveva ammettere che era scema e ignorante, che non capiva nulla e che aveva bisogno di essere guidata;
2.nell’imporre la separazione degli uomini dalle donne, anche se legati da vincoli affettivi e sposati: a Biordi Nicoletta fu imposto di non dormire con Max Fiesoli, con cui aveva avuto il figlio Mattia nel 2002 e veniva isolata dalla comunità perché aveva creato una “famiglia tradizionale”; 3.nel fare ammettere e confessare, a mezzo di continue violenze psicologiche e punizioni anche corporali, inesistenti fantasie sessuali verso terzi e anche nei confronti dei genitori e dei parenti: in particolare a Biordi Nicoletta fu imposto dal Fiesoli R.L. tramite Tardani Daniela, madre affidataria, di ammettere che era stata violentata dal padre, che le era piaciuto, che era stata lei a provocarlo perché in competizione con la madre, che la zia era una puttana di alto bordo, che si faceva fantasie sessuali su Volpi Lara, che doveva confrontarsi con lei, che avere rapporti sessuali con una donna non significava essere lesbiche, ma esercitare una sorta di libertà sessuale e che se si rifiutava significava che aveva paura di essere lesbica e quindi aveva dei problemi da risolvere;
4.nella pratica dell’omosessualità, intesa quale mezzo per risolvere i problemi sessuali dell’infanzia dovuti all’omosessualità latente e nella predicazione della inferiorità delle donne rispetto agli uomini perché “impure e puttane”: in particolare a Biordi Nicoletta, appena entrata nella comunità, all’età di quattordici anni, venivano buttati via i vestiti perché troppo femminili, tagliati i capelli perché troppo lunghi, veniva detto che i due sessi devono vivere separati, a diciassette anni (nel 1995) le dicevano che Volpi Lara si era innamorata di lei, e veniva messa a dormire con lei nella stessa stanza, avendo una breve relazione sessuale, inoltre Fiesoli R.L. le diceva che Max Fiesoli, dal quale la medesima aveva avuto un figlio in comunità nel 2002, era omosessuale da quando era bambino;
5.nel vietare i rapporti eterosessuali: in particolare a Biordi Nicoletta, per avere dato un bacio a Del Fabbro David (1998), veniva rinfacciato, facendola sentire in colpa, di avere tradito Volpi Lara; 6.nell’imporre, nelle obbligatorie riunioni collettive serali, la pratica dei c.d. “chiarimenti”, consistenti nella violenza psicologica a far ammettere l’infrazione delle regole di vita della comunità anche con punizioni corporali e/o isolamento in una stanza, con la conseguente esaltazione della condotta riparatoria o, in caso di persistenza del rifiuto ad accettare le sue decisioni o gli indirizzi di pensiero della comunità, della conseguente disapprovazione, emarginazione e isolamento dal gruppo, attuati con pesanti ingiurie e denigrazione della persona anche da Fiesoli R.L. il quale, con il ricorso ossessivo alla pratica dei chiarimenti, attraverso il sistema della approvazione o disapprovazione dei comportamenti, generava nei membri della comunità, oltre che un sentimento di colpevolizzazione, anche una condizione di sudditanza e soggezione psicologica che era utile per il controllo e la gestione della persona, nonché l’assoggettamento a lui stesso e al suo sistema di vita comunitario: in particolare Fiesoli R.L. imponeva a Biordi Nicoletta di partecipare tutte le sere alle riunioni che si protraevano sino a notte inoltrata, per la stessa particolarmente pesanti perché doveva alzarsi anche alle 4 del mattino per lavorare, riunioni nel corso delle quali Fiesoli R.L. esercitava un controllo delle persone gratificandole o umiliandole in presenza di tutti e imponeva idee e comportamenti anche attraverso pestaggi delle ragazze e dei ragazzi, a mezzo dei suoi fedelissimi adepti (Sarti Sauro, Giorgi Marida) e a mezzo dei “chiarimenti”, che erano un modo per manipolare la persona, poiché consistevano nel costringere a dire quello che voleva il Fiesoli, anche se non era vero, imponendole anche di stare seduta su una sedia per ore; le erano anche stati imposti pesanti “chiarimenti” perché si era scoperto, nonostante le pressioni a farlo, che non aveva avuto rapporti sessuali con Volpi Lara; 7.nell’imporre la permanenza, all’interno della comunità, anche se un membro decideva, al compimento del diciottesimo anno di trovare lavoro all’esterno o di iscriversi all’Università: in particolare a Biordi Nicoletta, appena entrata in comunità all’età di quattordici anni (1992) fu imposto di lavorare per tutta la giornata, perché Fiesoli R.L., al suo desiderio di continuare gli studi, aveva risposto che non era in grado di andare a scuola perché aveva troppi complessi e problemi e che sarebbe stato un fallimento.con le aggravanti di avere commesso i fatti di cui con abuso dei poteri e con violazione dei doveri inerenti a un pubblico servizio, essendo la comunità preposta all’affido di minori e in concorso con più di cinque persone.
Nella comunità il Forteto, tra Vicchio e Dicomano sino al dicembre 2011;
o)del delitto di cui agli artt. 110, 112, 572 e 61 n. 9 c.p., perché, in concorso con le persone indicate nel capo di imputazione di cui alle lett. v) e d.1), nella qualità di incontrastato capo “spirituale”, responsabile e fondatore della comunità il Forteto, maltrattava Corso Marika, entrata in comunità nel 1983 all’età di otto anni, e nonostante l’affidamento formale a Goffredi Luigi e Consorti Mariella, sottoposta alla sua autorità o comunque a lui affidata per ragioni di educazione, istruzione, cura, vigilanza e custodia, infliggendole sofferenze e costrizioni psicologiche, nonché limitandone la libertà di autodeterminarsi e di operare le proprie scelte di vita, attraverso l’imposizione di rigide regole di vita e di comportamento, dallo stesso create, all’interno della comunità, consistite:
1.nello svalutare e denigrare le famiglie di origine considerandole limitanti per la crescita individuale, nell’impedirne o comunque limitarne i contatti, al fine di far cessare ogni legame affettivo con la voluta conseguenza di proporsi come unico modello di riferimento all’interno della comunità: in particolare a Corso Marika, veniva imposto di non poter dire, tornando da scuola, che era andato tutto bene, perché essendo figlia di una tossicodipendente, doveva sentirsi per forza figlia di una drogata, in caso contrario veniva messa in castigo seduta per interi pomeriggi su una sedia finché non diceva la verità e cioè che aveva avuto problemi (inventati), da raccontare al ritorno nella comunità, e di ripetere ossessivamente la sua esperienza di abuso sessuale nei minimi dettagli, dicendo che le era piaciuta; 2.nella pratica dell’omosessualità, intesa quale mezzo per risolvere i problemi sessuali dell’infanzia dovuti all’omosessualità latente e nella predicazione della inferiorità delle donne rispetto agli uomini perché “impure e puttane”: in particolare Fiesoli R.L., dopo che aveva rifiutato un approccio sessuale nella sua camera, offendeva Corso Marika di persona e pubblicamente, dicendole che era “una testa di cazzo e una bucaiola”, perché non voleva affrontare quello che le era successo da piccola, che non si era fidata di lui, nel contempo chiedendo ai componenti della comunità di non parlarle più e di lasciarla in disparte, insultandola ancora dicendole che era “una maiala e che puzzava di merda”; dopo aver subìto per qualche mese l’isolamento della comunità e dopo che aveva ripreso a parlare a Fiesoli R.L. per tornare ad avere una vita normale, Corso Marika ammetteva tutto ci che voleva sentirsi dire, in particolare che odiava tutti gli uomini, al ché Fiesoli R.L. cominciava a dirle che era pronta per fare un percorso di guarigione e cioè ammettere che era lesbica; Fiesoli R.L. le diceva inoltre che doveva confrontarsi con le coetanee, in particolare con Volpi Lara sostenendo che erano attratte l’una dall’altra, arrivando a rinchiuderle entrambe in una camera dicendo che dovevano masturbarsi; al riferito (e falso) racconto dell’avvenuto approccio sessuale, seguiva la pubblica gratificazione di Corso Marika da parte di Fiesoli R.L. e la convinzione di quest’ultima di essere omosessuale, maturata soltanto sulla base di quanto Fiesoli sosteneva e le aveva fatto subìre; inoltre Fiesoli R.L. continuava a sostenere che Corso Marika era omosessuale anche quando quest’ultima si affezionava a Tardani Francesca e anzi le invitava a fare insieme la doccia e quando vedeva Corso Marika che era arrabbiata, le diceva che era perché la Tardani non le aveva dato la fica, non essendo in quell’occasione successo niente di quanto il Fiesoli R.L. si augurava;
nel 2002, quando Fiesoli R.L. capiva che Corso Marika aveva fatto amicizia con Bartolozzi Lucia, una dipendente della cooperativa, cominciava a dirle che erano due lesbiche e che era innamorata; alle rimostranze di Corso Marika di non voler più subìre queste umiliazioni, Fiesoli R.L. cominciava a urlare e la faceva piangere; inoltre, alla richiesta (nel 2006) di Fiesoli di portare in camera sua il figlio affidato Fiorenza Gabriele per parlargli delle violenze sessuali subìte e per fargliele rivivere, Corso Marika si opponeva, consapevole di quanto lei aveva passato; al rifiuto opposto a Fiesoli R.L., avvenuto durante una riunione serale, presenti tutti i membri adulti, di portare Gabriele Fiorenza con il padre affidatario Fiesoli Francesco, che aveva appena tentato il suicidio, a prendere il pesce a Bologna, perché Corso Marika non si fidava di Fiesoli R.L., dato che era un porco, seguiva l’emarginazione completa da parte della comunità (2007); la mattina seguente Fiesoli R.L. le diceva, per telefono, che non voleva in macchina con sé “il figlio di una merda”. Successivamente, venuta a conoscenza che Fiesoli R.L. aveva avuto rapporti sessuali con minorenni all’interno della comunità e alla giustificazione che era servito ai ragazzi come cura, Corso Marika diffidava Fiesoli R.L. dal toccare il figlio Fiorenza Gabriele, dicendogli che se l’avesse fatto lo avrebbe mandato in galera; quello rispondeva che poteva andare a fare in culo e che non l’avrebbe più accettata nella comunità.
Il Fiesoli R.L., inoltre, nell’anno 2008 minacciava Corso Marika di toglierle Gabriele Fiorenza a lei affidato a favore di Consorti Mariella, se avesse denunziato ai carabinieri i sospetti di pedofilia del padre affidatario Fiesoli Francesco nei confronti di Gabriele; 3.nel vietare i rapporti eterosessuali: in particolare a Corso Marika, che aveva avuto una relazione clandestina con Marani Paolo all’età di diciassette anni (1992), Fiesoli R.L. diceva che era una maiala e che era uguale alla madre e, quando a 21 anni (1996) riprendevano la relazione, vietava ai due di stare insieme da soli, obbligandoli a stare dopo cena a giocare a carte nella sala mensa, davanti a tutti, non lasciandoli mai soli insieme; Fiesoli R.L. inoltre le diceva che se aveva avuto rapporti sessuali con Marani Paolo significava che non aveva superato i problemi che aveva avuto da piccola;
4.nell’imporre, nelle obbligatorie riunioni collettive serali, la pratica dei c.d. “chiarimenti”, consistenti nella violenza psicologica a far ammettere l’infrazione delle regole di vita della comunità con la conseguente esaltazione della condotta riparatoria o, in caso di persistenza del rifiuto ad accettare le sue decisioni o gli indirizzi di pensiero della comunità, della conseguente disapprovazione, emarginazione e isolamento dal gruppo, attuati con pesanti ingiurie e denigrazione della persona anche da Fiesoli R.L., il quale con il ricorso ossessivo alla pratica dei chiarimenti, attraverso il sistema della approvazione o disapprovazione dei comportamenti, generava nei membri della comunità, oltre che un sentimento di colpevolizzazione, anche una condizione di sudditanza e soggezione psicologica che era utile per il controllo e la gestione della persona, nonché l’assoggettamento a lui stesso e al suo sistema di vita comunitario: in particolare a Corso Marika fu imposto nelle riunioni serali di raccontare davanti a tutti, i particolari dei rapporti sessuali avuti con Marani Paolo, dicendole il Fiesoli R.L. nel contempo che era uguale alla madre che faceva la prostituta e che odiava gli uomini perché da piccola era stata abusata, con l’effetto di convincerla che non aveva mai superato gli abusi subìti e che si stava avviando a diventare una prostituta;
5.nell’imporre la permanenza, all’interno della comunità, anche se un membro decideva al compimento del diciottesimo anno di trovare lavoro all’esterno o di iscriversi all’università, disponendo, in caso di fuga, il rintraccio e il recupero della persona: in particolare a Corso Marika Fiesoli R.L. diceva che non c’era bisogno di uscire dalla comunità, che doveva essere felice e che innamorarsi di qualcuno esterno alla comunità comportava la necessità di scegliere se stare dentro o fuori. Con le aggravanti di avere commesso i fatti di cui al capo con abuso dei poteri e con violazione dei doveri inerenti a un pubblico servizio, essendo la comunità preposta all’affido di minori e in concorso con più di cinque persone. Nella comunità il Forteto tra Vicchio e Dicomano sino all’anno 2008;
p)del delitto di cui agli artt. 110, 112, 572 e 61 n. 9 c.p., perché, in concorso con le persone indicate nel capo di imputazione di cui alle lett. v) ed e.1), nella qualità di incontrastato capo “spirituale”, responsabile e fondatore della comunità il Forteto, maltrattava Daidone Luigi, entrato in comunità nel 1998 all’età di otto anni, e, nonostante l'affidamento formale a Vannucchi Mauro e Tempestini Elena, sottoposto alla sua autorità o comunque a lui affidato per ragioni di educazione, istruzione, cura, vigilanza e custodia, infliggendogli sofferenze e costrizioni psicologiche, nonché limitandone la libertà di autodeterminarsi e di operare le proprie scelte di vita, attraverso l’imposizione di rigide regole di vita e di comportamento, dallo stesso create, all’interno della comunità, consistite:
1.nello svalutare e denigrare le famiglie di origine considerandole limitanti per la crescita individuale, nell’impedirne o comunque limitarne i contatti, al fine di far cessare ogni legame affettivo con la voluta conseguenza di proporsi come unico modello di riferimento all’interno della comunità: in particolare a Daidone Luigi, dopo sei mesi dall’ingresso in comunità, furono interrotte le visite della madre e dei parenti; i genitori affidatari Tempestini Elena e Vannucchi Mauro, in questo istigati dal Fiesoli R.L., gli dicevano che la madre Rusciano Flora era una prostituta, che era di fuori, che aveva problemi psicologici dovuti al fatto che la madre era una prostituta, che assomigliava al padre che era in galera e che era un mafioso come lui, costringendolo a stare seduto su una sedia tutto il giorno finché non lo ammetteva; il Fiesoli R.L. gli ripeteva che la madre era una gran puttana, che i nonni erano degli zingari, che quando abitava insieme alla madre aveva mangiato pane e merda, che a scuola lo prendevano tutti per il culo perché era povero, costringendolo ad ammettere che era tutto vero, gratificandolo pubblicamente se ammetteva e quindi aveva “chiarito” e punendolo, in caso contrario, con il salto della cena o tenendolo seduto per interi pomeriggi a guardare gli altri bambini che giocavano o altre volte picchiandolo con schiaffi e spinte o altre volte chiamandolo bucaiolo, pezzo di merda, ingrato, stronzo; inoltre Fiesoli R. L., a mezzo di Vannucchi Mauro, Bacci Francesco, Tempestini Elena, lo costringeva ad ammettere che la madre Rusciano Flora faceva entrare in casa persone sconosciute che abusavano sia di lui sia del fratello Johnny, anche suggerendogli di assumere le posizioni del presunto abuso; FIESOLI R.L. inoltre separava Luigi dai fratelli Johnnj e Salvatore, facendoli affidare ad altre famiglie funzionali;
2.nell’indurre i ragazzi e le ragazze della comunità ad avere rapporti omosessuali e nel vietare i rapporti eterosessuali: in particolare Fiesoli R.L. diceva a Daidone Luigi che doveva confrontarsi con i maschi, che non doveva pensare alle ragazze; 3.nell’imporre, nelle obbligatorie riunioni collettive serali, la pratica dei c.d. “chiarimenti” consistenti nella violenza psicologica a far ammettere l’infrazione delle regole di vita della comunità, con la conseguente esaltazione della condotta riparatoria o, in caso di persistenza del rifiuto ad accettare le sue decisioni o gli indirizzi di pensiero della comunità, della conseguente disapprovazione, emarginazione e isolamento dal gruppo, attuati con pesanti ingiurie e denigrazione della persona anche dal Fiesoli R.L., il quale, con il ricorso ossessivo alla pratica dei chiarimenti, attraverso il sistema della approvazione o disapprovazione dei comportamenti, generava nei membri della comunità, oltre che un sentimento di colpevolizzazione, anche una condizione di sudditanza e di soggezione psicologica utilizzata per il controllo e la gestione della persona, nonché l’assoggettamento a lui stesso e al suo sistema di vita comunitario: in particolare, nel corso delle riunioni, Daidone Luigi veniva indotto ad ammettere che la madre Rusciano Flora faceva abusare lui e il fratello Johnny da persone sconosciute, ricevendo gratificazione pubblica con l’applauso stimolato da Fiesoli R. L. o, in caso contrario, punizioni.
Con le aggravanti di avere commesso i fatti di cui con abuso di poteri e con violazione dei doveri inerenti a un pubblico servizio, essendo la comunità preposta all’affido di minori e in concorso con più di cinque persone.
Nella comunità il Forteto tra Vicchio e Dicomano sino al marzo 2009;
q)del delitto di cui all’art. 572 c.p., perché, nella qualità di incontrastato capo “spirituale”, responsabile e fondatore della comunità il Forteto, maltrattava Fascione Elisabetta, entrata in comunità il 4.4.1980 all’età di vent’anni, sottoposta alla sua autorità o comunque a lui affidata per ragioni di cura, vigilanza e custodia, infliggendole sofferenze e costrizioni psicologiche, nonché limitandone la libertà di autodeterminarsi e di operare le proprie scelte di vita, attraverso l’imposizione di rigide regole di vita e di comportamento, dallo stesso create, all’interno della comunità consistite: 1.nello svalutare e denigrare le famiglie di origine considerandole limitanti per la crescita individuale, nell’impedirne o comunque limitarne i contatti, al fine di far cessare ogni legame affettivo con la voluta conseguenza di proporsi come unico modello di riferimento all’interno della comunità; 2.nella pratica dell’omosessualità, intesa quale mezzo per risolvere i problemi sessuali dell’infanzia dovuti all’omosessualità latente e nella predicazione della inferiorità delle donne rispetto agli uomini perché “impure e maiale” e nell’indurre i ragazzi e le ragazze ad avere rapporti omosessuali, soprattutto i ragazzi che dovevano liberarsi dalla dipendenza dalle donne: in particolare Fiesoli R.L. chiedeva a Fascione Elisabetta, all’ingresso nella comunità di che “sponda” fosse;
3.nel vietare i rapporti eterosessuali e nell’imporre la separazione degli uomini dalle donne, anche se legati da vincoli affettivi e uniti in matrimonio; come conseguenza Fascione Elisabetta, contrariamente a quanto avrebbe voluto, non coltivava alcun tipo di relazione affettiva né alcuna amicizia e rinunziava ad avere figli; 4.nell’imporre, nelle obbligatorie riunioni collettive serali, la pratica dei c.d. “chiarimenti” consistenti nella violenza psicologica a far ammettere l’infrazione delle regole di vita della comunità, con la conseguente esaltazione della condotta riparatoria o, in caso di persistenza del rifiuto ad accettare le sue decisioni o gli indirizzi di pensiero della comunità, della conseguente disapprovazione, emarginazione e isolamento dal gruppo, attuati con pesanti ingiurie e denigrazione della persona anche dal Fiesoli R.L., il quale, con il ricorso ossessivo alla pratica dei chiarimenti, attraverso il sistema della approvazione o disapprovazione dei comportamenti, generava nei membri della comunità, oltre che un sentimento di colpevolizzazione, anche una condizione di sudditanza e di soggezione psicologica utilizzata per il controllo e la gestione della persona, nonché l’assoggettamento a lui stesso e al suo sistema di vita comunitario: in particolare Fascione Elisabetta veniva messa molte volte in punizione, messa a sedere sino a quanto non veniva perdonata o chiariva i motivi per i quali si era comportata male o era pensierosa o arrabbiata o qual’era il suo problema o si giustificava per le sue fantasie sessuali; inoltre Fiesoli R.L. imponeva a Fascione Elisabetta l’affidamento di Pani Giada e di Collaveri Gianluca, nonostante fosse stato allo stesso rappresentato che non si sentiva in grado di allevare bambini, tenuto conto del fatto che aveva tentato due volte il suicidio ed era stata ricoverata in una clinica psichiatrica; e ancora, pur avendo, per il tentativo di suicidio del 1980 riportato due fratture spinali, appena tolto il gesso, fu messa a lavorare al caseificio dove doveva caricare forme di formaggio sul camioncino.
Nella comunità il Forteto tra Vicchio e Dicomano sino all’anno 2008;
r)del delitto di cui agli artt. 110, 112 e 572 c.p., perché, in concorso con le persone indicate nel capo di imputazione di cui alle lett. v) e f.1), nella qualità di incontrastato capo “spirituale”, responsabile e fondatore della comunità il Forteto, maltrattava Fiesoli Donatella, membro della comunità sin dalle sue origini nel 1977, comunque sottoposta alla sua autorità, infliggendole sofferenze e costrizioni psicologiche, nonché limitandone la libertà di autodeterminarsi e di operare le proprie scelte di vita, attraverso l’imposizione di rigide regole di vita e di comportamento, dallo stesso create, all’interno della comunità, consistite:
1.nello svalutare e denigrare le famiglie di origine considerandole limitanti per la crescita individuale, nell’impedirne o comunque limitarne i contatti, al fine di far cessare ogni legame affettivo con la voluta conseguenza di proporsi come unico modello di riferimento all’interno della comunità: in particolare Fiesoli R.L. si assicurava che Fiesoli Donatella avesse rotto in maniera radicale tutti i legami con la famiglia di origine e con tutti gli amici, esercitando pressione in questo senso sia pubblicamente durante gli incontri serali, sia privatamente durante i colloqui personali, e cercando anche di convincerla a non andare ai funerali dei genitori o dei familiari, in quanto soltanto momenti di ipocrisia;
2.nell’imporre la separazione degli uomini dalle donne, anche se legati da vincoli affettivi e uniti in matrimonio: in particolare Fiesoli R.L., dopo avere spinto Fiesoli Donatella ad avere una relazione affettiva con Montorsi Silvano e dopo che i due si erano sposati nel 1978, a seguito dell’affidamento alla coppia di un ragazzo di diciassette anni, chiedeva ai due di non dormire più insieme e da quel momento Fiesoli Donatella non aveva più rapporti affettivi e sessuali con Montorsi Silvano;
3.nella pratica dell’omosessualità, intesa quale mezzo per risolvere i problemi sessuali dell’infanzia dovuti all’omosessualità latente e nella predicazione della inferiorità delle donne rispetto agli uomini perché “impure e puttane” e nell’indurre i ragazzi e le ragazze della comunità ad avere rapporti omosessuali: in particolare Fiesoli R. L. diceva a Fiesoli Donatella che, per costruire una buona personalità le ragazze dovevano confrontarsi tra di loro e le incitava ad avere rapporti omosessuali, in quanto in questo modo la persona cresceva; Fiesoli R.L. cercava anche di avvicinarla a Foschi Selene (nel 1994), perché avessero rapporti omosessuali;
4.nel fare ammettere e confessare, a mezzo di continue violenze psicologiche e punizioni anche corporali, inesistenti fantasie sessuali verso terzi e anche nei confronti dei genitori e dei parenti: in particolare Fiesoli R. L. insinuava con insistenza che Fiesoli Donatella aveva avuto rapporti sessuali, durante la sua infanzia, con suo nonno e che aveva fantasie erotiche sulla madre; 5.nell’imporre, nelle obbligatorie riunioni collettive serali, la pratica dei c.d. “chiarimenti” consistenti nella violenza psicologica a far ammettere l’infrazione delle regole di vita della comunità, con la conseguente esaltazione della condotta riparatoria o, in caso di persistenza del rifiuto ad accettare le sue decisioni o gli indirizzi di pensiero della comunità, della conseguente disapprovazione, emarginazione e isolamento dal gruppo, attuati con pesanti ingiurie e denigrazione della persona anche dal Fiesoli R. L., il quale, con il ricorso ossessivo alla pratica dei chiarimenti, attraverso il sistema della approvazione o disapprovazione dei comportamenti, generava nei membri della comunità, oltre che un sentimento di colpevolizzazione, anche una condizione di sudditanza e di soggezione psicologica utilizzata per il controllo e la gestione della persona, nonché l’assoggettamento a lui stesso e al suo sistema di vita comunitario: in particolare nel corso di questi incontri Fiesoli R.L., che si autodefiniva padre spirituale o profeta, improvvisava monologhi a sfondo religioso, definendo la Madonna una puttana e una troia perché voleva gestire suo figlio, e, dimostrando con il Vangelo che l’uomo non deve diventare succube della donna, riusciva, parlando alla Fiesoli Donatella per ore, a condizionarne la mente e il cuore; inoltre Fiesoli Donatella, soltanto perché, un giorno del marzo 2007, aveva fatto notare a Fiesoli R. L. che non era il caso di continuare a far dormire Fabrizio (Forti n.d.r.) in camera con lui, veniva isolata da tutti i componenti della comunità anche sul posto di lavoro, perché aveva osato mettere in discussione l’autorità di Fiesoli R.L.; infine in un giorno di fine settembre del 2007, veniva avvicinata da alcuni fedelissimi di Fiesoli R. L., Serpi Luigi Giorgi Marida e Bocchino Angela, perché “confessasse” le sue colpe, consistite, a loro dire, nell’avere dato il cattivo esempio, in quanto altre persone si stavano ribellando.
Con l’aggravante di avere commesso i fatti in concorso con più di cinque persone. Nella comunità il Forteto tra Vicchio e Dicomano sino al gennaio 2008;
s)del delitto di cui agli artt. 110, 112, 572 e 61 n. 9 c.p. perché, in concorso con le persone indicate nel capo di imputazione di cui alle lett. v) e i.1), nella qualità di incontrastato capo “spirituale”, responsabile e fondatore della comunità il Forteto, maltrattava Vainella Valentina, entrata nella comunità nell’anno 1995, all’età di nove anni, e, nonostante l'affidamento formale a Goffredi Luigi e Consorti Mariella, sottoposta alla sua autorità e comunque a lui affidata per ragioni di educazione, istruzione, cura, vigilanza e custodia, infliggendole sofferenze e costrizioni psicologiche, nonché limitandone la libertà di autodeterminarsi e di operare le proprie scelte di vita, attraverso l’imposizione di rigide regole di vita e di comportamento, dallo stesso create, all’interno della comunità, consistite:
1.nello svalutare e denigrare le famiglie di origine considerandole limitanti per la crescita individuale, nell’impedirne o comunque limitarne i contatti, al fine di far cessare ogni legame affettivo con la voluta conseguenza di proporsi come unico modello di riferimento all’interno della comunità: in particolare, Fiesoli R.L., anche a mezzo dei genitori affidatari di fatto Bacci Francesco e Sassi Elisabetta e di Giorgi Marida, Vannucchi Grazia e Tardani Daniela, chiedeva a Vainella Valentina, con insistenza nei primi tempi di permanenza in comunità, “non ti è successo anche che la tua mamma ti picchiava?” e, alla risposta negativa, le veniva detto che non poteva non ricordare e allora veniva messa in castigo tutto il giorno; avendo Vainella Valentina raccontato di avere subìto abusi sessuali da persone estranee, se guardava una persona le veniva chiesto se si stava facendo dei pensieri su questa persona, rapportando tutto all’abuso subìto da piccola, e ancora chiedevano,”ma tua madre non sapeva niente di questo”, e alla risposta negativa, che non era possibile, che dovevano esserci delle mutande sporche che la madre non poteva non aver visto e, alla circostanza che Vainella Valentina aveva raccontato che la madre si era fatta prestare del denaro dalla persona che l’aveva abusata, loro sostenevano che non era un prestito, ma il pagamento per averla, e prima di ogni testimonianza le facevano ripetere le cose che doveva dire; inoltre le domandavano “la tu mamma faceva la puttana, non te lo ricordi?”, le dicevano comunque “cosa ti serve vederla? lei non ti pu dare le cose che ti diamo noi, hai visto come è cattiva, mi raccomando dillo quando vai in Tribunale che non vuoi vederla”; inoltre era costretta a regalare agli altri bambini i giochi che le portava la madre negli incontri e a buttare via tutte le sue cose (zaino, abbigliamento, scarpe) per cancellare il passato; quando aveva nove-dieci anni (anni 1995-1996), la sera veniva organizzato un teatrino da Tardani Daniela, Vannucchi Grazia, Giorgi Marida, Sassi Elisabetta e Bacci Francesco, in cui venivano rievocate scene di vita familiare di Valentina in cui veniva picchiata dalla madre, nel corso del quale Fiesoli R.L. commentava in modo ironico; inoltre Fiesoli R.L. separava Valentina dalla sorella Romina, facendola affidare ad altra famiglia funzionale; 2.nel fare ammettere e confessare, a mezzo di continue violenze psicologiche e punizioni corporali, inesistenti fantasie sessuali verso terzi e anche nei confronti dei genitori e dei parenti: in particolare, Fiesoli R.L., nei primi periodi di permanenza in comunità, a mezzo dei genitori affidatari di fatto Bacci Francesco e Sassi Elisabetta, e di Giorgi Marida e di Vannucchi Grazia, faceva ammettere a Vainella Valentina che a scuola, dato che aveva subìto abusi, adescava i ragazzini che portava in bagno e si toccava; nel caso non ammettesse queste circostanze veniva presa a botte, scappellotti e schiaffi, finché non diceva quello che volevano, sostenendo che si era liberata e la sera, a cena Fiesoli R.L. le diceva che era stata brava e che meritava un applauso; Sassi Elisabetta inoltre insinuava continuamente che Valentina di notte si toccasse anziché dormire, dicendole anche che se continuava così rimaneva incinta e, se non ammetteva, le veniva imposto di stare a sedere per tutto il pomeriggio; 3.nell’imporre, nelle obbligatorie riunioni collettive serali, la pratica dei c.d. “chiarimenti”, consistenti nella violenza psicologica a far ammettere l’infrazione delle regole di vita della comunità con la conseguente esaltazione della condotta riparatoria o, in caso di persistenza del rifiuto ad accettare le sue decisioni o gli indirizzi di pensiero della comunità, della conseguente disapprovazione, emarginazione e isolamento dal gruppo, attuati con pesanti ingiurie e denigrazione della persona anche dal Fiesoli R.L., il quale con il ricorso ossessivo alla pratica dei chiarimenti, attraverso il sistema della approvazione o disapprovazione dei comportamenti, generava nei membri della comunità, oltre che un sentimento di colpevolizzazione, anche una condizione di sudditanza e soggezione psicologica che era utile per il controllo e la gestione della persona, nonché l’assoggettamento a lui stesso e al suo sistema di vita comunitario: in particolare, negli anni 1995-1996-1997 Vainella Valentina doveva “chiarire” ai genitori affidatari di fatto, Bacci Francesco e Sassi Elisabetta, dopo che aveva giocato con Bimonte Luna e doveva ammettere che si erano toccate, il perché lo avevano fatto, inoltre doveva “chiarire” perché aveva raccontato un fatto bello che era successo con la madre, dato che, secondo loro, non ne erano successi;
4.nell’imporre la separazione degli uomini dalle donne, anche se legati da vincoli affettivi e uniti in matrimonio e nel vietare amicizie all’esterno della comunità, sostenendosi che l’ambiente esterno era “brutto, le persone erano false, i rapporti erano falsi, non approfondivano, non chiarivano” e obbligandola a fare amicizia anche con persone che non le piacevano all’interno del Forteto, come Elisa Giovacchini e certa Livia, le quali le chiedevano, su istigazione dei genitori di fatto Bacci Francesco e Sassi Elisabetta e di Fiesoli R.L., cosa le era successo da piccola (2007) e con le quali veniva obbligata a studiare insieme; veniva comunque accusata di non socializzare con le altre persone della comunità; inoltre, negli ultimi mesi di permanenza in comunità, le veniva impedito di andare via, la stessa sorella minore Romina le diceva che se non “chiariva” con i genitori affidatari non sarebbe più andata a trovarla; veniva isolata da tutti, a mensa era costretta a mangiare da sola, veniva accusata di comportarsi in modo sbagliato con i genitori affidatari; dopo aver frequentato alcune volte la sorella maggiore, Tommasini Silvia, Fiesoli R.L. le diceva che non doveva frequentarla, sostenendo anche che lei era d’accordo con sua madre, che non si era preoccupata di lei quando questa non era in casa; negli ultimi giorni di permanenza in comunità i genitori affidatari le dicevano di stare zitta, perché “tutto quello che mi usciva dalla bocca era merda”; per averlo appreso dalla sorella minore Romina, Fiesoli R.L. andava dicendo, dopo che Valentina aveva lasciato la comunità, che lo aveva fatto perché non voleva riferire di abusi che erano successi anche a lei.
Inoltre all’età di 12-13 anni (anni 1998-1999), Vainella Valentina veniva messa a fare le pulizie di casa, al pollaio, al caseificio e alla stalla. Con le aggravanti di avere commesso i fatti con abuso dei poteri e con violazione dei doveri inerenti a un pubblico servizio, essendo la comunità preposta all’affido di minori e in concorso con più di cinque persone. Nella comunità il Forteto tra Vicchio e Dicomano sino all’1.1.2008.
t)del delitto di cui all’art. 572 c.p., perché, nella qualità di incontrastato capo “spirituale”, responsabile e fondatore della comunità il Forteto, maltrattava Vannucchi Grazia, entrata in comunità il 15.12.1977 su iniziativa del fratello Mauro, comunque sottoposta alla sua autorità, infliggendole sofferenze e costrizioni psicologiche, nonché limitandone la libertà di autodeterminarsi e di operare le proprie scelte di vita, attraverso l’imposizione di rigide regole di vita e di comportamento, dallo stesso create, all’interno della comunità, consistite: 1.nello svalutare e denigrare le famiglie di origine considerandole limitanti per la crescita individuale, nell’impedirne o comunque limitarne i contatti, al fine di far cessare ogni legame affettivo con la voluta conseguenza di proporsi come unico modello di riferimento all’interno della comunità;
in particolare Fiesoli R.L. allontanava Vannucchi Grazia dai propri genitori, dicendole che non l’avevano protetta abbastanza, anche facendole credere che erano a conoscenza della violenza che aveva subìto dallo zio sessantenne e che intenzionalmente non l’avevano tutelata; nel 1980, Fiesoli R.L. la colpevolizzava perché, prima che le morisse il padre, voleva assisterlo e dopo la morte voleva andare al funerale. Fiesoli R.L. la convinceva a non fare alcuna delle due cose;
2.nell’imporre la separazione degli uomini dalle donne, anche se legati da vincoli affettivi e uniti in matrimonio e nel considerare le donne impure e puttane: in particolare Fiesoli R.L., nelle riunioni serali diceva che gli uomini dovevano liberarsi dai condizionamenti delle donne, che erano troie, che gli uomini prima sono comandati dalle mamme e poi dalle mogli come cagnolini, che le donne hanno un grandissimo potere nel loro sesso e incitava i mariti a ribellarsi dicendo “gli ci vorrebbe delle sonore labbrate a queste troie, saprei io come fare, se fossi al vostro posto”, e così induceva i mariti che volevano mettersi in mostra ai suoi occhi a picchiare le mogli;
una volta che Vannucchi Grazia era a sedere sulle ginocchia del futuro marito Fiesoli Alessio, Rodolfo diceva “a voi vi durerà poco”; la prima notte di nozze (anno 1977), Vannucchi Grazia e Fiesoli Alessio dormivano insieme, ma senza avere rapporti sessuali perché Rodolfo aveva detto loro di fare così; dopo tre mesi di matrimonio Vannucchi Grazia e Fiesoli Alessio si separavano, Vannucchi Grazia andava a dormire con le donne, Fiesoli Alessio con gli uomini; in alcune occasioni, nelle riunioni serali, Rodolfo tirava fuori il pene e lo appoggiava al tavolo, dicendo alle donne: “guardate, guardate, tanto a voi interessa solo questo”; Fiesoli R.L. inoltre imponeva a Vannucchi Grazia di non avere figli naturali, perché farli era un atto egoistico; con il marito Fiesoli Alessio inoltre non doveva neppure incrociare lo sguardo;
3.nel fare ammettere e confessare, a mezzo di continue violenze psicologiche e punizioni anche corporali, inesistenti fantasie sessuali verso terzi e anche nei confronti dei genitori e dei parenti: in particolare Fiesoli R.L., nelle riunioni serali diceva che Vannucchi Grazia doveva confessare le sue fantasie sessuali; dapprima era costretta a riferire dettagliatamente le violenze che aveva subìto da piccola, poi a rivelare tutto quello che le passava per la testa relativamente al sesso; Vannucchi Grazia, dopo avere “confessato” un paio di fantasie, non aveva più nulla da dire, ma se stava zitta rischiava di non andare a letto, tendeva a dire tutto quello che pensava riguardo al sesso per assecondare Fiesoli R. L., che privatamente e pubblicamente cercava di farle ammettere che le violenze che aveva subìto da piccola le erano piaciute e che solo ammettendolo, sarebbe guarita; Fiesoli R.L. la torturava dicendole che era una perversa e che si masturbava spesso, collegando questa idea fissa alla circostanza che Vannucchi Grazia gli aveva manifestato il sospetto di una sua relazione omosessuale con Pietracito Sergio; al manifestato sospetto Fiesoli R.L. reagiva prendendola a schiaffi, dicendole che “era una malata, che l’inferno era nella mente del diavolo, che lui era una persona pura, che una cosa del genere non l’avrebbe fatta mai”. In questo modo la convinceva che lui aveva ragione, che lei invece era una perversa e che doveva pagare per la sua natura malata; comunque Fiesoli R.L. doveva avere ragione su tutto e se non gli dava ragione, cominciava a dirle che era matta;
4.nella pratica dell’omosessualità, intesa come mezzo per risolvere i problemi sessuali dell’infanzia dovuti all’omosessualità latente e nella predicazione della inferiorità delle donne rispetto agli uomini perché “impure e puttane”: in particolare Fiesoli R.L. diceva a Vannucchi Grazia che doveva affrontare la sua omosessualità, che doveva frequentare Consorti Mariella, affermando che il suo problema erano sempre state le donne, e imponendole ogni volta che aveva un minimo contrasto, la compagnia della Consorti Mariella con la quale subiva rapporti omosessuali. Era Fiesoli R L. a decidere con chi si dovevano avere i rapporti omosessuali e quando le relazioni dovevano iniziare e quando finire;
5.nell’imporre, nelle obbligatorie riunioni collettive serali, la pratica dei c.d. “chiarimenti”, consistenti nella violenza psicologica a far ammettere l’infrazione delle regole di vita della comunità con la conseguente esaltazione della condotta riparatoria o, in caso di persistenza del rifiuto ad accettare le sue decisioni o gli indirizzi di pensiero inculcati agli altri membri della comunità, della conseguente disapprovazione, emarginazione e isolamento dal gruppo, attuati con pesanti ingiurie e denigrazione della persona anche dal Fiesoli R. L., il quale con il ricorso ossessivo alla pratica dei chiarimenti, attraverso il sistema della approvazione o disapprovazione dei comportamenti, generava nei membri della comunità, oltre che un sentimento di colpevolizzazione, anche una condizione di sudditanza e soggezione psicologica che era utile per il controllo e la gestione della persona, nonché l’assoggettamento a lui stesso e al suo sistema di vita comunitario: in particolare Fiesoli R. L. costringeva Vannucchi Grazia, quando era ragazza, a stare seduta per ore, finché non gli dava ragione; in un’occasione veniva costretta a camminare sulla tavola per mostrare agli altri come le donne, “questi demoni”, riuscivano con i loro movimenti ad “acchitare” gli uomini; inoltre Fiesoli R.L. imponeva a Vannucchi Grazia, come ad altre ragazze, di prendere in affidamento bambini, anche se non erano d’accordo, perché non si sentivano pronte, in particolare nel 1983, facendola sentire in colpa, le imponeva l’affidamento di Marani Paolo, e nel 1986 quello di Bongiorno Giuseppe; inoltre, quando il figlio adottivo Max Fiesoli (Capezzone) aveva circa 14/15 anni (1994-1995), Fiesoli R.L. parlava spesso con quello, che manifestava le prime inquietudini adolescenziali, e una volta, dopo averla fatta chiamare, Fiesoli R.L. alla presenza anche di Max, urlando, le diceva: “diglielo, diglielo al tuo figliolo che quando ai figlioli gli cresce il pisello i che tu fai, diglielo che tu perdi la testa e che tu te li vorresti fare”; a Max ripeteva in continuazione: “tu devi dar retta a me, perché lei ti fa il culo”; Max le toglieva la confidenza, si arrabbiava se gli faceva domande su Rodolfo, finché nel 2007, un giorno Max le confessava che Rodolfo “gli aveva dato noia, che durante i colloqui non si parlava solo, ma tante volte glielo aveva messo in culo e che una volta gli aveva fatto leccare le emorroidi, che lo aveva preso in bocca, che tutte le mattine doveva andare da lui, che non le diceva più nulla perché gli faceva troppo schifo”.
Sconvolta dalla confessione, Vannucchi Grazia cercava di parlare con Rodolfo che si rifiutava e, dal momento che rivelava in comunità i rapporti tra il figlio adottivo Max e Rodolfo, veniva isolata da tutti e considerata una nemica del Forteto; Fiesoli R.L., passando vicino a Vannucchi Grazia e Fiesoli Alessio a mensa, diceva loro “che puzzo di merda, che puzzo di maiale”; sino al novembre 2007, Fiesoli R.L. si serviva di Vannucchi Grazia per imporre le sue regole all’interno della comunità; nel novembre 2007 Vannucchi Grazia abbandonava la comunità, dopo che il fratello Mauro le aveva detto che lei e il marito Fiesoli Alessio dovevano andarsene e che “Rodolfo si era dovuto tirare giù i pantaloni per salvare Max”; successivamente alla sua uscita dal Forteto Vannucchi Grazia veniva demansionata nel lavoro, da responsabile del personale al caseificio a operaia che copriva gli altri operai assenti. Nella comunità il Forteto tra Vicchio e Dicomano sino al novembre 2007;
u) del delitto di cui agli artt. 110, 112 e 572 c.p., perché, in concorso con le persone indicate nel capo di imputazione di cui alle lett. v) e k. 1), nella qualità di incontrastato capo “spirituale”, responsabile e fondatore della comunità il Forteto, maltrattava Zahami Paolo, entrato nella comunità il 13 aprile 1995, all’età di diciotto anni, infliggendogli sofferenze e costrizioni psicologiche, nonché limitandone la libertà di autodeterminarsi e di operare le proprie scelte di vita attraverso l’imposizione di rigide regole di vita e di comportamento, dallo stesso create, all’interno della comunità, consistite: 1.nello svalutare e denigrare la famiglia di origine considerandola limitante per la crescita individuale, nell’impedirne o comunque limitarne i contatti, al fine di fare cessare ogni legame affettivo con la voluta conseguenza di proporsi come unico modello di riferimento all’interno della comunità: in particolare Zahami Paolo veniva a conoscenza della morte del nonno dopo anni, all’uscita dalla comunità;
2.nella pratica dell’omosessualità, intesa quale mezzo per risolvere i problemi sessuali dell’infanzia dovuti all’omosessualità latente e nella predicazione della inferiorità delle donne rispetto agli uomini perché “impure e puttane”: in particolare Fiesoli R.L. sostenendo che doveva affrontare il discorso della sua omosessualità, si mostrava affettuoso, e un giorno tenendolo per la nuca baciava in bocca Zahami Paolo, dicendogli che era una cosa normalissima e che era un passaggio per evolvere la sua anima, con l’effetto di fargli pensare di essere veramente omosessuale e che al Forteto avessero ragione su tutto, anche sulle fantasie sessuali incestuose; sempre nello stesso periodo (giugno-luglio 1998), un giorno Fiesoli R.L., nella stanza dei conigli, lo baciava in bocca e gli infilava la mano nel sedere; nonostante il mancato consenso agli approcci sessuali di Fiesoli R.L., Zahami Paolo si sentiva in colpa perché non riusciva ad abbandonarsi all’affetto puro di Rodolfo, che lo umiliava davanti a tutti dicendogli che era un maiale e un debole perché non riusciva ad affrontare le sue paure nonostante lui si fosse proposto con tanto amore; seguivano l’isolamento da parte della comunità e la convinzione dello Zahami Paolo di essere un pazzo, uno squilibrato e che la sua resistenza all’omosessualità proposta da Fiesoli R.L. provenisse dalla sua personalità squilibrata; in seguito Zahami Paolo diventava un perfetto soldato, un automa alle dipendenze di Fiesoli R.L. che considerava come un dio e per il quale avrebbe fatto qualsiasi cosa gli avesse chiesto; Zahami Paolo doveva ammettere che Fiesoli aveva ragione;
3.nell’imporre, nelle obbligatorie riunioni collettive serali, la pratica dei c.d. “chiarimenti”, consistenti nella violenza psicologica a fare ammettere l’infrazione delle regole di vita della comunità, anche con punizioni corporali e/ o isolamento in una stanza, con la conseguente esaltazione della condotta riparatoria o, in caso di persistenza del rifiuto ad accettare le sue decisioni e gli indirizzi di pensiero della comunità, della conseguente disapprovazione, emarginazione e isolamento dal gruppo, attuati con pesanti ingiurie e denigrazione della persona anche dal Fiesoli R.L., il quale, con il ricorso ossessivo a questa pratica, attraverso il sistema della successiva approvazione o disapprovazione dei comportamenti, generava nei membri della comunità, oltre che un sentimento di colpevolizzazione, anche una condizione di sudditanza e soggezione psicologica utilizzata per il controllo e la gestione della persona, nonché l’assoggettamento a lui stesso e al suo sistema di vita comunitario: in particolare Fiesoli R.L. diceva (1995-1996) a Zahami Paolo che doveva parlare in maniera più approfondita della sua famiglia, che doveva riuscire a uccidere mentalmente i genitori per poter aprire il suo cuore ad altre figure che per lui dovevano essere più importanti dei suoi genitori, tra le quali la sua; Fiesoli R.L. gli diceva che il padre era un fallito, un inetto, un inutile, uno stupido, che la madre era una troia e che era andata a letto con il vicino di casa; nel 1998 Fiesoli R.L., riprendendo a frequentarlo, diceva a Zahami Paolo che lui era come Don Milani, solo che stava facendo le cose meglio e più in grande di quello, che aveva il sogno di rendere il mondo come il Forteto e di far capire che la famiglia tradizionale era un modello avariato;
4.nel far ammettere e confessare, a mezzo di continue violenze psicologiche e punizioni anche corporali, inesistenti fantasie sessuali verso terzi e anche nei confronti dei genitori e dei parenti: in particolare Fiesoli R.L. diceva a Zahami Paolo che covava il desiderio di andare a letto con la sorella, di cui era innamorato e sulla quale si faceva fantasie sessuali e che per quel motivo aveva paura di essere un maiale; Fiesoli R.L. diceva anche che Zahami Paolo alimentava fantasie erotiche sul padre e sulla madre e, alle sue rimostranze che semmai il maiale era lui, Fiesoli R.L. rincarava la dose dicendo che era un porco perché si faceva le fantasie sessuali su tutte le persone del Forteto che incontrava, che il suo desiderio più grosso era di farsi inculare dal padre e da lui stesso per sentirsi approvato e considerato dalle persone, dicendogli al contempo, toccandosi i genitali “lo vorresti questo eh?”;
nel 2001 Fiesoli R.L. tentava nuovamente un approccio sessuale con Zahami Paolo e, al suo rifiuto, cominciava ad attaccarlo in continuazione; lamentandosi con Max Fiesoli e Marco Ceccherini Junior delle attenzioni sessuali che Fiesoli R.L. aveva avuto per lui, Zahami Paolo apprendeva che quelli avevano avuto tantissimi rapporti sessuali completi con Rodolfo; Zahami Paolo, che aveva pensato che le attenzioni che il Fiesoli R.L. gli aveva riservato fossero solo per il suo bene e per fargli accettare la sua omosessualità, capiva che l’omosessuale era Fiesoli R.L. e il mondo gli crollava addosso. Con l’aggravante di avere commesso i fatti in concorso con più di cinque persone; Nella comunità il Forteto tra Vicchio e Dicomano sino al marzo 2005.
BACCI Francesco
BOCCHINO Maria Angela CECCHERINI Marco CONSORTI Mariella GIORGI Marida GOFFREDI Luigi LASCIALFARI Elena MONTORSI Silvano PEZZATI Stefano Paolo PIZZI Matteo PREMOLI Domenico ROMOLI Gianni SARTI Stefano SARTI Sauro Massimo SASSI Elisabetta SERPI Luigi TARDANI Daniela TARDANI Maria Francesca TEMPESTINI Elena Maria TURINI Andrea VANNUCCHI Mauro.
IMPUTATI
v)del delitto di cui all’art. 81 cpv., 110, 112, 572 e 61 n. 9, perché, in concorso fra di loro e con Fiesoli R.L., incontrastato capo “spirituale”, responsabile e fondatore della stessa, con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso in danno di più persone, nella loro qualità di appartenenti alla comunità “Il Forteto”, maltrattavano:
Aversa Giuseppe (capo lett. c) per Fiesoli R.L.)), Bimonte Jonathan (capo lett. j) per Fiesoli R.L.), Biordi Nicoletta (capo lett. n) per Fiesoli R.L.), Corso Marika (capo lett. o) per Fiesoli R.L.), Daidone Luigi (capo lett. p) per Fiesoli R.L.), Fiesoli Donatella (capo lett. r) per Fiesoli R.L.), Fiorenza Eris (capo lett. g) per Fiesoli R.L.),
Gronchi Manuel (capo l) per Fiesoli R.L.), Mameli Marco (capo lett. e) per Fiesoli R.L), Vainella Valentina (capo lett. s) per Fiesoli R.L.), Vannucchi Grazia (capo lett. t) per Fiesoli R.L.), Zahami Paolo (capo lett. u) per Fiesoli R.L.),
coadiuvandolo stabilmente nell’attuazione e nell’ osservanza delle rigide regole di vita e di comportamento da quello create e imposte nella comunità, consistite in particolare: 1.nella rigorosa separazione degli uomini dalle donne, anche se legati da vincoli affettivi e uniti in matrimonio; 2.nella pratica dell’omosessualità anche tra persone minori di età, intesa quale mezzo per risolvere i problemi sessuali dell’infanzia dovuti all’omosessualità latente e nel sostenere l’inferiorità delle donne rispetto agli uomini perché “impure e puttane”; 3.nel divieto di rapporti eterosessuali; 4.nella denigrazione costante della famiglia di origine e nell’ostacolare ogni relazione con genitori e parenti, anche non consegnando ai destinatari la posta da quelli proveniente, non passando le telefonate che giungevano e non consentendo a nessuno di fare telefonate private, essendo obbligatorio l’utilizzo del dispositivo “viva voce”;
5.nel divieto di coltivare rapporti con persone all’esterno della comunità, e di esercitare qualunque tipo di attività ricreativa, culturale, sportiva ed educativa, sostenendo che tutto quello che era fuori era “il male”; 6.nell’imporre la permanenza ed il lavoro all’ interno della comunità e l’accettazione della regola secondo cui quasi tutta l’intera paga derivante dall’attività lavorativa svolta presso la cooperativa il Forteto veniva versata all’associazione omonima ad eccezione di circa duecento euro mensili e nell’ inibire di proseguire gli studi ovvero di avviarsi ad un lavoro all’esterno della comunità, tacciando coloro che ne avanzavano richiesta di “essere di fuori”, sottoponendoli alle consuete “punizioni” meglio descritte ai capi che precedono e seguono; 7.nell’impedire di ricorrere alle istituzioni pubbliche per curare le persone che ne avevano bisogno, nell’omettere di portare le persone al pronto soccorso e nel provvedere Fiesoli R.L. a suturare ferite con ago e filo e Goffredi Luigi a prestare cure odontoiatriche ;
8.nel condizionare le scelte di voto in occasione di elezioni politiche ed amministrative, ordinando di votare per una parte politica precisa e sottoponendo chi dissentiva alle solite punizioni per fare accettare le regole della comunità: insulti, chiarimenti ed emarginazione dal gruppo; 9.nella pratica ossessiva dei “chiarimenti”, cui venivano sottoposte tutte le pp.oo, consistenti in discussioni protratte anche per ore e condotte dagli indagati separatamente con diverse pp.oo., nelle quali si obbligavano queste ultime ad ammettere e confessare, a mezzo di continue violenze psicologiche e punizioni anche corporali, suggerite ed inesistenti fantasie sessuali verso terzi e anche nei confronti dei genitori e dei parenti, violenze ed abusi subìti dai propri genitori ed infrazioni - vere o presunte - delle regole della comunità; discussioni che, in assenza di ammissione e confessione o, in caso di persistenza del rifiuto ad accettare le decisioni e gli indirizzi di pensiero o di condotta della comunità, sfociavano in percosse, costrizioni a stare chiusi in una stanza o immobili in piedi o nell’andare a letto senza cena, disapprovazione, emarginazione e isolamento dal gruppo, attuati anche con pesanti ingiurie (puttana, troia, maiale/ a, stupido/a, cretino/a, idiota, grullo/a, bucaiolo/a) e denigrazione della persona in presenza di tutti, in occasione delle riunioni per i pasti alla mensa o delle riunioni serali;
10.nel minacciare anche di morte coloro che tentavano di sottrarsi alle regole sopradescritte o che le ponevano in discussione, ed aggredendo e percuotendo coloro che, come Paolo Zahami, reagivano opponendosi a Fiesoli R.L. e ai suoi atti di sopraffazione fisica, morale e sessuale,
con tali condotte infliggendo una stabile e perdurante situazione di sofferenza e di vessazione a tutte le pp.oo., generando nelle stesse una condizione di sudditanza e di soggezione psicologica finalizzata al controllo ed alla gestione della persona e ad ottenere dalle stesse un assoggettamento a Fiesoli R.L. ed al suo sistema di vita comunitario, che comprendeva anche la giustificazione delle condotte sessuali del medesimo, proposte e sostenute come atti “terapeutici e purificatori” dei traumi - veri o presunti – subìti dalle pp.oo. In particolare:
a.Goffredi Luigi e Consorti Mariella insieme ad altri membri della comunità imponevano ad Aversa Giuseppe, dopo pochi mesi che era entrato al Forteto (anno 1997) chiarimenti e pressioni per fargli ammettere che la madre aveva preso soldi dalle persone cha avevano abusato di lui; Romoli Gianni, sin da piccino, diceva ad Aversa Giuseppe “vuoi tornare alla normalità? Quella normalità che te l’ha fatto prendere in culo?”; Consorti Mariella, in qualità di madre affidataria di fatto, (per decisione di Fiesoli R.L.), di Aversa Giuseppe, a quest’ultimo, che le aveva confidato di essersi masturbato per la prima volta, diceva che era un maiale e ogni volta che lo incontrava gli diceva che era imbarazzato; inoltre per qualsiasi stupidaggine da ragazzi gli diceva che era un idiota, un grullo, un cretino (anno 1999 circa); quando veniva a conoscenza che aveva baciato Vainella Valentina, lo rimproverava perché il rapporto doveva rimanere platonico (anno 2001) e quando veniva a conoscenza che aveva fatto domanda per entrare in Polizia, gli levava il saluto (anno 2007); Aversa Giuseppe, in un giorno del mese di dicembre 2008, sentiva Pizzi Matteo che diceva al fratello Samuele, che lui non voleva bene a nessuno, che non credeva nei princìpi del Forteto e che non voleva affrontare i suoi problemi; Bacci Francesco, intorno al mese di settembre 2009, poco prima che Aversa Giuseppe uscisse dalla comunità, gli diceva che doveva scegliere: o stare e lavorare al Forteto rispettando le regole oppure versare 900 euro al mese se ci voleva stare come in un albergo; Pezzati Stefano, Bacci Francesco e Romoli Gianni, in un incontro richiesto da Aversa Giuseppe nell’ottobre 2009, gli dicevano che era di cattivo esempio per i ragazzi, che non andava bene neppure che avesse una ragazza e che ci dormisse insieme e che se voleva vedere il fratello Michele (detto Samuele), anch’egli affidato alla comunità, lo doveva incontrare fuori; b.Tardani Daniela, Elena Lascialfari, Montorsi Silvano e Serpi Luigi, quest’ultimo quale padre affidatario di fatto (per decisione di Fiesoli R.L.), nel corso di ripetuti e ossessivi colloqui, dicevano a Bimonte Jonathan che i suoi fratelli Cristhofer, Luna ed Emanuele avevano riferito che il padre li costringeva a imitare, nudi, atti sessuali tra di loro, per farne dei filmini pornografici e guadagnarci soldi, perché ammettesse che quelle cose erano veramente successe, e gli suggerivano i dettagli di quello che doveva dire davanti al tribunale (anno 1996 pochi giorni dopo il suo ingresso in comunità); Tardani Daniela metteva a sedere per un’intera giornata Bimonte Jonathan per chiarire, perché era stato in bagno e non si era pulito con la carta igienica (1999 all’età di dieci anni); Sarti Sauro riempiva di schiaffi e di pugni Bimonte Jonathan perché non voleva dare la Playstation a un amico (intorno all’anno 2000); dall’età di otto anni, nei giorni in cui non andava a scuola e in tutto il periodo estivo veniva costretto a fare i lavori domestici al Forteto (lavare i bagni, rifare i letti, dare il cencio, rigovernare la cucina e lavare a mano i panni); all’età di dodici anni (anno 2001) veniva costretto a lavorare come operaio dalle ore 8,30 del mattino sino alle 17; una volta, tagliando le tegole, si feriva al palmo della mano destra; all’età di quattordici anni (anno 2003), lavorando d’estate si tagliava profondamente con un ferro al ginocchio della gamba destra; al pronto soccorso diceva, dietro indicazione, che si era fatto male giocando a calcio; Bimonte Jonathan subiva pestaggi e chiarimenti perché una ragazzina, che veniva a trovare un’amica al Forteto, si era innamorata di lui; gli veniva vietato di frequentarla o parlarci e, tutte le volte che riusciva a parlarci, gli veniva imposto di ammettere che era un maiale e che quelle cose le faceva per nascondere la sua omosessualità (anno 2004); Serpi Luigi, quale padre affidatario, picchiava Bimonte Jonathan con ceffoni, calci, pugni in faccia, lo faceva cadere a terra, continuando a colpirlo, lo trascinava per terra, lo lanciava contro il muro e una volta, all’età di quindici anni, gli rompeva una costola lanciandogli contro una seggiola (fatti avvenuti sino all’età di sedici anni (2005);
c.Tardani Daniela, madre affidataria di Biordi Nicoletta, la costringeva a buttare via i vestiti perché troppo femminili e a tagliarsi i capelli perché troppo lunghi, non appena entrata nella comunità, nell’agosto del 1993, all’ età di quattordici anni; pur avendo espresso il desiderio di continuare gli studi avendo terminato la terza media, le veniva risposto che non era in grado di andare a scuola, perché aveva troppi complessi e problemi e che sarebbe stato un fallimento; veniva quindi messa a lavorare al caseificio, dove lavorava dalle 5 della mattina alle 17,30 del pomeriggio, anche il sabato e la domenica, quando era impegnata al negozio, e non veniva retribuita sino all’età di venti anni; Tardani Daniela, cercava di costringere Biordi Nicoletta ad ammettere che era stata violentata dal suo babbo e che le era piaciuto, che era stata lei a provocarlo perché era in competizione con la madre, che la zia era una puttana di alto bordo, nel corso di reiterati “chiarimenti”, svolti anche insieme a Giorgi Marida e Consorti Mariella, picchiandola a questo fine con un mestolo quando si addormentava; doveva anche ammettere, perché così le diceva Tardani Daniela, che la madre era una ritardata mentale e spesso le veniva detto che lei era come la madre e che sarebbe diventata come lei, doveva ammettere che si sentiva scema, che si sentiva ignorante, che non capiva nulla e che aveva bisogno di essere guidata (anno 1994 circa); Tardani Daniela e Tempestini Elena, dopo avere detto a Biordi Nicoletta, all’epoca diciassettenne, che Lara Volpi si era innamorata di lei, riuscivano a convincerla che avere rapporti sessuali con una donna, non significava essere lesbiche, ma esercitare una sorta di libertà sessuale, e che se si rifiutava di avere rapporti con la predetta, significava che aveva paura di essere lesbica e quindi aveva dei problemi che doveva risolvere (anno 1995); in seguito Biordi Nicoletta aveva, per un breve periodo una relazione con Lara Volpi (anno 1996); Tardani Daniela e Tempestini Elena, venute a sapere che, durante una vacanza a Forte dei Marmi, Biordi Nicoletta si era scambiata un bacio con un ragazzo della comunità, si arrabbiavano e cercavano di farla sentire in colpa, dicendole che Volpi Lara si era sentita tradita e che quello che aveva fatto era contro gli ideali del Forteto (anno 1996); nonostante la stato di gravidanza (anno 2001), Tardani Daniela le diceva che doveva lavorare lo stesso, anche se il ginecologo l’aveva consigliata di non fare lavori pesanti e così era costretta a continuare a lavorare, sino al settimo mese, alla stagionatura del formaggio, dove doveva sollevare di continuo scatole, casse e forme di formaggio;
d.Goffredi Luigi, padre affidatario di Corso Marika, era uso picchiarla anche quotidianamente con uno zoccolo o con un mestolo per motivi banali, dal suo ingresso nella comunità avvenuto all’età di otto anni nel 1983, sino all’età di quindici anni; inoltre non perdeva occasione di ricordarle il passato di abuso sessuale pretendendo che raccontasse l’esperienza nei minimi dettagli e sostenendo che le era piaciuta; nel 1987, quando Goffredi Luigi la vedeva uscire dal bagno le domandava sempre se si era masturbata, sostenendo che lo aveva fatto con il tappo del detersivo o dello shampoo o con la spazzola; una volta le diceva che lo aveva fatto con il manico della scopa; se non ammetteva di essersi masturbata doveva fare il chiarimento stando seduta su una seggiola per un pomeriggio intero sino a che ammetteva quello che lui aveva deciso essere la verità; all’età di dodici anni (1987), veniva indotta da Goffredi Luigi ad avere un rapporto orale con lui, per convincerla che la cosa era normale, che non aveva fatto niente di male quando a sette anni, era stata costretta a fare la stessa cosa con le persone che l’avevano abusata; all’età di quattordici anni (1990) assisteva a ripetuti abusi sessuali da parte di Goffredi Luigi nei confronti di una bambina down a nome Maria che dormiva nel letto sottostante al suo; Tardani Francesca, madre affidataria di fatto (per decisione di Fiesoli R.L.), di Corso Marika dall’età di sedici anni, quando nell’anno 2000 veniva a sapere che aveva avuto una relazione, all’interno della comunità, con Marani Paolo, la picchiava sino a costringerla a raccontarle tutti i particolari dei rapporti sessuali e le posizioni che aveva assunto e, in una riunione serale, davanti a tutti, d’accordo con Fiesoli R.L., la costringeva a raccontare le sue esperienze sessuali con Marani Paolo, questo presente e decideva che non potevano più parlarsi;
e.Bacci Francesco, Vannucchi Mauro, Tempestini Elena, in concorso con il Fiesoli R.L., questi ultimi quali suoi genitori affidatari, ripetevano in continuazione a Daidone Luigi che la sua mamma, Rusciano Flora era una prostituta, che aveva mandato lì lui e il fratello Jonnhy perché voleva fare i cazzi suoi, che lui somigliava al suo babbo che era un mafioso, che aveva sempre mangiato “pane e merda”, che era povero, che i suoi nonni erano degli zingari, e che la sua mamma consentiva che uomini sconosciuti abusassero di lui e del suo fratello Johnny; gli suggerivano anche di assumere le posizioni del presunto abuso e gli chiedevano dettagli fisici delle persone e lo costringevano poi ad ammettere pubblicamente, all’esito di chiarimenti e punizioni (consistenti in schiaffi, spinte, chiarimenti ed insulti continui (bucaiolo, pezzo di merda, ingrato), che tali fatti erano veri (anno 1999 all’età di nove anni); un giorno, verso gli undici anni (anno 2001), il fratello Jonnhy veniva portato davanti a lui e Vannucchi Mauro, presenti Bacci Francesco, Tempestini Elena e Fiesoli R.L. cominciava a dirgli che Jonnhy aveva detto che dentro casa loro entravano a turno delle persone, che la loro mamma usciva, che queste persone, con la scusa di giocare a soldatini, li portavano in camera da letto della mamma e abusavano di lui e del suo fratello separatamente; Vannucchi Mauro in particolare gli diceva che con lui entrava una persona che si spogliava, che gli faceva toccare il pene e che quando diventava duro, lo faceva girare e lo penetrava; dicendogli che non doveva vergognarsi, gli facevano provare le posizioni, facendolo salire sul tavolo e facendolo mettere a quattro zampe; gli chiedevano anche se, quando l’abusante aveva finito, avesse sentito del bagnato e se avesse sentito del dolore; sapendo che se non ammetteva, sarebbe stato punito, Daidone Luigi ammetteva tutto quello che gli veniva indicato, anche che la madre prendeva dei soldi (1999-2001); Vannucchi Mauro e Tempestini Elena gli dicevano che non doveva giocare con i fratelli, perché aveva degli altri coetanei con cui giocare e non gli permettevano di frequentare amichetti all’esterno della comunità; nell’aprile del 2009 Vannucchi Mauro, prendeva a schiaffi Daidone Luigi mentre Bacci Francesco lo teneva fermo, dopo averlo costretto ad alzarsi da letto, insultato e ingiunto di rispettare le regole del Forteto, perché smettesse di lavorare all’esterno della cooperativa;
f.a Fascione Elisabetta e Fiesoli Donatella, che erano state messe insieme a sedere nella mensa per i soliti chiarimenti, Marida Giorgi, che mostrava loro un matterello, diceva che se la sera non avessero detto quello che avevano, le avrebbe picchiate (in un giorno dell’anno 1990); Bocchino Angela, dopo che Fiesoli R.L. l’aveva fatta entrare in una stanza, percuoteva sulla nuca Fiesoli Donatella sino a farle venire dei grossi bozzi sulla testa e farla accasciare a terra, in un giorno dell’ anno 1994; in un giorno del marzo 2007, quando Fiesoli Donatella, aveva fatto notare a Fiesoli R. L. che non era il caso di continuare a far dormire Fabrizio (Forti n.d.r.) in camera con lui, veniva isolata da tutti gli indagati e da tutti i componenti della comunità, anche sul posto di lavoro, perché aveva osato mettere in discussione l’autorità di Fiesoli R.L.; nel settembre 2007 Giorgi Marida, Bocchino Angela, Goffredi Luigi, Tardani Francesca e Consorti Mariella, incitati da Fiesoli R.L. che urlava dicendole che il suo cattivo esempio (di insubordinazione n.d.r.), stava portando altre persone a ribellarsi, aggredivano Fiesoli Donatella che, dopo essere stata afferrata per un braccio da Giorgi Marida ed essersi liberata e data alla fuga, veniva raggiunta ed afferrata da Goffredi Luigi, sospinta verso una stanzina all’interno della quale si trovavano Bocchino Angela, Tardani Francesca e Consorti Mariella che la tiravano dentro dove veniva colpita con reiterati calci da Goffredi Luigi; a fine settembre 2007, Fiesoli Donatella veniva avvicinata di nuovo da Giorgi Marida, Bocchino Angela e Serpi Luigi, che la costringevano a rientrare in una stanzina ed a rimanervi per più di un’ora, impedendole di uscire sia dalla porta che dalla finestra perché “confessasse” le proprie colpe consistenti nell’aver “parlato male del Forteto ad alcuni ragazzi, e nell’aver “messo su” Paolo Sarti con il suo cattivo esempio ed aver parlato male di Fiesoli R.L.; pochi giorni dopo, in relazione alle stesse accuse, Vannucchi Mauro la minacciava dicendole che doveva lasciare il Forteto, che non doveva rivolgere parola ai ragazzi più giovani, che se l’avesse incontrata per la strada l’avrebbe arrotata, che era una troia e che se ne doveva andare, altrimenti l’avrebbe levata dal mondo; nell’ottobre 2007 Bocchino Angela, dopo quanto era successo in precedenza le diceva che non c’era più bisogno di lei al caseificio e, chieste spiegazioni a Pezzati Stefano, questi le diceva che doveva adattarsi a pulire i bagni della stalla, dell’ufficio e dei giardini; g.Tardani Daniela, madre affidataria di Gronchi Manuel, lo costringeva a confessare le fantasie sessuali che aveva, a suo dire, per lei, perché nel fargli il bagno, dall’età di sei ai dieci anni (1990-1994), aveva avuto delle erezioni involontarie; lo costringeva a chiarire se non riusciva a giocare al lego, se era troppo bianco in viso, se non voleva mangiare, per ogni piccolo litigio, se rispondeva male a qualcuno; il chiarimento consisteva nello stare in piedi per delle ore chiuso in una stanza, anche senza mangiare; in alternativa veniva picchiato da Tardani Daniela con zoccoli di legno o con mestoli di legno sulle mani o sulla schiena; Sarti Stefano, altro genitore affidatario, lo prendeva a calci nel sedere; i chiarimenti e le punizioni erano finalizzate ad ammettere quello che volevano sentirsi dire e cioè che i suoi malesseri erano da collegare ai suoi genitori naturali; Tardani Daniela e Sarti Stefano gli dicevano che la madre era una puttana e che i suoi genitori naturali non gli volevano bene, in sostanza che erano meritevoli di disprezzo; a partire dai sei anni sino ai dieci (1990-1994) veniva costretto a rifare, finita la scuola, le camere e i letti (una trentina) della villa e a passare l’aspirapolvere; d’inverno, più volte, quando frequentava le scuole elementari, veniva svegliato dai genitori affidatari alle cinque e mezzo del mattino per andare a lavorare con loro nel caseificio, dove doveva lavare centinaia di cassette; qualche volta doveva lavorare per diversi giorni e saltava la scuola; durante una giornata di lavoro con Sarti Stefano, nell’anno 1991, schiacciando, su ordine di quello, il bottone che faceva alzare la sponda posteriore dell’autocarro su cui doveva caricare delle cassette vuote per il formaggio, Gronchi Manuel rimaneva incastrato con il dito anulare della mano sinistra, perdendone l’ultima falange; portato al pronto soccorso di Careggi, diceva, su indicazione di Sarti Stefano, che aveva toccato il bottone di sua iniziativa; Tardani Daniela, avendolo visto all’uscita di scuola (terza media anno 1999), che baciava sulla bocca una ragazzina, sottoponeva Gronchi Manuel a un pesante chiarimento, perché quel bacio veniva considerato un innaturale esibizionismo e faceva pressioni perché non vedesse più la ragazzina;
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all’età di diciannove anni (anno 2003), Tardani Daniela gli diceva spesso di andare a parlare con Fiesoli R.L. e qualche volta lo accompagnava dallo stesso, il quale, dopo i soliti chiarimenti, compiva atti sessuali su di lui (capo lett. k) per Fiesoli R.L.), in presenza della predetta che gli diceva di lasciarsi andare e che era perfettamente normale quello che succedeva; Stefano Pezzati, in un giorno dell’agosto 2009, diceva a Gronchi Manuel che, a causa del fatto che si era dimenticato di pagare un pezzo di carne che aveva preso nella macelleria della comunità, non poteva più rimanere come dipendente e che doveva dare le dimissioni, cosa poi avvenuta, altrimenti lo avrebbero denunziato; il tutto in conseguenza del fatto che non accettava più le regole della comunità e anche perché si era accompagnato con una ragazza nell’anno 2003; h.Serpi Luigi e Tardani Francesca, nella qualità di genitori affidatari di fatto, (per decisione di Fiesoli R.L.), di Mameli Marco, più volte lo punivano colpendolo in testa, il Serpi con il manico di una granata e la Tardani con un matterello, inoltre più volte veniva messo a sedere e lasciato lì per ore, più volte veniva mandato a letto senza cena (sino all’età di diciotto anni anno 1994); Serpi Luigi quando Mameli Marco aveva quattordici anni (1990), abusava sessualmente di lui; Tardani Francesca era a conoscenza che Fiesoli R.L. si intratteneva in bagno con Mameli Marco anche per parecchio tempo e quando uscivano non faceva domande, ma diceva comunque a Mameli Marco che le persone che stavano con Fiesoli R.L., rinascevano, guarivano e tornavano un fiore; se guardava una ragazza, Serpi Luigi e Tardani Francesca dicevano che si faceva le fantasie sessuali; ogni cosa che Mameli Marco diceva a Tardani Francesca, veniva riferita a Fiesoli R.L.; più volte Tardani Francesca gli chiedeva se aveva avuto rapporti sessuali con la madre e se si faceva fantasie sessuali su di lei (sino al 1994 circa); i.Tardani Daniela, Giorgi Marida, Bacci Francesco e Sassi Elisabetta, questi ultimi nella qualità di suoi genitori affidatari di fatto, (per decisione di Fiesoli R.L.), cercavano di costringere Vainella Valentina a recidere i rapporti con la sua mamma, dicendole che doveva dire al Tribunale per i Minori, nel corso degli incontri, che non voleva veder la sua mamma e che i suoi genitori erano cattivi, inoltre le domandavano “la tu mamma faceva la puttana, non te lo ricordi?”, inoltre la costringevano a dare ad altri bambini i regali che la mamma le aveva dato nel corso degli incontri protetti; quando aveva nove-dieci anni, la sera veniva organizzato un teatrino da Tardani Daniela, Giorgi Marida, Sassi
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Elisabetta e Bacci Francesco, in cui venivano rievocate scene di vita familiare di Valentina in cui veniva picchiata dalla madre (anni 1995-1996); ogni cosa facesse, se guardava una persona, le veniva chiesto se si stava facendo fantasie sessuali; le chiedevano “ma tua madre non sapeva niente di questo” e alla risposta negativa le dicevano che non era possibile, che dovevano esserci delle mutande sporche, che doveva liberarsi e dire la verità; la colpivano con colpi sulla testa sino a che non ammetteva che le madre era a conoscenza dell’abuso fatto nei suoi confronti da persone estranee; se diceva che a scuola era andata bene sostenevano che non era vero e che siccome aveva subìto degli abusi, aveva adescato i ragazzini e li portava in bagno; se non ammetteva doveva rimanere a sedere a pensare, a volte la picchiavano con scappellotti e schiaffi (anno 1996); con il tempo le dicevano che era meglio che non incontrasse la madre, affermando che non le poteva dare le cose che le davano loro, che era cattiva e le raccomandavano di dire al Tribunale che non voleva vederla (anni 1996-1997); una volta Tardani Daniela tirava un ceffone a Valentina perché le aveva raccontato di un ricordo bello con la mamma e le diceva che non doveva ricordare fatti belli sulla madre, perché non ne erano successi (anno 1996); Sassi Elisabetta insinuava continuamente che di notte si toccasse e le diceva che se continuava a masturbarsi sarebbe rimasta incinta; Bacci Francesco e Sassi Elisabetta la costringevano a chiarire e ad ammettere, dopo che aveva giocato con Bimonte Luna che si erano toccate (anni 1995-1998); d’accordo con Fiesoli R.L. la costringevano a recidere i rapporti con la sorella minore Romina, anch’essa ospite del Forteto; da ultimo e fino al momento nel quale Valentina lasciava il Forteto (primo gennaio 2008), la maltrattavano insieme a tutti gli altri presenti, isolandola, ignorandola e assistendo impassibili ai suoi pianti, in ragione del fatto che ella, studiando alla facoltà Universitaria di Scienza della Formazione, si ribellava alle regole del Forteto contestandone la fondatezza; Bacci Francesco e Sassi Elisabetta, gli ultimi giorni prima di uscire dalla comunità, le dicevano inoltre di stare zitta, perché “tutto quello che usciva dalla bocca era merda”; j.Vannucchi Grazia, pur essendosi sentita male diverse volte sul lavoro, non veniva curata, poiché il ricorso alle strutture sanitarie pubbliche era vietato (anni 1991-1992); Vannucchi Mauro, in un giorno del novembre 2007 diceva alla sorella Vannucchi Grazia e al marito Fiesoli Alessio che dovevano andare via
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dalla comunità e che “ Rodolfo si era dovuto tirare giù i pantaloni per salvare Max”; k.Romoli Gianni, quale padre affidatario di fatto, per decisione di Fiesoli R.L., in un giorno dell’autunno 1994, insieme con Fiesoli R.L., iniziava a dire a Zahami Paolo che si faceva delle fantasie sessuali nei confronti del suo amico Salvatore Amidei, perché era geloso della sua personalità e, nel corso di massacranti discussioni, lo invitava, trattenendolo a sedere, dopo cena, su una panca ad accettare il fatto che era un finocchio e che la natura dell’uomo è orientata all’omossessualità; in seguito Zahami Paolo riusciva a fuggire momentaneamente dalla comunità, ma veniva rincorso da Romoli Gianni e convinto poi a ritornare; Ceccherini Marco, appreso che Zahami Paolo aveva intenzione di votare a destra, cercava di persuaderlo ad adeguarsi alle indicazioni della comunità, ed alla sua resistenza, lo insultava dicendogli “ testa di cazzo, cretino, non vuoi ascoltare i consigli delle persone più intelligenti”, indicandolo come esempio negativo agli altri ragazzi del gruppo (primavera del 1995); la sera stessa, insieme a Fiesoli R.L., Romoli Gianni, Premoli Domenico, Turini Andrea e Consorti Mariella, lo insultavano dicendogli, in presenza di tutta la comunità riunita dopocena, che lui era “l’idiota che avrebbe votato a destra”, costringendolo a sottoporsi ai “chiarimenti”, durante i quali gli veniva detto che lui era stato condizionato da suo padre che votava a destra, e che per liberarsi di tale condizionamento avrebbe dovuto seguire i consigli “delle persone più intelligenti” e acconsentire a votare come gli veniva indicato, anche sollecitandolo a non mettere più in discussione quello che gli veniva detto in comunità; avendo detto a Ceccherini Marco che aveva votato a sinistra, doveva subire ancora insulti davanti a tutti e un chiarimento per insegnargli che non avrebbe più potuto mettere in discussione ci che veniva detto all’interno del Forteto; in un giorno dell’inverno 1995-1996, lo Zahami Paolo, dopo che aveva detto a Fiesoli R.L. che il maiale era lui in risposta alle affermazioni che si faceva fantasie sessuali su suo padre, su sua madre e su sua sorella, veniva bloccato da Premoli Domenico nelle mani, mentre Romoli Gianni e Turini Andrea lo tenevano a forza a sedere e veniva colpito da Fiesoli R.L. con un violento colpo alla nuca; in un giorno del giugno 1998, sempre per le stesse ragioni di cui sopra, alla reazione che Zahami Paolo stava per avere alla frase del Fiesoli R.L. che si era trombato la sorella, veniva assalito da Romoli Gianni, Premoli Domenico, Turini Andrea, Bacci Francesco e
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Vannucchi Mauro che lo picchiavano con calci e pugni, che lo lasciavano invalido per circa quindici giorni, con le orecchie che gli fischiavano e il collo che non poteva girare; dopo ammetteva tutte le fantasie sessuali e cedeva su tutto ci che gli dicevano, in quanto erano riusciti ad annullare la sua volontà.
Con le aggravanti di avere commesso i fatti in più di cinque persone, con abuso dei poteri e con violazione dei doveri inerenti a un pubblico servizio, essendo la comunità preposta all’affido di minori. Nella comunità il Forteto tra Vicchio e Dicomano per Aversa Giuseppe sino al settembre 2007; per Bartolini Irene sino al gennaio 2008; per Bimonte Jonathan sino al febbraio 2008; per Biordi Nicoletta sino al dicembre 2011; per Corso Marika sino al settembre 2008; per Daidone Luigi sino al marzo 2009; per Fascione Elisabetta sino al 2008; per Fiesoli Donatella sino al gennaio 2008; per Fiorenza Eris sino al 2009; per Gronchi Manuel sino all’inverno 2009; per Mameli Marco sino al maggio 2010; per Vainella Valentina sino all’1 gennaio 2008; per Vannucchi Grazia sino al novembre 2007; per Zahami Paolo sino al marzo 2005; SERNISSI Doriano SASSI Elisabetta inoltre: l.del delitto di cui agli artt. 110, 40 cpv., 572 e 61 n.9 c.p., perché, in concorso tra loro, nella qualità di genitori affidatari di Fiorenza Eris (nato il 6.9.1990), come da provvedimento del Tribunale dei Minorenni di Firenze del 17.3.2004, essendo titolari di una posizione di garanzia connessa al loro dovere di protezione, sorveglianza, educazione e cura del minore, sino al compimento della maggiore età avvenuta il 6.9.2008, non impedivano che venissero commessi in suo danno fatti di maltrattamento all’interno della comunità il Forteto, in particolare consentivano a Fiesoli Rodolfo Luigi di porre in essere condotte maltrattanti, derivanti dall’imposizione delle rigide regole di comportamento all’interno della comunità, di cui erano a conoscenza (separazione tra uomini e donne, pratica dell’omosessualità, svalutazione, denigrazione e distacco dalle famiglie di origine, pratica dei chiarimenti serali, punizioni corporali) e consistite anche in abusi sessuali da parte di Fiesoli Rodolfo Luigi (v. capi di cui alle lettere f) e g)), con l’aggravante di avere commesso i fatti anche in violazione dei doveri inerenti a un pubblico servizio, essendo la comunità preposta all’affido di minori. Nella comunità il Forteto tra Vicchio e Dicomano sino al 6.9.2008.
BOCCHINO Angela GIORGI Marida SERPI Luigi inoltre: m.del delitto di cui agli artt. 110, 605 c.p., perchè in concorso tra loro, privavano Fiesoli Donatella della libertà personale, costringendola a stare per circa un’ora in una stanza della propria casa, al fine di farle “confessare le sue colpe” in relazione ad una discussione avuta con Sarti Paolo, consistite, a loro dire nel cattivo esempio che lei aveva dato, con il risultato che altre persone si stavano ribellando. Nella comunità il Forteto tra Vicchio e Dicomano, in un giorno della fine del settembre 2007. Con la recidiva specifica: per FIESOLI Rodolfo Luigi in ordine ai delitti di maltrattamenti e di violenza sessuale; per GOFFREDI Luigi in ordine al delitto di maltrattamenti.
Conclusioni delle parti:
Pubblico Ministero -per PIZZI Matteo: assoluzione ex art. 530 comma 2; -per FIESOLI Rodolfo Luigi: assoluzione per i capi b), i) in quanto assorbiti dai capi c) ed h) e assoluzione per il capo u) per intervenuta prescrizione. Per i restanti capi anni 21 di reclusione; -per GOFFREDI Luigi: anni 15 di reclusione; -per TARDANI Daniela: anni 15 di reclusione; -per SASSI Elisabetta: anni 10 mesi 10 di reclusione;
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-per SERNISSI Doriano: anni 10 mesi 10 di reclusione; -per SERPI Luigi: anni 11 di reclusione; -per BACCI Francesco, PEZZATI Stefano Paolo, ROMOLI Gianni, SARTI Stefano, SARTI Sauro Massimo, CONSORTI Mariella, TARDANI Francesca, TEMPESTINI Elena Maria, VANNUCCHI Mauro: anni 10 di reclusione; -per MONTORSI Silvano: anni 8 di reclusione; -per TURINI Andrea: anni 8 di reclusione; -per PREMOLI Domenico: anni 7 di reclusione; -per BOCCHINO Angela e GIORGI Marida: anni 3 mesi 6 di reclusione; -per LASCIALFARI Elena: anni 2 di reclusione;
Parti Civili: come da conclusioni scritte depositate all’udienza del 19.5.2015
Difese: -per BACCI Francesco, SARTI Stefano, TARDANI Daniela: assoluzione perché il fatto non sussiste o perché il fatto non costituisce reato; -per ROMOLI Gianni: assoluzione perché il fatto non sussiste o con altra formula di giustizia; -per MONTORSI Silvano e PREMOLI Domenico: assoluzione con la formula ritenuta di giustizia; -per SARTI Sauro Massimo: assoluzione perché il fatto non sussiste o per non aver commesso il fatto o con altra formula di giustizia; -per TURINI Andrea e LASCIALFARI Elena: assoluzione perché il fatto non sussiste o per non aver commesso il fatto; -per SERNISSI Doriano, SASSI Elisabetta: assoluzione perché il fatto non sussiste o non costituisce reato; -per PIZZI Matteo: assoluzione perché il fatto non sussiste; -per TARDANI Francesca: assoluzione con formula piena; -per BOCCHINO Maria Angela: assoluzione perché il fatto non sussiste o non costituisce reato o non previsto dalla legge come reato; -per CECCHERINI Marco: assoluzione con formula piena; -per GIORGI Marida: assoluzione con formula di giustizia;
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-per PEZZATI Stefano Paolo: assoluzione con formula di giustizia, quantomeno per non aver commesso il fatto ai sensi dell’art. 129 comma 2 c.p.p.; -per CONSORTI Mariella e GOFFREDI Luigi: assoluzione perché il fatto non sussiste; -per TEMPESTINI Elena Maria, VANNUCCHI Mauro, SERPI Luigi: assoluzione perché il fatto non sussiste; -per FIESOLI Rodolfo Luigi: assoluzione con formula di giustizia.
Svolgimento del processo
Con decreto 12 aprile 2013 il giudice dell'udienza preliminare disponeva il giudizio nei confronti di FIESOLI Rodolfo Luigi, BACCI Francesco, BOCCHINO Maria Angela, CECCHERINI Marco, CONSORTI Mariella, GIORGI Marida, GOFFREDI Luigi, LASCIALFARI Elena, MONTORSI Silvano, PEZZATI Stefano Paolo, PIZZI Matteo, PREMOLI Domenico, ROMOLI Gianni, SARTI Stefano, SARTI Sauro Massimo, SASSI Elisabetta, SERNISSI Doriano, SERPI Luigi, TARDANI Daniela, TARDANI Maria Francesca, TEMPESTINI Elena Maria, TURINI Andrea, VANNUCCHI Mauro imputati il FIESOLI dei delitti di violenza sessuale aggravata e continuata, violenza privata, maltrattamenti aggravati e continuati in danno di più persone (capi da <a> ad <u>); gli altri dei delitti di maltrattamenti aggravati contestati al capo v) della rubrica; BOCCHINO Angela, GIORGI Marida e SERPI Luigi, inoltre, del reato di sequestro di persona in concorso in danno di Fiesoli Donatella (capo m.1). All'udienza del 4 ottobre 2013, dichiarata la contumacia delle parti, le difese degli imputati sollevavano plurime eccezioni preliminari, attinenti alla nullità, diretta o derivata, del decreto dispositivo del giudizio e richieste di esclusione di parti civili, alle quali il pubblico ministero e le parti civili replicavano alla successiva udienza dell'11 ottobre 2013.
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Il tribunale si riservava di decidere e, all'udienza 14 ottobre 2013, pronunciava ordinanza, di seguito riportata nei punti essenziali, dichiarando: - la nullità dell’ordinanza 5.3.2013 dichiarativa della contumacia di BOCCHINO Maria Angela e CECCHERINI Marco, delle udienze successive e del decreto 2.5.2013 dispositivo del giudizio nei loro confronti, con restituzione degli atti al giudice dell’udienza preliminare del tribunale di Firenze; - la nullità dell’udienza preliminare 21.2.1013 nei confronti di SASSI Elisabetta, SERNISSI Doriano e TARDANI Maria Francesca, dell’ordinanza 5.3.2013 dichiarativa della loro contumacia, delle udienze successive e del decreto 2.5.2013 dispositivo del giudizio nei loro confronti; - l'esclusione dal processo della parte civile Fiorenza Nicola; - l’espunzione dal fascicolo del dibattimento del verbale di interrogatorio ex art. 294 c.p.p. dell’imputato FIESOLI Rodolfo Luigi e la sua restituzione al pubblico ministero, respingendo nel resto le eccezioni sollevate, con ordinanza di seguito riportata, nei suoi punti di maggior rilievo. All'udienza del 18 dicembre 2013, effettuata la riunione al processo principale di quello a carico di SASSI Elisabetta, SERNISSI Doriano e TARDANI Maria Francesca (nei cui confronti, nel frattempo, all’esito della celebrazione dell’udienza preliminare, era stato nuovamente disposto il decreto di rinvio a giudizio da parte del Gup di Firenze), respinte le questioni preliminari sollevate dal difensore, il tribunale ammetteva le prove orali richieste dalle parti, nei termini indicati con l'ordinanza allegata al verbale di udienza. L'istruttoria orale ha occupato le udienze del : → 10 gennaio 2014 [esame diretto del teste Pietracito da parte del pubblico ministero; spontanee dichiarazioni Sernissi]; → 20 e 21 gennaio 2014 [esame del teste Pietracito da parte delle parti civili e controesame delle difese degli imputati] ; → 22, 27 e 29 gennaio 2014 [deposizione Fiesoli Donatella e inizio deposizione Vannucchi Grazia]; → 29 e 31 gennaio 2014, 3 e 4 febbraio 2014 [deposizione Vannucchi Grazia]; → 4, 5 e 7 febbraio 2014 [deposizione Fiesoli Alessio ed inizio deposizione Pandolfini];
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→ 10 febbraio 2014 [deposizione Borgheresi Francesco e conclusione deposizione Pandolfini]; → 11 febbraio 2014 [prosecuzione deposizioni Borgheresi e Pandolfini]; → 14 febbraio 2014 [conclusione esame Pandolfini e deposizione Calamai Gino]; → 17 e 19 febbraio 2014 [conclusione deposizione Calamai ed esame Martinelli; inizio esame Benuzzi]; → 24 febbraio 2014 [conclusione esame Benuzzi]; → 26 febbraio e 3 marzo 2014 [esame Mameli Marco e inizio esame Corso]; → 4 e 5 marzo 2014 [esame Corso ed inizio esame Morozzi] → 10, 12 marzo 2014 [esame Vainella Valentina]; → 14 marzo 2014 [conclusione esame Sara Morozzi; esame Frateschi Marco]; → 17 marzo 2014 [esame Frateschi Martina e inizio deposizione Ceccherini Valentina]; → 18 marzo 2014 [esame Ceccherini Valentina] →19 marzo 2014 [conclusione esame Ceccherini ed esame Fascione Elisabetta] ; → 24 marzo 2014 [esame Debora Guillot]; → 26 marzo 2014 [esame Lara Volpi]; → 28 marzo 2014 [esame Max Fiesoli]; → 31 marzo 2014 [esame Paolo Zahami]; → 2 aprile 2014 [esame X]; → 11 aprile 2014 [conclusione esame Zahami; esame Biordi Nicoletta]; → 14 aprile 2014 [conclusione esame Biordi Nicoletta] → 15 aprile 2014 [esame Gronchi Manuel] → 16 aprile 2014 [conclusione esame Gronchi Manuel; esame Ceccherini Marco Junior] → 6 maggio 2014 [conclusione esame Ceccherini Marco Junior; esame Jonathan Bimonte] → 7 maggio 2014 [esame Jonathan Bimonte] → 9 maggio 2014 [esame Daidone Luigi]; → 12 maggio 2014 [inizio esame Giuseppe Aversa];
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→ 13 maggio 2014 [conclusione esame Giuseppe Aversa; esame Bianca Nannini]; → 14 maggio 2014 [esame Giada Pani]; → 21 maggio 2014 [esame Benvenuti Flavio e inizio esame Irene Bartolini]; → 23 maggio 2014 [esame Eris Fiorenza in audizione protetta]; → 26 maggio 2014 [incarico peritale dott. Luise per trascrizioni di registrazione audio e conclusione esame Bartolini Irene]; → 6 giugno 2014 [esame imputato BACCI Francesco]; → 10 giugno 2014 [esame imputati SARTI Stefano e PREMOLI Domenico]; → 11 giugno 2014 [conclusione esame imputato PREMOLI; esame imputato MONTORSI Silvano]; → 13 giugno 2014 [esame imputata CONSORTI Mariella e inizio esame imputato ROMOLI Gianni]; → 16 giugno 2014 [esame imputata BOCCHINO Grazia] → 17 giugno 2014 [conclusione esami imputati BOCCHINO e ROMOLI; inizio esame imputata SASSI Elisabetta]; → 20 giugno 2014 [conclusione esame imputata SASSI; esame imputata TARDANI Francesca]; → 23 giugno 2014 [conclusione esame imputata TARDANI; esame imputato PEZZATI Stefano]; → 25 giugno 2014 [esami imputati GIORGI Marida e TEMPESTINI Elena]; → 30 giugno 2014 [conclusione esame TEMPESTINI; esame imputato Mauro VANNUCCHI]; → 1 luglio 2014 [conclusione esame imputato PEZZATI Stefano; esame imputato Gianni ROMOLI ed esame imputato Mauro VANNUCCHI]; → 2 luglio 2014 [conclusione esame imputato Mauro VANNUCCHI; spontanee dichiarazioni ROMOLI ed inizio esame Luigi SERPI]; → 4 luglio 2014 [conclusione esame imputato SERPI; esame imputata TARDANI Daniela, inizio esame GOFFREDI Luigi]; → 7 luglio 2014 [conclusione esame imputata TARDANI Daniela e esame GOFFREDI Luigi]; → 8 luglio 2014 [conclusione esame imputato GOFFREDI Luigi].
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Il processo ha quindi subito una lunga interruzione a seguito dell’accoglimento, da parte della Corte di Appello di Firenze, di due istanze di ricusazione presentate dalla difesa dell’imputato FIESOLI Rodolfo Luigi nei confronti del presidente del Collegio, ancorchè all’evidenza inammissibili, provvedimento di cui ha fatto giustizia la Corte di Cassazione, annullandolo senza rinvio con sentenza 18.12.2014. L’istruttoria orale è ripresa nel febbraio 2015, con l’esame dei testi delle difese, alle seguenti udienze: → 6 febbraio 2015 [esame Alberto Bianco]; → 9 febbraio 2015 [esami Alessandro Paolozzo e Giovanna Leoncini]; → 11 e 19 febbraio 2015 [esame Leoncini; inizio esame Luna Bimonte]; → 20 febbraio 2015 [conclusione esame Luna Bimonte; ordinanza dispositiva del confronto tra i fratelli Bimonte, già esaminati]; → 23 febbraio 2015 [confronto Jonathan – Luna Bimonte; esame teste Romina Vainella]; → 25 febbraio 2015 [esame Sarnacchiaro Silvia e Vannucchi Benedetto]; → 26 febbraio 2015 [ conclusione esame Bendetto Vannucchi; esame Sonia Falugiani ed inizio esame Giancarlo Becagli]; → 2 marzo 2015 [conclusione esame Giancarlo Becagli; esame Venere Torre; inizio esame Agnese Marini]; →4 marzo 2015 [conclusione esame Agnese Marini; esame Paolo Bianchi e Lucia Bartolozzi; inizio esame Francesco Fiesoli]; → 5 marzo 2015 [conclusione esame Francesco Fiesoli; esame Elena Prati; inizio esame Mirco Goffredi]; → 16 marzo 2015 [conclusione esame Mirco Goffredi; esami Luciano Barbagli e Paola Di Mauro]; → 17 marzo 2015 [esami Andrea Sodi, maresciallo Gagliardo Fulvio ed inizio esame Johnny Daidone]; → 18 marzo 2015 [esami Johnny Daidone, Salvatore Daidone, Sonia Piccini e Stefano Morozzi]; → 23 marzo 2015 [ esame testi Elsia Giovacchini, Fabrizio Forti, Patrizia Zacchini e Rotini Francesco]; → 25 marzo 2015 [esame testi Emanuele Bimonte e Tiziana Scarpi]; → 26 marzo 2015 [esame Fiamma Tedesco, Cristina Maretto, Roberto Leonetti];
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→ 30 marzo 2015 [esame testi Benuzzi –richiamato dalla difesa FIESOLI- Camilla Pezzati e Goffredi Maria Elisa]; → 31 marzo 2015 [esame Sarti Paolo; esame perito Luise in merito alla perizia di trascrizione effettuata; ordinanza di revoca delle prove orali residue ai sensi dell’articolo 495 comma 4 c.p.p., con chiusura dell’istruttoria e dichioarazione di utlizzabilità degli atti contenuti nel fascicolo del dibattimento, con accordo tra le parti per un’udienza interlocutoria per completare le rispettive produzioni documentali]; → 14 aprile 2015 [ammissione delle prove documentali prodotte dalle parti con i limiti di cui all’ordinanza dettata a verbale]. Infine, udita la discussione delle parti (che ha occupato le udienze 15, 19, 25, 26 e 27 maggio 2015, 10, 11 e 12 giugno 2015) il tribunale, raccolte a verbale le rispettive conclusioni, all’udienza del 17 giugno 2015 ha pronunciato sentenza, dando lettura del dispositivo, indicando il maggior termine di 90 giorno per il deposito della motivazione della sentenza.
Motivi della decisione
I)Le questioni preliminari, pregiudiziali, di legittimità costituzionale e le eccezioni di nullità sollevate dalle difese degli imputati nella fase predibattimentale di cui all’articolo 491 c.p.p. .
All’esito delle moltiplici questioni preliminari sollevate dalle difese degli imputati, con ordinanza 14.10.2013 allegata a verbale, che è opportuno riportare e, in alcune parti, sviluppare, il tribunale ha dichiarato : 1)L’infondatezza dell’eccezione di nullità del decreto che dispone il giudizio derivante dalla nullità dell’intera udienza preliminare conseguente
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all’omessa declaratoria di contumacia degli imputati, regolarmente citati e non comparsi all’udienza 21.2.2013, terminata con il rinvio alla successiva udienza del 5 marzo 2013, soltanto all’esito della quale il Gup ha emesso la richiamata ordinanza. La questione, ampiamente dibattuta in dottrina e giurisprudenza, è mal posta e non ha dato luogo ad alcun profilo di nullità. Com’è noto l’istituto della contumacia, poi modificato dalla legge 67 del 2014, era funzionale a garantire il corretto avvio del processo una volta terminata la fase relativa alla verifica della regolare costituzione delle parti (art. 420 e ss. c.p.p. per l’udienza preliminare; art. 484 c.p.p. per la fase del giudizio) e l’instaurazione, con le stesse, di un corretto rapporto processuale . La giurisprudenza, sul punto, ha manifestato tre diversi orientamenti: - Un primo e più risalente, secondo il quale l’omissione della formale dichiarazione di contumacia, sussistendo le condizioni per celebrare il processo in assenza dell’imputato, non determina alcuna violazione del contraddittorio e non dà luogo a nullità della sentenza, in quanto non espressamente prevista dall’ordinamento e non riconducibile alle nullità di ordine generale “stante l’assenza di effetti pregiudizievoli in ordine all’intervento ed all’assistenza dell’imputato” (Cass. Pen., Sez. 5, 22.2.2005 n. 6487, Manna; nello stesso senso Sez. 5, 22.12.2005 n. 46857, D’Avanzo e altri; Sez. 4, 1.3.2005 n. 7656, Bertucca); - Un secondo, più rigido, in forza del quale la mancata comparizione in udienza dell'imputato senza che il giudice verifichi i presupposti per la dichiarazione di contumacia - limitandosi ad annotare nel verbale di udienza che l'imputato è "libero assente" – “costituisce un'anomalia che non consente di ritenere l'imputato rappresentato dal difensore, ex art. 420 quater, comma secondo, cod. proc. pen., con la conseguenza che il rinvio dell'udienza, conseguente all'accertato impedimento del difensore, implica necessariamente la nuova citazione non solo di quest'ultimo ma anche dell'imputato assente e che l'omessa rinnovazione dell'avviso a quest'ultimo determina una nullità assoluta” (così, da ultimo, Cass. Pen., Sez. 4, 22.12.2011 n. 47791, Cravana e altro; in termini Cass. Pen., sez. 1, 15.4.2009 n. 15814, Calandi); - Un terzo e più recente secondo il quale la mancata rinnovazione della citazione a giudizio all'imputato assente, che non abbia allegato alcun legittimo impedimento e del quale non sia stata dichiarata la contumacia, dà luogo ad una nullità di ordine generale a regime intermedio, che dunque il difensore deve eccepire appena
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possibile, come previsto dall’articolo dall'art. 182 comma 2 c.p.p. ossia, quando la parte vi assiste, prima del suo compimento ovvero immediatamente dopo (cfr. Cass. Pen., Sez. 5, 21.3.2013 n. 13283, Bucca). La questione dedotta trova una soluzione dalla semplice verifica del come si è articolata, nel corso di più giornate, l’udienza preliminare. Non si è trattato, infatti, come nei casi portati all’attenzione del Supremo Collegio, di un rinvio preliminare del processo ad udienza fissa; l’udienza preliminare, complessa per il numero di imputati, difensori e imputazioni e per lo straordinario numero di eccezioni preliminari sollevate, ha occupato nove udienze; in quella iniziale, del 21 febbraio 2013, deputata alla verifica della regolare costituzione delle parti -al pari di quanto accaduto in apertura della presente udienza dibattimentale, nella quale le difese degli imputati hanno formalmente richiesto al Collegio che si soprassedesse alla dichiarazione di contumacia, dovendo prima esporre e prospettare questioni di nullità attinenti proprio la vocatio in ius dei loro assistiti- il Gup non ha dichiarato la contumacia degli imputati non essendo terminato il contraddittorio delle parti su tali eccezioni; in detta udienza, infatti, si era reso necessario un rinvio, senza alcuna opposizione delle difese, per consentire ai pubblici ministeri di replicare alle numerose ed articolate questioni pregiudiziali sollevate che, a loro modo di vedere, avrebbero precluso l’instaurazione stessa dell’udienza preliminare, rendendo nulla la richiesta di rinvio a giudizio ed il successivo avviso di fissazione dell’udienza. Dunque, all’evidenza, si è di fronte ad una situazione affatto peculiare e diversa da quelle esaminate dalla Corte di Cassazione; una vicenda nella quale l’unitarietà dell’udienza preliminare deve essere affermata al di là della sua articolazione in più giornate e nella quale, correttamente, il Gup ha proceduto alla declaratoria di contumacia degli imputati soltanto all’esito del rigetto delle questioni pregiudiziali che l’avrebbero potuta precludere, senza che il rinvio dalla prima udienza alla successiva abbia determinato un vizio relativo alla vocatio in ius . Tuttavia il Collegio, che condivide e fa propria, ancorchè operante per situazioni diverse dalla presente, l’interpretazione “mediana” della Corte, che qualifica il fatto come nullità a regime intermedio, non pu non evidenziare come i difensori degli imputati, che hanno concorso a dare causa alla situazione poi sollevata come profilo di nullità, tutti presenti all’udienza del 5 marzo 2013,
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non abbiano eccepito alcunchè in ordine alla mancata notifica del verbale di udienza contenente il rinvio a quella data ai propri assistiti, sebbene ancora non formalmente dichiarati contumaci ed abbiano proseguito, per l’intera udienza, nella proposizione ed esposizione delle eccezioni di nullità della richiesta di rinvio a giudizio, sotto plurimi profili e che, parimenti, nessuna eccezione sia stata sollevata dopo la dichiarazione di contumacia e per l’intero svolgimento dell’udienza preliminare, fino alla sua conclusione il 2 maggio 2013, così incorrendo, comunque, nella decadenza di cui all’articolo 182 comma 2 c.p.p. . 2)L’infondatezza della questione di nullità del decreto dispositivo del giudizio conseguente alla nullità della notifica ai difensori dell’avviso di conclusione delle indagini di cui all’articolo 415 bis c.p.p., eseguita dai carabinieri della stazione di Vicchio, a ci delegati dal pubblico ministero, attraverso il sistema della posta elettronica certificata. La questione, ripresa da tutti i difensori, si articola su tre diversi profili: - si lamenta la violazione dell’articolo 151 comma 1 c.p.p., per l’utilizzo improprio della polizia giudiziaria - carabinieri di Vicchio- per la notifica dell’avviso conclusione indagini; - si lamenta, ancora, che i carabinieri in forza alla stazione di Vicchio non possano qualificarsi come polizia giudiziaria e non fossero organo comunque abilitato alla notifica di atti del procedimento; - si lamenta, infine, che la notifica effettuata a mezzo posta elettronica certificata sia modalità non consentita e non praticabile neppure per destinatari diversi dall’imputato, non rientrando tra quegli strumenti tecnici idonei a cui l’autorità giudiziaria procedente pu far ricorso. I primi due profili sono del tutto destituiti di fondamento: a norma dell’articolo 56 lett. c) c.p.p. le funzioni di polizia giudiziarie sono svolte da ufficiali ed agenti di pg appartenenti ad “altri organi cui la legge fa obbligo di compiere indagini a seguito di una notizia di reato”. Fuorviante è quindi il richiamo agli artt. 5 e 12 delle disposizioni di attuazione del c.p.p. in relazione alle sezioni ed ai servizi di p.g., organi contemplati dalle prime due ipotesi dell’articolo 55 c.p.p.; nel caso in esame è di tutta evidenza che i carabinieri della stazione di Vicchio, al pari di quelli appartenenti alle oltre 4800 stazioni dell’Arma territorialmente distribuite sul territorio dello Stato, abbiano l’obbligo di compiere indagini a seguito di una notitia criminis e svolgano quindi funzioni di polizia giudiziaria.
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Tanto premesso osserva il Collegio come, anche a seguito della modifica dell'art. 148 c.p.p., la polizia giudiziaria rimanga organo di notificazione, in alternativa all'ufficiale giudiziario, sebbene per ipotesi circoscritte e come, ove abbia provveduto a notificare un atto al di fuori della propria sfera di competenza, non si determini nè l'inesistenza della notificazione né un profilo di nullità della stessa; giova in tal senso ricordare che nel sistema processuale penale vigente le ipotesi di nullità sono tipiche e tassative e che, in relazione alla presente vicenda, in assenza della previsione espressa di siffatta sanzione, la nullità non sussiste e non è possibile, come invocato in modo pressochè automatico dai difensori, laddove una norma “sanzionatoria” non vi sia, far ricorso alla categoria delle nullità di ordine generale, come si trattasse di un contenitore dove immettere ogni forma di irregolarità procedimentale (cfr., in tal senso, Cass. Pen., sez. 3, 23.6.2009 n. 26110; nello stesso senso Sez. 1, n. 8324 del 28/02/06). Rispetto alla terza questione, relativa alle modalità della notifica ai difensori dell’avviso di conclusione delle indagini, il Collegio condivide integralmente le argomentazioni svolte dal giudice dell'udienza preliminare per sostenere la regolarità della notifica effettuata dai carabinieri di Vicchio a mezzo posta elettronica certificata. Non vi è dubbio, infatti, stante l'univoco disposto dell'articolo 148 comma 2 bis c.p.p., che l'A.G. possa disporre che l'esecuzione di notifiche o avvisi ai difensori vengano eseguiti attraverso "mezzi tecnici idonei" e con attestazione, da parte dell'organo notificante, della trasmissione del testo originale. La Corte di Cassazione, nell'affermare in successive, recenti pronunce, la validità della notificazione dell'avviso di conclusione delle indagini effettuata al difensore dell'imputato a mezzo telefax, senza la necessità di alcun provvedimento formale all'organo incaricato della esecuzione, ha con estrema chiarezza valorizzato il dato costituente la ratio della norma, assumendo che "le innovazioni tecniche che si susseguono in ogni ramo dell'attività pubblica .... consente perci la notificazione per via telematica o comunque tecnica quale il fax ai difensori delle parti, i quali, proprio per lo svolgimento della loro professione, sono normalmente attrezzati a riceverle" (così Cass. Pen., sez. III, 21.4.2006 n. 16512; nello stesso senso sez. III, 20.1.2011 n. 1787, Rv 249986 secondo la quale, testualmente: “che non esiste nell'ordinamento processuale alcuna norma ostativa alla notificazione a mezzo telefax dell'avviso di conclusione delle indagini al difensore e soprattutto che non è necessario a tali fini il presupposto -ritenuto dal giudice ostativo in quanto mancante- dell'urgenza. …. Il tenore della norma processuale è assolutamente chiaro in merito alle condizioni richieste per farsi luogo alla ed. notificazione telematica ai difensori, non essendo richiesta l'adozione di specifico decreto motivato ne', meno che mai, situazioni - quali quelle prospettate dal Tribunale - di urgenza ed occorrendo invece, l'attestazione da parte dell'Ufficio che ha inviato l'atto, di avere trasmesso il testo originale: attestazione che, ove mancante, da comunque luogo ad una mera irregolarità e non ad una causa di nullità”). Della questione, in modo puntuale ed approfondito ed in termini rispetto alla questione contestata, si sono occupate anche le Sezioni Unite della Corte di Cassazione che, con la sentenza 19.7.2011 n. 28451, Pedicone, hanno affermato: - come la disposizione di cui all’articolo 148 comma 2 bis c.p.p. , relativamente alle notifiche ai difensori, costituisca la fisiologica evoluzione, in relazione alla modificazione e diffusione dei mezzi tecnici di trasmissione degli atti intervenute nel corso del tempo, di quanto già previsto dall'art. 150 cod. proc. pen. fin dalla data di entrata in vigore del codice di rito, nel rispetto dell’articolo 2 comma 1 n. 9 della legge delega 81/87 la quale espressamente faceva richiamo alla necessità della “semplificazione del sistema delle notificazioni, con possibilità di adottare anche nuovi mezzi di comunicazione"; - che la collocazione sistematica della suddetta previsione in una disposizione di carattere generale determina che il ricorso a tale modalità costituisca, per le notificazioni o gli avvisi ai difensori, il sistema ordinario, generalizzato, alternativo all'impiego dell'ufficiale giudiziario o di chi ne esercita le funzioni (comma 1), purché sia assicurata l'idoneità del mezzo tecnico; - che, testualmente, “la mancata individuazione, in sede normativa, dei mezzi tecnici idonei ad assicurare la effettiva conoscenza dell'atto (cosiddetta norma aperta) è evidentemente legata all'esigenza di non rendere necessario il continuo aggiornamento legislativo degli strumenti utilizzabili, né in qualche modo obbligatorio il loro utilizzo, tenuto conto della evoluzione scientifica e dell'effettivo grado di diffusione di nuovi mezzi tecnici di trasmissione”. In tale sentenza la Corte ha preso in esame lo strumento “telefax” ed il suo meccanismo di funzionamento, per affermarne la natura di mezzo tecnico
Servizi Sociali indagati per falso ad Atti Pubblici e Abuso D'ufficio.
Il Pubblico Ministero mette a Giudizio 12 Istanze, le quali vengono presentate da 12 famiglie di Pontassieve.
-Tra il 15 Aprile 2013 e il 23 Luglio 2014, la Procura della Repubblica si è vista recapitare 12 Istanze da 12 famiglie diverse di Pontassieve, tutte sono per Falso ad Atti Pubblici, Abuso D'ufficio, e Violenze Psicologiche.
Ritenuto che siano tutte riferite alle stesse Assistenti Sociali, il Pubblico Ministero ha dovuto far altro che metterle a Giudizio, le famiglie sovra dichiarate hanno chiesto la punizione e i danni Psicologici, e di essere tutte presenti in aula come Test. Ora sarà il GIP a decidere se chiamare le famiglie come Test o non.
PROCESSO "FORTETO!!!".
QUESTE SONO ALCUNE DELLE 1040 PAGINE!!!
*N. 1619/11 R.G.N.R. N. 3267/2015 Reg. Sentenze del 17.06.2015 N. 15401/11 R.G. Gip Irrevocabile il _________________ N. ______________ Esecuzione Penale N. ____________________ Campione Penale
TRIBUNALE DI FIRENZE
Seconda Sezione Penale - Composizione Collegiale
REPUBBLICA - ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
Il Tribunale di Firenze in composizione- collegiale nelle persone dei giudici:
dott. Marco Bouchard Presidente.
dott. Matteo Zanobini Giudice
dott. Barbara Bilosi Giudice
ha pronunziato e pubblicato alla pubblica udienza del 17.06.2015, mediante lettura del dispositivo, la seguente
S E N T E N Z A
nei confronti di :
1)FIESOLI Rodolfo Luigi, nato a Prato il 11.11.1941 res. in frazione Orticaia, 13, Dicomano, con domicilio dichiarato in Via Nenni, Pelago -contumace- difeso d’ufficio dall' avv. Sara Angelucci del foro di Firenze.
2)BACCI Francesco, nato a Campi Bisenzio il 5.9.1957 res. in frazione Orticaia, 13, Dicomano -presente- difeso di fiducia dall'avv. Antonio Voce del foro di Firenze.
3)BOCCHINO Maria Angela, nata a Prato il 21.4.1954 res. in frazione Santa Lucia, 12, Dicomano –non comparsa, già presente- difesa di fiducia dagli avv.i Eriberto Rosso e Michele Verrucchi del foro di Firenze.
4)CECCHERINI Marco, nato a Prato il 23.5.1951 res. in frazione Santa Lucia, 12, Dicomano -contumace- difeso di fiducia dall'avv. Eriberto Rosso del foro di Firenze.
5)CONSORTI Mariella, nata a Prato il 18.7.1957 res. in frazione Orticaia, 14, Dicomano - non comparsa, già presente- difesa di fiducia dagli avv.i Simonetta Perrone Compagni e Luca Bisori del foro di Firenze.
6)GIORGI Marida, nata a Pieve Santo Stefano il 9.2.1960 res. in frazione Orticaia, 13, Dicomano - non comparsa, già presente- difesa di fiducia dall'avv. Andrea Nicolini del foro di Firenze.
7)GOFFREDI Luigi, nato a Porretta Terme il 8.4.1952 res. in frazione Orticaia, 14, Dicomano –presente- difeso di fiducia dagli avv.i Simonetta Perrone Compagni e Luca Bisori del foro di Firenze.
8)LASCIALFARI Elena, nata a Dicomano il 30.6.1954 res. in frazione Orticaia, 14, Dicomano – non comparsa, già presente- difesa di fiducia dall'avv. Rosa Todisco del foro di Firenze.
9)MONTORSI Silvano, nato a Vignola il 1.7.1953 res. in frazione Rossoio, 6, Vicchio -presente- difeso di fiducia dagli avv.i Luca Bisori e Valeria Valignani del foro di Firenze.
10)PEZZATI Stefano Paolo, nato a Prato il 1.1.1958 res. in frazione Orticaia, 13, Dicomano –presente - difeso di fiducia dall’avv. Pier Matteo Lucibello del foro di Firenze.
11)PIZZI Matteo, nato a Bologna il 17.5.1989 res. in frazione Orticaia, 13, Dicomano -non comparso, già presente- difeso di fiducia dall'avv. Massimiliano Palena del foro di Firenze.
12) PREMOLI Domenico, nato a Crema il 11.12.1959 res. in frazione Orticaia, 14, Dicomano -presente- difeso di fiducia dagli avv.i Luca Bisori e Valeria Valignani del foro di Firenze.
13)ROMOLI Gianni, nato a Signa il 24.6.1959 res. in frazione Orticaia, 13, Dicomano -presente- difeso di fiducia dall'avv. Michele Cieri del foro di Firenze.
14)SARTI Stefano, nato a Prato il 27.09.1959 res. in frazione Orticaia, 13, Dicomano -presente- difeso di fiducia dall'avv. Antonio Voce del foro di Firenze.
15)SARTI Sauro Massimo, nato a Prato il 21.1.1958 res. in frazione Orticaia, 13, Dicomano - non comparso, già presente- difeso di fiducia dagli avv.i Luca Bisori e Valeria Valignani del foro di Firenze.
16)SASSI Elisabetta, nata a Prato il 27.9.1960 res. in frazione Orticaia, 17, Dicomano -presente- difesa di fiducia dall'avv. Massimiliano Palena del foro di Firenze.
17)SERNISSI Doriano, nato a Campi Bisenzio il 6.10.1956 res. in frazione Orticaia, 17, Dicomano - non comparso, già presente- difeso di fiducia dall'avv. Massimiliano Palena del foro di Firenze.
18)SERPI Luigi, nato a Pagani il 11.10.1961 res. in frazione Orticaia, 13, Dicomano - non comparso, già presente- difeso di fiducia dall'avv. Vincenzo De Franco del foro di Firenze.
19)TARDANI Daniela, nata a Firenze il 5.5.1956 res. in frazione Orticaia, 15, Dicomano -presente- difesa di fiducia dall'avv. Antonio Voce del foro di Firenze.
20)TARDANI Maria Francesca, nata a Firenze il 20.12.1959 res. in frazione Orticaia, 13, Dicomano -presente- difesa di fiducia dall'avv. Massimiliano Palena del foro di Firenze.
21)TEMPESTINI Elena Maria, nata a Prato il 21.5.1958 res. in frazione Orticaia, 17, Dicomano - non comparsa, già presente- difesa di fiducia dall'avv. Vincenzo De Franco del foro di Firenze.
22)TURINI Andrea, nato a Certaldo il 5.3.1955 res. in frazione Orticaia n. 14 a Dicomano - non comparso, già presente-, difeso di fiducia dall'avv. Rosa Todisco del foro di Firenze.
23)VANNUCCHI Mauro, nato a Prato il 07.11.1957 res. in frazione Orticaia, 17, Dicomano -presente- difesa di fiducia dall'avv. Vincenzo De Franco del foro di Firenze.
IMPUTATI
FIESOLI Rodolfo Luigi
a)del delitto di cui agli artt. 609 bis, comma 1, e 61 n. 9 c.p., perché, con comportamento insidiosamente rapido consistito nell’abbracciarlo con forza e nel farlo cadere sul letto della sua camera e comunque abusando dell’autorità di capo “spirituale” della comunità il Forteto, costringeva Aversa Giuseppe (nato il 16.07.87), a subire atti sessuali quali toccamenti sulla coscia, baci sulle guance e un bacio in bocca, dicendogli nel mentre, “tutti dobbiamo liberarci dalla nostra materialità, questo è affetto puro, vero amore”. Nella comunità il Forteto tra Vicchio e Dicomano in un giorno di dicembre prima del Natale 2008;
b)del delitto di cui agli artt. 610 e 61 n. 2 e 9 c.p., perché, al fine di eseguire il delitto di cui al capo a), con violenza consistita nell’abbracciarlo con forza e nel farlo sedere sul letto e nel chiudere a chiave la porta della camera dove si trovava Aversa Giuseppe, ne impediva il libero movimento. Nella comunità il Forteto tra Vicchio e Dicomano in un giorno di dicembre prima del Natale 2008;
c)del delitto di cui agli artt. 110, 112, 572 e 61 n. 9 c.p., perché, in concorso con le persone indicate nel capo di imputazione di cui alle lett. v) e a.1), nella qualità di incontrastato capo “spirituale”, responsabile e fondatore della comunità il Forteto, maltrattava Aversa Giuseppe, entrato in comunità nel settembre del 1997 all’età di dieci anni, e, nonostante l'affidamento formale a Calamai Gino e Giorgi Marida, sottoposto alla sua autorità e comunque a lui affidato per ragioni di educazione, istruzione, cura, vigilanza e custodia, infliggendogli sofferenze e costrizioni psicologiche, nonché limitandone la libertà di autodeterminarsi e di operare le proprie scelte di vita attraverso l’imposizione di rigide regole di vita e di comportamento, dallo stesso create, all’interno della comunità, consistite:
1.nello svalutare e denigrare la famiglia di origine considerandola limitante per la crescita individuale, nell’impedirne o comunque limitarne i contatti, al fine di fare cessare ogni legame affettivo con la voluta conseguenza di proporsi come unico modello di riferimento all’interno della comunità: in particolare Fiesoli R.L. ritardava e ostacolava gli incontri di Aversa Giuseppe con la madre Scozzari Dolorata, programmati dal Tribunale dei Minorenni di Firenze con provvedimento del 9 settembre 1997, tanto che la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, cui la Scozzari si era rivolta, con sentenza del 13 luglio 2000, condannava il Governo Italiano a pagarle la somma di 100 milioni di lire; inoltre, con azione metodica e ossessiva convinceva e faceva convincere, servendosi di altri appartenenti alla comunità, Aversa Giuseppe che la madre Scozzari Dolorata lo aveva venduto alla persona che lo aveva abusato sessualmente quando aveva dieci anni (per questi fatti v. sentenza di condanna di Langella Maurizio e Scovazzo Antonino del Gip di Firenze in data 2.12.1997 e dispositivo di sentenza Corte di Appello di Firenze in data 16.6.1998 irrevocabile il 16.9.1998) e lo gratificava quando, di ritorno dalla testimonianza al processo, diceva che aveva accusato la madre, e ancora cercava, anche per mezzo di altre persone, di svalutare la figura di Aversa Giuseppe agli occhi del fratello minore Samuele;
2.nell’imporre la separazione degli uomini dalle donne, anche se legati da vincoli affettivi e uniti in matrimonio;
3.nella pratica dell’omosessualità, intesa quale mezzo per risolvere i problemi sessuali dell’infanzia dovuti all’omosessualità latente e nella predicazione della inferiorità delle donne rispetto agli uomini perché “impure e puttane”; 4.nell’imporre, nelle obbligatorie riunioni collettive serali, la pratica dei c.d. “chiarimenti”, consistenti nella violenza psicologica a fare ammettere l’infrazione delle regole di vita della comunità, anche con punizioni corporali e/ o isolamento in una stanza, con la conseguente esaltazione della condotta riparatoria o, in caso di persistenza del rifiuto ad accettare le sue decisioni e gli indirizzi di pensiero o di condotta della comunità, della conseguente disapprovazione, emarginazione e isolamento dal gruppo, attuati con pesanti ingiurie e denigrazione della persona anche dal Fiesoli R. L., il quale, con il ricorso ossessivo a questa pratica, attraverso il sistema della successiva approvazione o disapprovazione dei comportamenti, generava nei membri della comunità, oltre che un sentimento di colpevolizzazione, anche una condizione di sudditanza e soggezione psicologica utilizzata per il controllo e la gestione della persona, nonché l’assoggettamento a lui stesso e al suo sistema comunitario: in particolare l’Aversa Giuseppe, dopo che aveva subìto i chiarimenti, a volte veniva costretto a stare seduto a mensa, a testa bassa, per interi pomeriggi;
5.nel vietare rapporti con persone all’esterno della comunità, sostenendo che tutto quello che era fuori non era buono; 6.nell’imporre la permanenza all’interno della comunità, anche se un appartenente decideva, al compimento del diciottesimo anno, di trovare lavoro all’esterno o di iscriversi all’Università: in particolare l’Aversa Giuseppe, intorno all’anno 2008 (come precisato all’udienza del 12.5.2014) veniva fortemente disapprovato dal Fiesoli R. L. per la scelta di fare domanda per entrare nella Polizia di Stato, al punto da guadagnarsi l’isolamento da parte di tutta la comunità e l’epiteto di “traditore”; 7.nel vietare i rapporti eterosessuali: in particolare Fiesoli R.L., nell’anno 2009, cercava di convincere, anche a mezzo di altri membri della comunità, la fidanzata Bartolini Irene a non avere rapporti sessuali con l’Aversa Giuseppe, anche sostenendo falsamente di avere avuto da quella la confidenza che non la soddisfacevano;
8.nel costringere Aversa Giuseppe a subire gli atti sessuali di cui al capo a), abusando dell’autorità di capo “spirituale” della comunità, e successivamente dicendo ad Aversa Giuseppe che voleva affrontare l’argomento, che aveva un sacco di problemi psicologici che non voleva risolvere, che non si fidava di nessuno, che era maligno, tutto sua madre e che dopo tutto quello che aveva fatto per lui era una testa di cazzo e uno stronzo a criticarlo.
Con le aggravanti di avere commesso i fatti di cui ai capi a), b) e c) con abuso dei poteri e con violazione dei doveri inerenti a un pubblico servizio, essendo la comunità preposta all’affido di minori e i fatti di cui al capo c) in concorso con più di cinque persone. Nella comunità il Forteto tra Vicchio e Dicomano dal 1997 sino al settembre 2009;
d)del delitto di cui agli artt. 81 cpv., 609 bis commi 1 e 2 n.1 e 61 n. 9 c.p., perché, con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, con minaccia psichica, quando si rifiutava di avere rapporti sessuali con lui, consistita nel denigrarlo agli occhi dei componenti la comunità il Forteto e dei suoi genitori affidatari di fatto Tardani Francesca e Serpi Luigi, rendendogli così la vita impossibile con tutti e con abuso di autorità derivante dalla sua qualità di tutore, come da provvedimento del Pretore di Pontassieve in data 10.3.1992, e comunque di affidatario di fatto dal compimento del 18° anno di età, e abusando della condizione di inferiorità psichica determinata dalla soggiogante autorità di capo “spirituale” della comunità e dai maltrattamenti di cui al capo che segue, costringeva e induceva Mameli Marco (n. 18.11.1976), a subire atti sessuali consistiti a volte nell’infilargli un dito nell’ano e in abituali e reiterati coiti anali e orali, sin dal suo ingresso in comunità avvenuto nell’anno 1991, all’età di quattordici anni, sino al maggio 2010. Nella comunità il Forteto tra Vicchio e Dicomano sino al maggio 2010;
e)del delitto di cui agli artt. 110, 112, 572 e 61 n. 9 c.p., perché, in concorso con le persone indicate nel capo di imputazione di cui alle lett. v) e h.1), nella qualità di incontrastato capo “spirituale” e responsabile della comunità il Forteto, maltrattava Mameli Marco, entrato in comunità nel 1991, all’età di 14 anni, e, nonostante l'affidamento formale a Fiesoli R.L. e Castellucci Licia, sottoposto alla sua autorità, anche quale suo tutore, come da provvedimento del Pretore di Pontassieve in data 10.3.1992 e comunque a lui affidato, quale membro della comunità per ragioni di educazione, istruzione, cura, vigilanza e custodia, infliggendogli sofferenze fisiche e costrizioni psicologiche, consistite:
1.nell’imporre la separazione tra uomini e donne anche se legati da vincoli affettivi e sposati e nel vietare i rapporti eterosessuali: in particolare Fiesoli R.L. impediva a Mameli Marco di dormire insieme con la moglie Ceccherini Valentina, pur essendosi con lei sposato nell’anno 2006; 2.nel costringere, abusando della propria autorità di capo “spirituale” della comunità, il Mameli Marco a subire abituali e reiterati rapporti sessuali, consistiti in coiti orali e anali, dicendogli che gli levava la materialità di dosso e che gli dava un aiuto spirituale, sin dall’ ingresso in comunità avvenuto nell’anno 1991, quando aveva quattordici anni e sino al maggio 2010; 3.nel denigrare la persona del Mameli Marco agli occhi dei componenti della comunità e dei suoi genitori affidatari di fatto Tardani Francesca e Serpi Luigi, nel caso di rifiuto ai rapporti sessuali, rendendogli perci la vita impossibile con tutti;
4.nel denigrare il Mameli Marco agli occhi della moglie, per i motivi di cui sopra, al punto che era indotto a pensare che gliela avrebbe fatta perdere; 5.nel fare opera di “terrorismo psicologico”, per i motivi di cui sopra, al punto che il Mameli Marco era indotto a pensare che il Fiesoli R.L. l’avrebbe cacciato dalla comunità, dove il predetto svolgeva l’attività lavorativa, sua unica fonte di sostentamento; nonché limitandone la libertà di autodeterminarsi e di operare le proprie scelte di vita attraverso l’imposizione di rigide regole di vita e di comportamento, dallo stesso create, all’interno della comunità consistite: 6.nell’indurre i ragazzi, uomini e donne, ad avere rapporti omosessuali; 7.nello svalutare e denigrare le famiglie di origine considerandole limitanti per la crescita individuale, nell’impedirne o comunque limitarne i contatti, al fine di far cessare ogni legame affettivo con la voluta conseguenza di proporsi come unico modello di riferimento all’interno della comunità; 8.nel fare ammettere e confessare, a mezzo di continue violenze psicologiche e punizioni anche corporali, inesistenti fantasie sessuali verso terzi e anche nei confronti dei genitori e dei parenti: in particolare Fiesoli R.L. chiedeva spesso a Mameli Marco se aveva avuto rapporti sessuali con la madre, perché aveva saputo che in casa succedevano delle maialate;
9.nella pratica dell’omosessualità, intesa quale mezzo per risolvere i problemi sessuali dell’infanzia dovuti all’omosessualità latente e nella predicazione della inferiorità delle donne rispetto agli uomini perché “impure e puttane”;
10.nell’imporre, nelle obbligatorie riunioni collettive serali, la pratica dei c.d. “chiarimenti”, consistenti nella violenza psicologica a far ammettere l’infrazione delle regole di vita della comunità, anche con punizioni corporali e/ o isolamento in una stanza, con la conseguente esaltazione della condotta riparatoria o, in caso di persistenza del rifiuto ad accettare le sue decisioni o gli indirizzi di pensiero della comunità, della conseguente disapprovazione, emarginazione e isolamento dal gruppo, attuati anche personalmente con pesanti ingiurie e denigrazione della persona dal Fiesoli il quale, con il ricorso ossessivo alla pratica dei chiarimenti, attraverso il sistema della approvazione o disapprovazione dei comportamenti, generava nei membri della comunità, oltre che un sentimento di colpevolizzazione, anche una condizione di sudditanza e soggezione psicologica che era utile per il controllo e la gestione della persona, nonché l’assoggettamento a lui stesso e al suo sistema di vita comunitario. Con le aggravanti di avere commesso i fatti di cui ai capi d), ed e) con abuso dei poteri e con violazione dei doveri inerenti a un pubblico servizio, essendo la comunità preposta all’affido di minori e i fatti di cui al capo e) in concorso con più di cinque persone. Nella comunità il Forteto sino al maggio 2010;
f)del delitto di cui agli artt. 81 cpv., 609 bis commi 1 e 2 n.1 e 61 n.9 c.p., perché, con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, con abuso di autorità quale responsabile della comunità il Forteto e abusando della condizione di inferiorità psichica determinata dalla soggiogante autorità di capo “spirituale” della stessa e dai maltrattamenti di cui al capo che segue, costringeva e induceva Fiorenza Eris (nato il 6.9.1990), a subire baci sulle labbra, baci in bocca, toccamenti sull’ano e all’interno e a compiere toccamenti sul suo pene, dall’età di 14 anni sino all’anno 2009, dicendogli nel contempo, “non essere timido, ti tolgo tutta la merda che hai subìto, ti do il bene”. Nella comunità il Forteto tra Vicchio e Dicomano dal 2004 sino all’anno 2009;
g)del delitto di cui agli artt. 110, 112, 572 e 61 n. 9 c.p., perché, in concorso con le persone indicate al capo di imputazione di cui alla lett. v), nella qualità di incontrastato capo “spirituale” della comunità il Forteto, maltrattava Fiorenza Eris, entrato in comunità nel 2003 all’età di tredici anni e, nonostante l'affidamento formale a Sassi Elisabetta e Sernissi Doriano, sottoposto alla sua autorità o comunque a lui affidato per ragioni di educazione, istruzione, cura, vigilanza e custodia, infliggendogli sofferenze fisiche e costrizioni psicologiche consistite nel costringere Fiorenza Eris a compiere e a subire gli atti sessuali di cui al capo che precede, dall’età di 14 anni sino all’anno 2009, sostenendo, in tal modo, “di levargli tutta la merda che aveva subìto”, nonché limitandone la libertà di autodeterminarsi e di operare le proprie scelte di vita, attraverso l’imposizione di rigide regole di vita e di comportamento dallo stesso create, all’interno della comunità consistite: 1.nell’imporre la separazione tra uomini e donne all’interno della comunità; 2.nell’indurre i ragazzi, uomini e donne, ad avere rapporti omosessuali; 3.nello svalutare e denigrare le famiglie di origine considerandole limitanti per la crescita individuale: in particolare Fiesoli R. L. induceva Fiorenza Eris a dire che il padre lo portava da degli uomini a Firenze per farlo prostituire e gli chiedeva se quegli uomini gli portavano regali e se anche il fratello Gabriele aveva subìto le stesse cose; Fiesoli R.L. inoltre separava Eris dal fratello Gabriele, facendo affidare quest’ultimo a Marika Corso e Francesco Fiesoli;
4.nell’imporre, nelle obbligatorie riunioni serali, la pratica dei c.d. “chiarimenti”, consistenti nella violenza psicologica a far ammettere l’infrazione delle regole di vita della comunità, anche con punizioni corporali e/ o isolamento in una stanza, con la conseguente esaltazione della condotta riparatoria o, in caso di persistenza del rifiuto ad accettare le sue decisioni o gli indirizzi di pensiero o di condotta della comunità, della conseguente disapprovazione, emarginazione e isolamento dal gruppo, attuati con pesanti ingiurie e denigrazione della persona anche dal Fiesoli R. L., il quale con il ricorso ossessivo a questa pratica, attraverso il sistema della successiva approvazione o disapprovazione dei comportamenti, generava nei membri della comunità, oltre che un sentimento di colpevolizzazione, anche una condizione di sudditanza e soggezione psicologica utilizzata per il controllo e la gestione della persona, nonché l’assoggettamento a lui stesso e al suo sistema di vita comunitario.
Con le aggravanti di avere commesso i fatti di cui ai capi f) e g) con abuso dei poteri e con violazione dei doveri inerenti a un pubblico servizio, essendo la comunità preposta all’affido di minori e i fatti di cui al capo g) in concorso con più di cinque persone. Nella comunità il Forteto tra Vicchio e Dicomano sino all’anno 2009;
h)del delitto di cui all’art. 609 bis e 61 n.9 c.p., perché, con violenza consistita anche nell’approfittare dello stato di diminuita resistenza derivata dall’ autorità di capo “spirituale” della comunità il Forteto e dai maltrattamenti di cui al capo che segue, costringeva Bimonte Jonathan (nato il 6.03.1989), a subire atti sessuali consistiti in toccamenti delle mani, delle gambe e dell’organo genitale, dicendogli, nel contempo, che “doveva fidarsi di lui, sbloccarsi del peso delle violenze del padre, che gli voleva bene, che era innamorato di lui come di tutti i ragazzi del Forteto che per lui erano come dei figli” e, al rifiuto di Jonathan di proseguire , che era “un pezzo di merda”. Nella comunità il Forteto tra Vicchio e Dicomano in un giorno di fine novembre dell’anno 2007;
i)del delitto di cui all’art. 610 e 61 n. 9 c.p., perché, immediatamente dopo i fatti di cui al capo che precede, sempre nella qualità di capo “spirituale” della comunità il Forteto, dicendo a Bimonte Jonathan che non doveva più andare alla villa a mangiare con gli altri, che non si doveva più presentare in comunità, perché, se lo avesse visto, l’avrebbe pagata cara, costringeva il predetto a omettere tali comportamenti. Nella comunità il Forteto da un giorno di fine novembre 2007 al febbraio 2008;
j)del delitto di cui agli artt. 110, 112, 572 e 61 n. 9 c.p., perché, in concorso con le persone indicate al capo di imputazione di cui alle lett. v) e b.1), nella qualità di incontrastato capo “spirituale” della comunità il Forteto, maltrattava Bimonte Jonathan, entrato in comunità nell’agosto del 1996, all’età di sette anni, e, nonostante l'affidamento formale a Montorsi Silvano e Fiesoli Donatella, sottoposto alla sua autorità o comunque a lui affidato per ragioni di educazione, istruzione, cura, vigilanza e custodia, infliggendogli sofferenze e costrizioni psicologiche, nonché limitandone la libertà di autodeterminarsi e di operare le proprie scelte di vita, attraverso l’imposizione di rigide regole di vita e di comportamento, dallo stesso create, all’interno della comunità consistite: 1.nell’imporre la separazione tra uomini e donne all’interno della comunità; 2.nello svalutare e denigrare le famiglie di origine considerandole limitanti per la crescita individuale, nell’impedirne o comunque limitarne i contatti, al fine di far cessare ogni legame affettivo con la voluta conseguenza di proporsi come unico modello di riferimento all’interno della comunità: in particolare Fiesoli R.L. impediva a Bimonte Jonathan di aver contatti con il padre e costringeva lo stesso, a mezzo di continue violenze psicologiche, ad ammettere che il padre aveva fatto dei filmini pornografici in cui lui e i fratelli Emanuele, Christofer e Luna venivano ritratti nudi mentre imitavano atti sessuali, convincendolo che doveva odiare i genitori e i nonni e dicendogli che la madre era una maiala perché faceva la prostituta e che il padre era un criminale; Fiesoli R.L. inoltre separava Jonathan dai fratelli Manuel, Cristhofer e Luna, facendoli affidare ad altre distinte famiglie funzionali; 3.nel vietare i rapporti eterosessuali: in particolare Fiesoli R.L. diceva a Bimonte Jonathan, che frequentava, all’età di tredici anni, una ragazzina, che lo faceva per convincersi che non era omosessuale, come in realtà era, per quello che aveva subìto dal padre;
4.nell’indurre i ragazzi e le ragazze della comunità ad avere rapporti omosessuali e comunque a far ammettere a mezzo di continue violenze psicologiche inesistenti fantasie sessuali verso terzi: in particolare Fiesoli R.L. diceva a Bimonte Jonathan, quando aveva circa dieci anni, che si era toccato con Gronchi Manuel e Bianco Alberto, solo perché avevano voluto dormire insieme una notte insieme, ed egli ammetteva la circostanza per evitare la tortura del “chiarimento”; 5.nell’imporre, nelle obbligatorie riunioni collettive serali, la pratica dei c.d. “chiarimenti”, consistenti nella violenza psicologica a far ammettere l’infrazione delle regole di vita della comunità, anche con punizioni corporali e/ o isolamento in una stanza, con la conseguente esaltazione della condotta riparatoria o, in caso di persistenza del rifiuto ad accettare le sue decisioni o gli indirizzi di pensiero della comunità, della conseguente disapprovazione, emarginazione e isolamento dal gruppo, attuati con pesanti ingiurie e denigrazione della persona anche da Fiesoli R.L., il quale, con il ricorso ossessivo a questa pratica, attraverso il sistema della approvazione o disapprovazione dei comportamenti, generava nei membri della comunità, oltre che un sentimento di colpevolizzazione, anche una condizione di sudditanza e soggezione psicologica utile per il controllo e la gestione della persona, nonché l’assoggettamento a lui stesso e al suo sistema di vita comunitario: in particolare Bimonte Jonathan veniva costretto ad ammettere che era un maiale, perché una ragazzina di fuori lo veniva a trovare nella comunità e veniva picchiato solo perché le parlava; inoltre Fiesoli R.L. costringeva Bimonte Jonathan a fare lavori domestici per quattro ore al giorno e durante il periodo delle vacanze estive a lavorare anche come operaio, dall’età di otto anni e senza alcuna protezione, tanto che in un’occasione si feriva alla mano destra nel tagliare le tegole di un tetto. Con le aggravanti di avere commesso i fatti di cui ai capi h) i) e j) con abuso dei poteri e con violazione dei doveri inerenti a un pubblico servizio, essendo la comunità preposta all’affido di minori e i fatti di cui al capo j) in concorso con più di cinque persone. Nella comunità il Forteto tra Vicchio e Dicomano sino al febbraio 2008;
k)(come modificato dal pubblico ministero all’udienza del 16.4.2014) del delitto di cui agli artt. 81 cpv., 609 octies con riferimento agli artt. 609 bis commi 1 e 2 n. 1 e 61 n. 9 c.p., perché, in concorso fra di loro con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, in temi diversi e successivi, con abuso di autorità il Fiesoli Rodolfo quale responsabile della comunità il Forteto e Tardani Daniela quale genitore affidatario di Manuel Gronchi, abusando rispettivamente della condizione di inferiorità psichica determinata dalla soggiogante autorità di capo “spirituale” della comunità il Forteto, e dalla sua qualità di affidataria, nonché dai maltrattamenti di cui ai capi l) e v), costringeva e induceva Gronchi Manuel (nato il 22.03.1984), dall’età di diciotto anni in poi, a subire atti sessuali – agiti materialmente dal Fiesoli Rodolfo nel mentre Daniela Tardani vi assistenza dipo aver accompagnato ed indotto Manuel Gronchi nella camera da letto del Fiesoli – quali baci in bocca, leccate del collo, palpeggiamenti del sedere inserendo la mano dentro i pantaloni, svolti nel mentre il Fiesoli Rodolfo si ciucciava e si odorava le dita con godimento, palpeggiamenti dell’organo genitale da sopra i pantaloni, costrizioni a toccare il suo membro da sopra i pantaloni, dicendogli una volta “ti farei tutto”, “guarda che culo bello che tu hai” e, in genere, “che le donne erano tutte puttane, che bisognava stare tra loro uomini e che il bene che gli voleva era un bene puro”. Nella comunità il Forteto, Vicchio – Dicomano, dall’anno 2003 sino all’anno 2005;
l)del delitto di cui agli artt. 110, 112, 572 e 61 n. 9 c.p., perché, in concorso con le persone indicate al capo di imputazione di cui alle lett. v) e g.1), nella qualità di incontrastato capo “spirituale” e responsabile della comunità il Forteto, maltrattava Gronchi Manuel, entrato in comunità nel 1989 all’età di cinque anni, e, nonostante l'affidamento formale a Sarti Stefano e Tardani Francesca, sottoposto alla sua autorità e comunque a lui affidato per ragioni di educazione, istruzione, cura, vigilanza e custodia, infliggendogli sofferenze fisiche e costrizioni psicologiche consistite nel costringerlo a subire gli atti sessuali descritti al capo precedente, dall’età di diciotto anni sino all’inverno del 2009, nonché limitandone la libertà di autodeterminarsi e di operare le proprie scelte di vita attraverso l’imposizione di rigide regole di vita e di comportamento, dallo stesso create, all’interno della comunità, consistite:
1.nello svalutare e denigrare le famiglie di origine considerandole limitanti per la crescita individuale, nell’impedirne o comunque limitarne i contatti, al fine di far cessare ogni legame affettivo con la voluta conseguenza di proporsi come unico modello di riferimento all’interno della comunità: in particolare Gronchi Manuel, ogni volta che andava a trovarlo la mamma, dall’età di cinque anni sino a diciotto, veniva sottoposto a un lavaggio del cervello perché doveva ammettere che non gli voleva bene e che anche lei lo aveva abbandonato e solo nel 2009, all’uscita dalla comunità apprendeva dalla Vannucchi Grazia che il padre, quando aveva compiuto diciotto anni era andato a trovarlo, ma nessuno glielo aveva detto; Fiesoli R.L. sosteneva che qualsiasi comportamento era da ricondurre alle esperienze passate in famiglia per quello che aveva sofferto, perché i genitori o comunque i parenti non gli avevano voluto bene e che la madre era una puttana;
2.nell’imporre, nelle obbligatorie riunioni collettive serali, la pratica dei c.d. “chiarimenti”, consistenti nella violenza psicologica a far ammettere l’infrazione delle regole di vita della comunità, anche con punizioni corporali e/ o isolamento in una stanza, con la conseguente esaltazione della condotta riparatoria o, in caso di persistenza del rifiuto ad accettare le sue decisioni o gli indirizzi di pensiero della comunità, della conseguente disapprovazione, emarginazione e isolamento dal gruppo, attuati con pesanti ingiurie e denigrazione della persona anche dal Fiesoli R. L., il quale con il ricorso ossessivo a questa pratica, attraverso il sistema della successiva approvazione o disapprovazione dei comportamenti, generava nei membri della comunità, oltre che un sentimento di colpevolizzazione, anche una condizione di sudditanza e soggezione psicologica utilizzata per il controllo e la gestione della persona, nonché l’assoggettamento a lui stesso e al suo sistema di vita comunitario: in particolare Gronchi Manuel veniva costretto a “chiarire” in continuazione comportamenti della vita quotidiana, perfettamente normali, quali non riuscire a giocare al lego, non voler mangiare, avere un piccolo litigio con altro bambino, essere troppo bianco in viso, rispondere male a qualcuno, anche in forma di punizione, che consisteva nello stare in piedi per delle ore in una stanza o nel venire picchiati dai genitori affidatari Tardani Daniela e Sarti Stefano, sino a che non diceva o non ammetteva quello che volevano sentirsi dire, collegando ogni suo malessere ai genitori naturali che dovevano essere meritevoli di disprezzo; 3.nell’imporre la separazione degli uomini dalle donne, anche se legati da vincoli affettivi e sposati, nel vietare i rapporti eterosessuali e nell’indurre i ragazzi e le ragazze ad avere rapporti omosessuali tra loro, in quanto, secondo Fiesoli R.L., tutti sono omosessuali, le donne sono tutte maiale e puttane e gli uomini devono stare con gli uomini;
4.nell’imporre la permanenza all’interno della comunità o comunque nell’impedire contatti esterni dicendo Fiesoli R. L. o facendo dire dai genitori affidatari “cosa vai a cercare fuori, gli amici ce li hai qui”. Inoltre, quando finivano le scuole, a partire dai sei e fino ai dieci anni, Gronchi Manuel veniva costretto a rifare i letti e le camere della villa, portare la colazione in camera al Fiesoli R.L., e d’inverno a lavorare al caseificio con sveglia alle ore 5 e 30. Con le aggravanti di avere commesso i fatti di cui ai capi k) e l) con abuso dei poteri e con violazione dei doveri inerenti a un pubblico servizio, essendo la comunità preposta all’affido di minori e i fatti di cui al capo l) in concorso con più di cinque persone. Nella comunità il Forteto tra Vicchio e Dicomano sino all’inverno del 2009;
m)del delitto di cui all’ art. 572 c.p., perché, nella qualità di incontrastato capo “spirituale”, responsabile e fondatore della comunità il Forteto, maltrattava Bartolini Irene, entrata in comunità nell’ottobre del 2008, sottoposta alla sua autorità, infliggendole sofferenze e costrizioni psicologiche, nonché limitandone la libertà di autodeterminarsi e di operare le proprie scelte di vita, attraverso l’imposizione di rigide regole di vita e di comportamento, dallo stesso create, all’interno della comunità, consistite: nello svalutare e denigrare le famiglie di origine considerandole limitanti per la crescita individuale, nell’impedirne o comunque limitarne i contatti, al fine di far cessare ogni legame affettivo con la voluta conseguenza di proporsi come unico modello di riferimento all’interno della comunità, in particolare a Bartolini Irene, Fiesoli R.L. diceva che il padre era un pervertito, che i suoi genitori non le volevano bene, che non erano buoni genitori, che il bene glielo poteva dare solo lui, che si poteva stare bene solo all’interno del Forteto, perché fuori c’era l’inferno e che “ci vai a fare” (dai genitori);
1. nel fare ammettere e confessare, a mezzo di continue violenze psicologiche e punizioni corporali, inesistenti fantasie sessuali verso terzi e anche nei confronti dei genitori e dei parenti: in particolare a Bartolini Irene Fiesoli R.L. diceva che interessava sessualmente al padre, che questi si faceva delle fantasie sessuali su di lei, che il padre era un pervertito, che Calamai Gino era innamorato di lei, che il padre, che lasciava la porta aperta del bagno mentre faceva la pipì, lo faceva perché gli faceva piacere che lo vedesse e per soddisfare le sue fantasie sessuali su di lei; 2. nella pratica dell’omosessualità, intesa quale mezzo per risolvere i problemi sessuali dell’infanzia dovuti all’omosessualità latente e nella predicazione della inferiorità delle donne rispetto agli uomini perché “impure e puttane”: in particolare a Bartolini Irene Fiesoli R.L. diceva di parlare con le donne e di stare con loro e di fare amicizia, che la sessualità tra uomo e donna non era importante e che tendeva a dividere i sessi; 3.nell’imporre la permanenza, all’interno della comunità: in particolare Fiesoli R.L. diceva a Bartolini Irene che uscire, andare a ballare era solo un modo per non affrontare i propri problemi, con la conseguenza che quella, per avere una convivenza pacifica all’interno della comunità, chiudeva ogni rapporto con l’esterno. Nella comunità il Forteto dall’ottobre 2008 sino al gennaio 2009;
n)del delitto di cui agli artt. 110, 112, 572 e 61 n. 9 c.p., perché, in concorso con le persone indicate nel capo di imputazione di cui alle lett. v) e c.1), nella qualità di incontrastato capo “spirituale”, responsabile e fondatore della comunità il Forteto, maltrattava Biordi Nicoletta, entrata in comunità nel 1993 all’età di quindici anni, e, nonostante l'affidamento formale a Sarti Paolo e Tardani Daniela, sottoposta alla sua autorità o comunque a lui affidata per ragioni di educazione, istruzione, cura, vigilanza e custodia, infliggendole sofferenze e costrizioni psicologiche, nonché limitandone la libertà di autodeterminarsi e di operare le proprie scelte di vita, attraverso l’imposizione di rigide regole di vita e di comportamento, dallo stesso create, all’interno della comunità, consistite:
1.nello svalutare e denigrare le famiglie di origine considerandole limitanti per la crescita individuale, nell’impedirne o comunque limitarne i contatti, al fine di far cessare ogni legame affettivo con la voluta conseguenza di proporsi come unico modello di riferimento all’interno della comunità: in particolare Fiesoli R.L., anche attraverso Tardani Daniela, Giorgi Marida e Consorti Mariella, faceva dire e diceva a Biordi Nicoletta che la madre era una ritardata mentale, che era come la madre e che sarebbe diventata come lei, che doveva ammettere che era scema e ignorante, che non capiva nulla e che aveva bisogno di essere guidata;
2.nell’imporre la separazione degli uomini dalle donne, anche se legati da vincoli affettivi e sposati: a Biordi Nicoletta fu imposto di non dormire con Max Fiesoli, con cui aveva avuto il figlio Mattia nel 2002 e veniva isolata dalla comunità perché aveva creato una “famiglia tradizionale”; 3.nel fare ammettere e confessare, a mezzo di continue violenze psicologiche e punizioni anche corporali, inesistenti fantasie sessuali verso terzi e anche nei confronti dei genitori e dei parenti: in particolare a Biordi Nicoletta fu imposto dal Fiesoli R.L. tramite Tardani Daniela, madre affidataria, di ammettere che era stata violentata dal padre, che le era piaciuto, che era stata lei a provocarlo perché in competizione con la madre, che la zia era una puttana di alto bordo, che si faceva fantasie sessuali su Volpi Lara, che doveva confrontarsi con lei, che avere rapporti sessuali con una donna non significava essere lesbiche, ma esercitare una sorta di libertà sessuale e che se si rifiutava significava che aveva paura di essere lesbica e quindi aveva dei problemi da risolvere;
4.nella pratica dell’omosessualità, intesa quale mezzo per risolvere i problemi sessuali dell’infanzia dovuti all’omosessualità latente e nella predicazione della inferiorità delle donne rispetto agli uomini perché “impure e puttane”: in particolare a Biordi Nicoletta, appena entrata nella comunità, all’età di quattordici anni, venivano buttati via i vestiti perché troppo femminili, tagliati i capelli perché troppo lunghi, veniva detto che i due sessi devono vivere separati, a diciassette anni (nel 1995) le dicevano che Volpi Lara si era innamorata di lei, e veniva messa a dormire con lei nella stessa stanza, avendo una breve relazione sessuale, inoltre Fiesoli R.L. le diceva che Max Fiesoli, dal quale la medesima aveva avuto un figlio in comunità nel 2002, era omosessuale da quando era bambino;
5.nel vietare i rapporti eterosessuali: in particolare a Biordi Nicoletta, per avere dato un bacio a Del Fabbro David (1998), veniva rinfacciato, facendola sentire in colpa, di avere tradito Volpi Lara; 6.nell’imporre, nelle obbligatorie riunioni collettive serali, la pratica dei c.d. “chiarimenti”, consistenti nella violenza psicologica a far ammettere l’infrazione delle regole di vita della comunità anche con punizioni corporali e/o isolamento in una stanza, con la conseguente esaltazione della condotta riparatoria o, in caso di persistenza del rifiuto ad accettare le sue decisioni o gli indirizzi di pensiero della comunità, della conseguente disapprovazione, emarginazione e isolamento dal gruppo, attuati con pesanti ingiurie e denigrazione della persona anche da Fiesoli R.L. il quale, con il ricorso ossessivo alla pratica dei chiarimenti, attraverso il sistema della approvazione o disapprovazione dei comportamenti, generava nei membri della comunità, oltre che un sentimento di colpevolizzazione, anche una condizione di sudditanza e soggezione psicologica che era utile per il controllo e la gestione della persona, nonché l’assoggettamento a lui stesso e al suo sistema di vita comunitario: in particolare Fiesoli R.L. imponeva a Biordi Nicoletta di partecipare tutte le sere alle riunioni che si protraevano sino a notte inoltrata, per la stessa particolarmente pesanti perché doveva alzarsi anche alle 4 del mattino per lavorare, riunioni nel corso delle quali Fiesoli R.L. esercitava un controllo delle persone gratificandole o umiliandole in presenza di tutti e imponeva idee e comportamenti anche attraverso pestaggi delle ragazze e dei ragazzi, a mezzo dei suoi fedelissimi adepti (Sarti Sauro, Giorgi Marida) e a mezzo dei “chiarimenti”, che erano un modo per manipolare la persona, poiché consistevano nel costringere a dire quello che voleva il Fiesoli, anche se non era vero, imponendole anche di stare seduta su una sedia per ore; le erano anche stati imposti pesanti “chiarimenti” perché si era scoperto, nonostante le pressioni a farlo, che non aveva avuto rapporti sessuali con Volpi Lara; 7.nell’imporre la permanenza, all’interno della comunità, anche se un membro decideva, al compimento del diciottesimo anno di trovare lavoro all’esterno o di iscriversi all’Università: in particolare a Biordi Nicoletta, appena entrata in comunità all’età di quattordici anni (1992) fu imposto di lavorare per tutta la giornata, perché Fiesoli R.L., al suo desiderio di continuare gli studi, aveva risposto che non era in grado di andare a scuola perché aveva troppi complessi e problemi e che sarebbe stato un fallimento.con le aggravanti di avere commesso i fatti di cui con abuso dei poteri e con violazione dei doveri inerenti a un pubblico servizio, essendo la comunità preposta all’affido di minori e in concorso con più di cinque persone.
Nella comunità il Forteto, tra Vicchio e Dicomano sino al dicembre 2011;
o)del delitto di cui agli artt. 110, 112, 572 e 61 n. 9 c.p., perché, in concorso con le persone indicate nel capo di imputazione di cui alle lett. v) e d.1), nella qualità di incontrastato capo “spirituale”, responsabile e fondatore della comunità il Forteto, maltrattava Corso Marika, entrata in comunità nel 1983 all’età di otto anni, e nonostante l’affidamento formale a Goffredi Luigi e Consorti Mariella, sottoposta alla sua autorità o comunque a lui affidata per ragioni di educazione, istruzione, cura, vigilanza e custodia, infliggendole sofferenze e costrizioni psicologiche, nonché limitandone la libertà di autodeterminarsi e di operare le proprie scelte di vita, attraverso l’imposizione di rigide regole di vita e di comportamento, dallo stesso create, all’interno della comunità, consistite:
1.nello svalutare e denigrare le famiglie di origine considerandole limitanti per la crescita individuale, nell’impedirne o comunque limitarne i contatti, al fine di far cessare ogni legame affettivo con la voluta conseguenza di proporsi come unico modello di riferimento all’interno della comunità: in particolare a Corso Marika, veniva imposto di non poter dire, tornando da scuola, che era andato tutto bene, perché essendo figlia di una tossicodipendente, doveva sentirsi per forza figlia di una drogata, in caso contrario veniva messa in castigo seduta per interi pomeriggi su una sedia finché non diceva la verità e cioè che aveva avuto problemi (inventati), da raccontare al ritorno nella comunità, e di ripetere ossessivamente la sua esperienza di abuso sessuale nei minimi dettagli, dicendo che le era piaciuta; 2.nella pratica dell’omosessualità, intesa quale mezzo per risolvere i problemi sessuali dell’infanzia dovuti all’omosessualità latente e nella predicazione della inferiorità delle donne rispetto agli uomini perché “impure e puttane”: in particolare Fiesoli R.L., dopo che aveva rifiutato un approccio sessuale nella sua camera, offendeva Corso Marika di persona e pubblicamente, dicendole che era “una testa di cazzo e una bucaiola”, perché non voleva affrontare quello che le era successo da piccola, che non si era fidata di lui, nel contempo chiedendo ai componenti della comunità di non parlarle più e di lasciarla in disparte, insultandola ancora dicendole che era “una maiala e che puzzava di merda”; dopo aver subìto per qualche mese l’isolamento della comunità e dopo che aveva ripreso a parlare a Fiesoli R.L. per tornare ad avere una vita normale, Corso Marika ammetteva tutto ci che voleva sentirsi dire, in particolare che odiava tutti gli uomini, al ché Fiesoli R.L. cominciava a dirle che era pronta per fare un percorso di guarigione e cioè ammettere che era lesbica; Fiesoli R.L. le diceva inoltre che doveva confrontarsi con le coetanee, in particolare con Volpi Lara sostenendo che erano attratte l’una dall’altra, arrivando a rinchiuderle entrambe in una camera dicendo che dovevano masturbarsi; al riferito (e falso) racconto dell’avvenuto approccio sessuale, seguiva la pubblica gratificazione di Corso Marika da parte di Fiesoli R.L. e la convinzione di quest’ultima di essere omosessuale, maturata soltanto sulla base di quanto Fiesoli sosteneva e le aveva fatto subìre; inoltre Fiesoli R.L. continuava a sostenere che Corso Marika era omosessuale anche quando quest’ultima si affezionava a Tardani Francesca e anzi le invitava a fare insieme la doccia e quando vedeva Corso Marika che era arrabbiata, le diceva che era perché la Tardani non le aveva dato la fica, non essendo in quell’occasione successo niente di quanto il Fiesoli R.L. si augurava;
nel 2002, quando Fiesoli R.L. capiva che Corso Marika aveva fatto amicizia con Bartolozzi Lucia, una dipendente della cooperativa, cominciava a dirle che erano due lesbiche e che era innamorata; alle rimostranze di Corso Marika di non voler più subìre queste umiliazioni, Fiesoli R.L. cominciava a urlare e la faceva piangere; inoltre, alla richiesta (nel 2006) di Fiesoli di portare in camera sua il figlio affidato Fiorenza Gabriele per parlargli delle violenze sessuali subìte e per fargliele rivivere, Corso Marika si opponeva, consapevole di quanto lei aveva passato; al rifiuto opposto a Fiesoli R.L., avvenuto durante una riunione serale, presenti tutti i membri adulti, di portare Gabriele Fiorenza con il padre affidatario Fiesoli Francesco, che aveva appena tentato il suicidio, a prendere il pesce a Bologna, perché Corso Marika non si fidava di Fiesoli R.L., dato che era un porco, seguiva l’emarginazione completa da parte della comunità (2007); la mattina seguente Fiesoli R.L. le diceva, per telefono, che non voleva in macchina con sé “il figlio di una merda”. Successivamente, venuta a conoscenza che Fiesoli R.L. aveva avuto rapporti sessuali con minorenni all’interno della comunità e alla giustificazione che era servito ai ragazzi come cura, Corso Marika diffidava Fiesoli R.L. dal toccare il figlio Fiorenza Gabriele, dicendogli che se l’avesse fatto lo avrebbe mandato in galera; quello rispondeva che poteva andare a fare in culo e che non l’avrebbe più accettata nella comunità.
Il Fiesoli R.L., inoltre, nell’anno 2008 minacciava Corso Marika di toglierle Gabriele Fiorenza a lei affidato a favore di Consorti Mariella, se avesse denunziato ai carabinieri i sospetti di pedofilia del padre affidatario Fiesoli Francesco nei confronti di Gabriele; 3.nel vietare i rapporti eterosessuali: in particolare a Corso Marika, che aveva avuto una relazione clandestina con Marani Paolo all’età di diciassette anni (1992), Fiesoli R.L. diceva che era una maiala e che era uguale alla madre e, quando a 21 anni (1996) riprendevano la relazione, vietava ai due di stare insieme da soli, obbligandoli a stare dopo cena a giocare a carte nella sala mensa, davanti a tutti, non lasciandoli mai soli insieme; Fiesoli R.L. inoltre le diceva che se aveva avuto rapporti sessuali con Marani Paolo significava che non aveva superato i problemi che aveva avuto da piccola;
4.nell’imporre, nelle obbligatorie riunioni collettive serali, la pratica dei c.d. “chiarimenti”, consistenti nella violenza psicologica a far ammettere l’infrazione delle regole di vita della comunità con la conseguente esaltazione della condotta riparatoria o, in caso di persistenza del rifiuto ad accettare le sue decisioni o gli indirizzi di pensiero della comunità, della conseguente disapprovazione, emarginazione e isolamento dal gruppo, attuati con pesanti ingiurie e denigrazione della persona anche da Fiesoli R.L., il quale con il ricorso ossessivo alla pratica dei chiarimenti, attraverso il sistema della approvazione o disapprovazione dei comportamenti, generava nei membri della comunità, oltre che un sentimento di colpevolizzazione, anche una condizione di sudditanza e soggezione psicologica che era utile per il controllo e la gestione della persona, nonché l’assoggettamento a lui stesso e al suo sistema di vita comunitario: in particolare a Corso Marika fu imposto nelle riunioni serali di raccontare davanti a tutti, i particolari dei rapporti sessuali avuti con Marani Paolo, dicendole il Fiesoli R.L. nel contempo che era uguale alla madre che faceva la prostituta e che odiava gli uomini perché da piccola era stata abusata, con l’effetto di convincerla che non aveva mai superato gli abusi subìti e che si stava avviando a diventare una prostituta;
5.nell’imporre la permanenza, all’interno della comunità, anche se un membro decideva al compimento del diciottesimo anno di trovare lavoro all’esterno o di iscriversi all’università, disponendo, in caso di fuga, il rintraccio e il recupero della persona: in particolare a Corso Marika Fiesoli R.L. diceva che non c’era bisogno di uscire dalla comunità, che doveva essere felice e che innamorarsi di qualcuno esterno alla comunità comportava la necessità di scegliere se stare dentro o fuori. Con le aggravanti di avere commesso i fatti di cui al capo con abuso dei poteri e con violazione dei doveri inerenti a un pubblico servizio, essendo la comunità preposta all’affido di minori e in concorso con più di cinque persone. Nella comunità il Forteto tra Vicchio e Dicomano sino all’anno 2008;
p)del delitto di cui agli artt. 110, 112, 572 e 61 n. 9 c.p., perché, in concorso con le persone indicate nel capo di imputazione di cui alle lett. v) ed e.1), nella qualità di incontrastato capo “spirituale”, responsabile e fondatore della comunità il Forteto, maltrattava Daidone Luigi, entrato in comunità nel 1998 all’età di otto anni, e, nonostante l'affidamento formale a Vannucchi Mauro e Tempestini Elena, sottoposto alla sua autorità o comunque a lui affidato per ragioni di educazione, istruzione, cura, vigilanza e custodia, infliggendogli sofferenze e costrizioni psicologiche, nonché limitandone la libertà di autodeterminarsi e di operare le proprie scelte di vita, attraverso l’imposizione di rigide regole di vita e di comportamento, dallo stesso create, all’interno della comunità, consistite:
1.nello svalutare e denigrare le famiglie di origine considerandole limitanti per la crescita individuale, nell’impedirne o comunque limitarne i contatti, al fine di far cessare ogni legame affettivo con la voluta conseguenza di proporsi come unico modello di riferimento all’interno della comunità: in particolare a Daidone Luigi, dopo sei mesi dall’ingresso in comunità, furono interrotte le visite della madre e dei parenti; i genitori affidatari Tempestini Elena e Vannucchi Mauro, in questo istigati dal Fiesoli R.L., gli dicevano che la madre Rusciano Flora era una prostituta, che era di fuori, che aveva problemi psicologici dovuti al fatto che la madre era una prostituta, che assomigliava al padre che era in galera e che era un mafioso come lui, costringendolo a stare seduto su una sedia tutto il giorno finché non lo ammetteva; il Fiesoli R.L. gli ripeteva che la madre era una gran puttana, che i nonni erano degli zingari, che quando abitava insieme alla madre aveva mangiato pane e merda, che a scuola lo prendevano tutti per il culo perché era povero, costringendolo ad ammettere che era tutto vero, gratificandolo pubblicamente se ammetteva e quindi aveva “chiarito” e punendolo, in caso contrario, con il salto della cena o tenendolo seduto per interi pomeriggi a guardare gli altri bambini che giocavano o altre volte picchiandolo con schiaffi e spinte o altre volte chiamandolo bucaiolo, pezzo di merda, ingrato, stronzo; inoltre Fiesoli R. L., a mezzo di Vannucchi Mauro, Bacci Francesco, Tempestini Elena, lo costringeva ad ammettere che la madre Rusciano Flora faceva entrare in casa persone sconosciute che abusavano sia di lui sia del fratello Johnny, anche suggerendogli di assumere le posizioni del presunto abuso; FIESOLI R.L. inoltre separava Luigi dai fratelli Johnnj e Salvatore, facendoli affidare ad altre famiglie funzionali;
2.nell’indurre i ragazzi e le ragazze della comunità ad avere rapporti omosessuali e nel vietare i rapporti eterosessuali: in particolare Fiesoli R.L. diceva a Daidone Luigi che doveva confrontarsi con i maschi, che non doveva pensare alle ragazze; 3.nell’imporre, nelle obbligatorie riunioni collettive serali, la pratica dei c.d. “chiarimenti” consistenti nella violenza psicologica a far ammettere l’infrazione delle regole di vita della comunità, con la conseguente esaltazione della condotta riparatoria o, in caso di persistenza del rifiuto ad accettare le sue decisioni o gli indirizzi di pensiero della comunità, della conseguente disapprovazione, emarginazione e isolamento dal gruppo, attuati con pesanti ingiurie e denigrazione della persona anche dal Fiesoli R.L., il quale, con il ricorso ossessivo alla pratica dei chiarimenti, attraverso il sistema della approvazione o disapprovazione dei comportamenti, generava nei membri della comunità, oltre che un sentimento di colpevolizzazione, anche una condizione di sudditanza e di soggezione psicologica utilizzata per il controllo e la gestione della persona, nonché l’assoggettamento a lui stesso e al suo sistema di vita comunitario: in particolare, nel corso delle riunioni, Daidone Luigi veniva indotto ad ammettere che la madre Rusciano Flora faceva abusare lui e il fratello Johnny da persone sconosciute, ricevendo gratificazione pubblica con l’applauso stimolato da Fiesoli R. L. o, in caso contrario, punizioni.
Con le aggravanti di avere commesso i fatti di cui con abuso di poteri e con violazione dei doveri inerenti a un pubblico servizio, essendo la comunità preposta all’affido di minori e in concorso con più di cinque persone.
Nella comunità il Forteto tra Vicchio e Dicomano sino al marzo 2009;
q)del delitto di cui all’art. 572 c.p., perché, nella qualità di incontrastato capo “spirituale”, responsabile e fondatore della comunità il Forteto, maltrattava Fascione Elisabetta, entrata in comunità il 4.4.1980 all’età di vent’anni, sottoposta alla sua autorità o comunque a lui affidata per ragioni di cura, vigilanza e custodia, infliggendole sofferenze e costrizioni psicologiche, nonché limitandone la libertà di autodeterminarsi e di operare le proprie scelte di vita, attraverso l’imposizione di rigide regole di vita e di comportamento, dallo stesso create, all’interno della comunità consistite: 1.nello svalutare e denigrare le famiglie di origine considerandole limitanti per la crescita individuale, nell’impedirne o comunque limitarne i contatti, al fine di far cessare ogni legame affettivo con la voluta conseguenza di proporsi come unico modello di riferimento all’interno della comunità; 2.nella pratica dell’omosessualità, intesa quale mezzo per risolvere i problemi sessuali dell’infanzia dovuti all’omosessualità latente e nella predicazione della inferiorità delle donne rispetto agli uomini perché “impure e maiale” e nell’indurre i ragazzi e le ragazze ad avere rapporti omosessuali, soprattutto i ragazzi che dovevano liberarsi dalla dipendenza dalle donne: in particolare Fiesoli R.L. chiedeva a Fascione Elisabetta, all’ingresso nella comunità di che “sponda” fosse;
3.nel vietare i rapporti eterosessuali e nell’imporre la separazione degli uomini dalle donne, anche se legati da vincoli affettivi e uniti in matrimonio; come conseguenza Fascione Elisabetta, contrariamente a quanto avrebbe voluto, non coltivava alcun tipo di relazione affettiva né alcuna amicizia e rinunziava ad avere figli; 4.nell’imporre, nelle obbligatorie riunioni collettive serali, la pratica dei c.d. “chiarimenti” consistenti nella violenza psicologica a far ammettere l’infrazione delle regole di vita della comunità, con la conseguente esaltazione della condotta riparatoria o, in caso di persistenza del rifiuto ad accettare le sue decisioni o gli indirizzi di pensiero della comunità, della conseguente disapprovazione, emarginazione e isolamento dal gruppo, attuati con pesanti ingiurie e denigrazione della persona anche dal Fiesoli R.L., il quale, con il ricorso ossessivo alla pratica dei chiarimenti, attraverso il sistema della approvazione o disapprovazione dei comportamenti, generava nei membri della comunità, oltre che un sentimento di colpevolizzazione, anche una condizione di sudditanza e di soggezione psicologica utilizzata per il controllo e la gestione della persona, nonché l’assoggettamento a lui stesso e al suo sistema di vita comunitario: in particolare Fascione Elisabetta veniva messa molte volte in punizione, messa a sedere sino a quanto non veniva perdonata o chiariva i motivi per i quali si era comportata male o era pensierosa o arrabbiata o qual’era il suo problema o si giustificava per le sue fantasie sessuali; inoltre Fiesoli R.L. imponeva a Fascione Elisabetta l’affidamento di Pani Giada e di Collaveri Gianluca, nonostante fosse stato allo stesso rappresentato che non si sentiva in grado di allevare bambini, tenuto conto del fatto che aveva tentato due volte il suicidio ed era stata ricoverata in una clinica psichiatrica; e ancora, pur avendo, per il tentativo di suicidio del 1980 riportato due fratture spinali, appena tolto il gesso, fu messa a lavorare al caseificio dove doveva caricare forme di formaggio sul camioncino.
Nella comunità il Forteto tra Vicchio e Dicomano sino all’anno 2008;
r)del delitto di cui agli artt. 110, 112 e 572 c.p., perché, in concorso con le persone indicate nel capo di imputazione di cui alle lett. v) e f.1), nella qualità di incontrastato capo “spirituale”, responsabile e fondatore della comunità il Forteto, maltrattava Fiesoli Donatella, membro della comunità sin dalle sue origini nel 1977, comunque sottoposta alla sua autorità, infliggendole sofferenze e costrizioni psicologiche, nonché limitandone la libertà di autodeterminarsi e di operare le proprie scelte di vita, attraverso l’imposizione di rigide regole di vita e di comportamento, dallo stesso create, all’interno della comunità, consistite:
1.nello svalutare e denigrare le famiglie di origine considerandole limitanti per la crescita individuale, nell’impedirne o comunque limitarne i contatti, al fine di far cessare ogni legame affettivo con la voluta conseguenza di proporsi come unico modello di riferimento all’interno della comunità: in particolare Fiesoli R.L. si assicurava che Fiesoli Donatella avesse rotto in maniera radicale tutti i legami con la famiglia di origine e con tutti gli amici, esercitando pressione in questo senso sia pubblicamente durante gli incontri serali, sia privatamente durante i colloqui personali, e cercando anche di convincerla a non andare ai funerali dei genitori o dei familiari, in quanto soltanto momenti di ipocrisia;
2.nell’imporre la separazione degli uomini dalle donne, anche se legati da vincoli affettivi e uniti in matrimonio: in particolare Fiesoli R.L., dopo avere spinto Fiesoli Donatella ad avere una relazione affettiva con Montorsi Silvano e dopo che i due si erano sposati nel 1978, a seguito dell’affidamento alla coppia di un ragazzo di diciassette anni, chiedeva ai due di non dormire più insieme e da quel momento Fiesoli Donatella non aveva più rapporti affettivi e sessuali con Montorsi Silvano;
3.nella pratica dell’omosessualità, intesa quale mezzo per risolvere i problemi sessuali dell’infanzia dovuti all’omosessualità latente e nella predicazione della inferiorità delle donne rispetto agli uomini perché “impure e puttane” e nell’indurre i ragazzi e le ragazze della comunità ad avere rapporti omosessuali: in particolare Fiesoli R. L. diceva a Fiesoli Donatella che, per costruire una buona personalità le ragazze dovevano confrontarsi tra di loro e le incitava ad avere rapporti omosessuali, in quanto in questo modo la persona cresceva; Fiesoli R.L. cercava anche di avvicinarla a Foschi Selene (nel 1994), perché avessero rapporti omosessuali;
4.nel fare ammettere e confessare, a mezzo di continue violenze psicologiche e punizioni anche corporali, inesistenti fantasie sessuali verso terzi e anche nei confronti dei genitori e dei parenti: in particolare Fiesoli R. L. insinuava con insistenza che Fiesoli Donatella aveva avuto rapporti sessuali, durante la sua infanzia, con suo nonno e che aveva fantasie erotiche sulla madre; 5.nell’imporre, nelle obbligatorie riunioni collettive serali, la pratica dei c.d. “chiarimenti” consistenti nella violenza psicologica a far ammettere l’infrazione delle regole di vita della comunità, con la conseguente esaltazione della condotta riparatoria o, in caso di persistenza del rifiuto ad accettare le sue decisioni o gli indirizzi di pensiero della comunità, della conseguente disapprovazione, emarginazione e isolamento dal gruppo, attuati con pesanti ingiurie e denigrazione della persona anche dal Fiesoli R. L., il quale, con il ricorso ossessivo alla pratica dei chiarimenti, attraverso il sistema della approvazione o disapprovazione dei comportamenti, generava nei membri della comunità, oltre che un sentimento di colpevolizzazione, anche una condizione di sudditanza e di soggezione psicologica utilizzata per il controllo e la gestione della persona, nonché l’assoggettamento a lui stesso e al suo sistema di vita comunitario: in particolare nel corso di questi incontri Fiesoli R.L., che si autodefiniva padre spirituale o profeta, improvvisava monologhi a sfondo religioso, definendo la Madonna una puttana e una troia perché voleva gestire suo figlio, e, dimostrando con il Vangelo che l’uomo non deve diventare succube della donna, riusciva, parlando alla Fiesoli Donatella per ore, a condizionarne la mente e il cuore; inoltre Fiesoli Donatella, soltanto perché, un giorno del marzo 2007, aveva fatto notare a Fiesoli R. L. che non era il caso di continuare a far dormire Fabrizio (Forti n.d.r.) in camera con lui, veniva isolata da tutti i componenti della comunità anche sul posto di lavoro, perché aveva osato mettere in discussione l’autorità di Fiesoli R.L.; infine in un giorno di fine settembre del 2007, veniva avvicinata da alcuni fedelissimi di Fiesoli R. L., Serpi Luigi Giorgi Marida e Bocchino Angela, perché “confessasse” le sue colpe, consistite, a loro dire, nell’avere dato il cattivo esempio, in quanto altre persone si stavano ribellando.
Con l’aggravante di avere commesso i fatti in concorso con più di cinque persone. Nella comunità il Forteto tra Vicchio e Dicomano sino al gennaio 2008;
s)del delitto di cui agli artt. 110, 112, 572 e 61 n. 9 c.p. perché, in concorso con le persone indicate nel capo di imputazione di cui alle lett. v) e i.1), nella qualità di incontrastato capo “spirituale”, responsabile e fondatore della comunità il Forteto, maltrattava Vainella Valentina, entrata nella comunità nell’anno 1995, all’età di nove anni, e, nonostante l'affidamento formale a Goffredi Luigi e Consorti Mariella, sottoposta alla sua autorità e comunque a lui affidata per ragioni di educazione, istruzione, cura, vigilanza e custodia, infliggendole sofferenze e costrizioni psicologiche, nonché limitandone la libertà di autodeterminarsi e di operare le proprie scelte di vita, attraverso l’imposizione di rigide regole di vita e di comportamento, dallo stesso create, all’interno della comunità, consistite:
1.nello svalutare e denigrare le famiglie di origine considerandole limitanti per la crescita individuale, nell’impedirne o comunque limitarne i contatti, al fine di far cessare ogni legame affettivo con la voluta conseguenza di proporsi come unico modello di riferimento all’interno della comunità: in particolare, Fiesoli R.L., anche a mezzo dei genitori affidatari di fatto Bacci Francesco e Sassi Elisabetta e di Giorgi Marida, Vannucchi Grazia e Tardani Daniela, chiedeva a Vainella Valentina, con insistenza nei primi tempi di permanenza in comunità, “non ti è successo anche che la tua mamma ti picchiava?” e, alla risposta negativa, le veniva detto che non poteva non ricordare e allora veniva messa in castigo tutto il giorno; avendo Vainella Valentina raccontato di avere subìto abusi sessuali da persone estranee, se guardava una persona le veniva chiesto se si stava facendo dei pensieri su questa persona, rapportando tutto all’abuso subìto da piccola, e ancora chiedevano,”ma tua madre non sapeva niente di questo”, e alla risposta negativa, che non era possibile, che dovevano esserci delle mutande sporche che la madre non poteva non aver visto e, alla circostanza che Vainella Valentina aveva raccontato che la madre si era fatta prestare del denaro dalla persona che l’aveva abusata, loro sostenevano che non era un prestito, ma il pagamento per averla, e prima di ogni testimonianza le facevano ripetere le cose che doveva dire; inoltre le domandavano “la tu mamma faceva la puttana, non te lo ricordi?”, le dicevano comunque “cosa ti serve vederla? lei non ti pu dare le cose che ti diamo noi, hai visto come è cattiva, mi raccomando dillo quando vai in Tribunale che non vuoi vederla”; inoltre era costretta a regalare agli altri bambini i giochi che le portava la madre negli incontri e a buttare via tutte le sue cose (zaino, abbigliamento, scarpe) per cancellare il passato; quando aveva nove-dieci anni (anni 1995-1996), la sera veniva organizzato un teatrino da Tardani Daniela, Vannucchi Grazia, Giorgi Marida, Sassi Elisabetta e Bacci Francesco, in cui venivano rievocate scene di vita familiare di Valentina in cui veniva picchiata dalla madre, nel corso del quale Fiesoli R.L. commentava in modo ironico; inoltre Fiesoli R.L. separava Valentina dalla sorella Romina, facendola affidare ad altra famiglia funzionale; 2.nel fare ammettere e confessare, a mezzo di continue violenze psicologiche e punizioni corporali, inesistenti fantasie sessuali verso terzi e anche nei confronti dei genitori e dei parenti: in particolare, Fiesoli R.L., nei primi periodi di permanenza in comunità, a mezzo dei genitori affidatari di fatto Bacci Francesco e Sassi Elisabetta, e di Giorgi Marida e di Vannucchi Grazia, faceva ammettere a Vainella Valentina che a scuola, dato che aveva subìto abusi, adescava i ragazzini che portava in bagno e si toccava; nel caso non ammettesse queste circostanze veniva presa a botte, scappellotti e schiaffi, finché non diceva quello che volevano, sostenendo che si era liberata e la sera, a cena Fiesoli R.L. le diceva che era stata brava e che meritava un applauso; Sassi Elisabetta inoltre insinuava continuamente che Valentina di notte si toccasse anziché dormire, dicendole anche che se continuava così rimaneva incinta e, se non ammetteva, le veniva imposto di stare a sedere per tutto il pomeriggio; 3.nell’imporre, nelle obbligatorie riunioni collettive serali, la pratica dei c.d. “chiarimenti”, consistenti nella violenza psicologica a far ammettere l’infrazione delle regole di vita della comunità con la conseguente esaltazione della condotta riparatoria o, in caso di persistenza del rifiuto ad accettare le sue decisioni o gli indirizzi di pensiero della comunità, della conseguente disapprovazione, emarginazione e isolamento dal gruppo, attuati con pesanti ingiurie e denigrazione della persona anche dal Fiesoli R.L., il quale con il ricorso ossessivo alla pratica dei chiarimenti, attraverso il sistema della approvazione o disapprovazione dei comportamenti, generava nei membri della comunità, oltre che un sentimento di colpevolizzazione, anche una condizione di sudditanza e soggezione psicologica che era utile per il controllo e la gestione della persona, nonché l’assoggettamento a lui stesso e al suo sistema di vita comunitario: in particolare, negli anni 1995-1996-1997 Vainella Valentina doveva “chiarire” ai genitori affidatari di fatto, Bacci Francesco e Sassi Elisabetta, dopo che aveva giocato con Bimonte Luna e doveva ammettere che si erano toccate, il perché lo avevano fatto, inoltre doveva “chiarire” perché aveva raccontato un fatto bello che era successo con la madre, dato che, secondo loro, non ne erano successi;
4.nell’imporre la separazione degli uomini dalle donne, anche se legati da vincoli affettivi e uniti in matrimonio e nel vietare amicizie all’esterno della comunità, sostenendosi che l’ambiente esterno era “brutto, le persone erano false, i rapporti erano falsi, non approfondivano, non chiarivano” e obbligandola a fare amicizia anche con persone che non le piacevano all’interno del Forteto, come Elisa Giovacchini e certa Livia, le quali le chiedevano, su istigazione dei genitori di fatto Bacci Francesco e Sassi Elisabetta e di Fiesoli R.L., cosa le era successo da piccola (2007) e con le quali veniva obbligata a studiare insieme; veniva comunque accusata di non socializzare con le altre persone della comunità; inoltre, negli ultimi mesi di permanenza in comunità, le veniva impedito di andare via, la stessa sorella minore Romina le diceva che se non “chiariva” con i genitori affidatari non sarebbe più andata a trovarla; veniva isolata da tutti, a mensa era costretta a mangiare da sola, veniva accusata di comportarsi in modo sbagliato con i genitori affidatari; dopo aver frequentato alcune volte la sorella maggiore, Tommasini Silvia, Fiesoli R.L. le diceva che non doveva frequentarla, sostenendo anche che lei era d’accordo con sua madre, che non si era preoccupata di lei quando questa non era in casa; negli ultimi giorni di permanenza in comunità i genitori affidatari le dicevano di stare zitta, perché “tutto quello che mi usciva dalla bocca era merda”; per averlo appreso dalla sorella minore Romina, Fiesoli R.L. andava dicendo, dopo che Valentina aveva lasciato la comunità, che lo aveva fatto perché non voleva riferire di abusi che erano successi anche a lei.
Inoltre all’età di 12-13 anni (anni 1998-1999), Vainella Valentina veniva messa a fare le pulizie di casa, al pollaio, al caseificio e alla stalla. Con le aggravanti di avere commesso i fatti con abuso dei poteri e con violazione dei doveri inerenti a un pubblico servizio, essendo la comunità preposta all’affido di minori e in concorso con più di cinque persone. Nella comunità il Forteto tra Vicchio e Dicomano sino all’1.1.2008.
t)del delitto di cui all’art. 572 c.p., perché, nella qualità di incontrastato capo “spirituale”, responsabile e fondatore della comunità il Forteto, maltrattava Vannucchi Grazia, entrata in comunità il 15.12.1977 su iniziativa del fratello Mauro, comunque sottoposta alla sua autorità, infliggendole sofferenze e costrizioni psicologiche, nonché limitandone la libertà di autodeterminarsi e di operare le proprie scelte di vita, attraverso l’imposizione di rigide regole di vita e di comportamento, dallo stesso create, all’interno della comunità, consistite: 1.nello svalutare e denigrare le famiglie di origine considerandole limitanti per la crescita individuale, nell’impedirne o comunque limitarne i contatti, al fine di far cessare ogni legame affettivo con la voluta conseguenza di proporsi come unico modello di riferimento all’interno della comunità;
in particolare Fiesoli R.L. allontanava Vannucchi Grazia dai propri genitori, dicendole che non l’avevano protetta abbastanza, anche facendole credere che erano a conoscenza della violenza che aveva subìto dallo zio sessantenne e che intenzionalmente non l’avevano tutelata; nel 1980, Fiesoli R.L. la colpevolizzava perché, prima che le morisse il padre, voleva assisterlo e dopo la morte voleva andare al funerale. Fiesoli R.L. la convinceva a non fare alcuna delle due cose;
2.nell’imporre la separazione degli uomini dalle donne, anche se legati da vincoli affettivi e uniti in matrimonio e nel considerare le donne impure e puttane: in particolare Fiesoli R.L., nelle riunioni serali diceva che gli uomini dovevano liberarsi dai condizionamenti delle donne, che erano troie, che gli uomini prima sono comandati dalle mamme e poi dalle mogli come cagnolini, che le donne hanno un grandissimo potere nel loro sesso e incitava i mariti a ribellarsi dicendo “gli ci vorrebbe delle sonore labbrate a queste troie, saprei io come fare, se fossi al vostro posto”, e così induceva i mariti che volevano mettersi in mostra ai suoi occhi a picchiare le mogli;
una volta che Vannucchi Grazia era a sedere sulle ginocchia del futuro marito Fiesoli Alessio, Rodolfo diceva “a voi vi durerà poco”; la prima notte di nozze (anno 1977), Vannucchi Grazia e Fiesoli Alessio dormivano insieme, ma senza avere rapporti sessuali perché Rodolfo aveva detto loro di fare così; dopo tre mesi di matrimonio Vannucchi Grazia e Fiesoli Alessio si separavano, Vannucchi Grazia andava a dormire con le donne, Fiesoli Alessio con gli uomini; in alcune occasioni, nelle riunioni serali, Rodolfo tirava fuori il pene e lo appoggiava al tavolo, dicendo alle donne: “guardate, guardate, tanto a voi interessa solo questo”; Fiesoli R.L. inoltre imponeva a Vannucchi Grazia di non avere figli naturali, perché farli era un atto egoistico; con il marito Fiesoli Alessio inoltre non doveva neppure incrociare lo sguardo;
3.nel fare ammettere e confessare, a mezzo di continue violenze psicologiche e punizioni anche corporali, inesistenti fantasie sessuali verso terzi e anche nei confronti dei genitori e dei parenti: in particolare Fiesoli R.L., nelle riunioni serali diceva che Vannucchi Grazia doveva confessare le sue fantasie sessuali; dapprima era costretta a riferire dettagliatamente le violenze che aveva subìto da piccola, poi a rivelare tutto quello che le passava per la testa relativamente al sesso; Vannucchi Grazia, dopo avere “confessato” un paio di fantasie, non aveva più nulla da dire, ma se stava zitta rischiava di non andare a letto, tendeva a dire tutto quello che pensava riguardo al sesso per assecondare Fiesoli R. L., che privatamente e pubblicamente cercava di farle ammettere che le violenze che aveva subìto da piccola le erano piaciute e che solo ammettendolo, sarebbe guarita; Fiesoli R.L. la torturava dicendole che era una perversa e che si masturbava spesso, collegando questa idea fissa alla circostanza che Vannucchi Grazia gli aveva manifestato il sospetto di una sua relazione omosessuale con Pietracito Sergio; al manifestato sospetto Fiesoli R.L. reagiva prendendola a schiaffi, dicendole che “era una malata, che l’inferno era nella mente del diavolo, che lui era una persona pura, che una cosa del genere non l’avrebbe fatta mai”. In questo modo la convinceva che lui aveva ragione, che lei invece era una perversa e che doveva pagare per la sua natura malata; comunque Fiesoli R.L. doveva avere ragione su tutto e se non gli dava ragione, cominciava a dirle che era matta;
4.nella pratica dell’omosessualità, intesa come mezzo per risolvere i problemi sessuali dell’infanzia dovuti all’omosessualità latente e nella predicazione della inferiorità delle donne rispetto agli uomini perché “impure e puttane”: in particolare Fiesoli R.L. diceva a Vannucchi Grazia che doveva affrontare la sua omosessualità, che doveva frequentare Consorti Mariella, affermando che il suo problema erano sempre state le donne, e imponendole ogni volta che aveva un minimo contrasto, la compagnia della Consorti Mariella con la quale subiva rapporti omosessuali. Era Fiesoli R L. a decidere con chi si dovevano avere i rapporti omosessuali e quando le relazioni dovevano iniziare e quando finire;
5.nell’imporre, nelle obbligatorie riunioni collettive serali, la pratica dei c.d. “chiarimenti”, consistenti nella violenza psicologica a far ammettere l’infrazione delle regole di vita della comunità con la conseguente esaltazione della condotta riparatoria o, in caso di persistenza del rifiuto ad accettare le sue decisioni o gli indirizzi di pensiero inculcati agli altri membri della comunità, della conseguente disapprovazione, emarginazione e isolamento dal gruppo, attuati con pesanti ingiurie e denigrazione della persona anche dal Fiesoli R. L., il quale con il ricorso ossessivo alla pratica dei chiarimenti, attraverso il sistema della approvazione o disapprovazione dei comportamenti, generava nei membri della comunità, oltre che un sentimento di colpevolizzazione, anche una condizione di sudditanza e soggezione psicologica che era utile per il controllo e la gestione della persona, nonché l’assoggettamento a lui stesso e al suo sistema di vita comunitario: in particolare Fiesoli R. L. costringeva Vannucchi Grazia, quando era ragazza, a stare seduta per ore, finché non gli dava ragione; in un’occasione veniva costretta a camminare sulla tavola per mostrare agli altri come le donne, “questi demoni”, riuscivano con i loro movimenti ad “acchitare” gli uomini; inoltre Fiesoli R.L. imponeva a Vannucchi Grazia, come ad altre ragazze, di prendere in affidamento bambini, anche se non erano d’accordo, perché non si sentivano pronte, in particolare nel 1983, facendola sentire in colpa, le imponeva l’affidamento di Marani Paolo, e nel 1986 quello di Bongiorno Giuseppe; inoltre, quando il figlio adottivo Max Fiesoli (Capezzone) aveva circa 14/15 anni (1994-1995), Fiesoli R.L. parlava spesso con quello, che manifestava le prime inquietudini adolescenziali, e una volta, dopo averla fatta chiamare, Fiesoli R.L. alla presenza anche di Max, urlando, le diceva: “diglielo, diglielo al tuo figliolo che quando ai figlioli gli cresce il pisello i che tu fai, diglielo che tu perdi la testa e che tu te li vorresti fare”; a Max ripeteva in continuazione: “tu devi dar retta a me, perché lei ti fa il culo”; Max le toglieva la confidenza, si arrabbiava se gli faceva domande su Rodolfo, finché nel 2007, un giorno Max le confessava che Rodolfo “gli aveva dato noia, che durante i colloqui non si parlava solo, ma tante volte glielo aveva messo in culo e che una volta gli aveva fatto leccare le emorroidi, che lo aveva preso in bocca, che tutte le mattine doveva andare da lui, che non le diceva più nulla perché gli faceva troppo schifo”.
Sconvolta dalla confessione, Vannucchi Grazia cercava di parlare con Rodolfo che si rifiutava e, dal momento che rivelava in comunità i rapporti tra il figlio adottivo Max e Rodolfo, veniva isolata da tutti e considerata una nemica del Forteto; Fiesoli R.L., passando vicino a Vannucchi Grazia e Fiesoli Alessio a mensa, diceva loro “che puzzo di merda, che puzzo di maiale”; sino al novembre 2007, Fiesoli R.L. si serviva di Vannucchi Grazia per imporre le sue regole all’interno della comunità; nel novembre 2007 Vannucchi Grazia abbandonava la comunità, dopo che il fratello Mauro le aveva detto che lei e il marito Fiesoli Alessio dovevano andarsene e che “Rodolfo si era dovuto tirare giù i pantaloni per salvare Max”; successivamente alla sua uscita dal Forteto Vannucchi Grazia veniva demansionata nel lavoro, da responsabile del personale al caseificio a operaia che copriva gli altri operai assenti. Nella comunità il Forteto tra Vicchio e Dicomano sino al novembre 2007;
u) del delitto di cui agli artt. 110, 112 e 572 c.p., perché, in concorso con le persone indicate nel capo di imputazione di cui alle lett. v) e k. 1), nella qualità di incontrastato capo “spirituale”, responsabile e fondatore della comunità il Forteto, maltrattava Zahami Paolo, entrato nella comunità il 13 aprile 1995, all’età di diciotto anni, infliggendogli sofferenze e costrizioni psicologiche, nonché limitandone la libertà di autodeterminarsi e di operare le proprie scelte di vita attraverso l’imposizione di rigide regole di vita e di comportamento, dallo stesso create, all’interno della comunità, consistite: 1.nello svalutare e denigrare la famiglia di origine considerandola limitante per la crescita individuale, nell’impedirne o comunque limitarne i contatti, al fine di fare cessare ogni legame affettivo con la voluta conseguenza di proporsi come unico modello di riferimento all’interno della comunità: in particolare Zahami Paolo veniva a conoscenza della morte del nonno dopo anni, all’uscita dalla comunità;
2.nella pratica dell’omosessualità, intesa quale mezzo per risolvere i problemi sessuali dell’infanzia dovuti all’omosessualità latente e nella predicazione della inferiorità delle donne rispetto agli uomini perché “impure e puttane”: in particolare Fiesoli R.L. sostenendo che doveva affrontare il discorso della sua omosessualità, si mostrava affettuoso, e un giorno tenendolo per la nuca baciava in bocca Zahami Paolo, dicendogli che era una cosa normalissima e che era un passaggio per evolvere la sua anima, con l’effetto di fargli pensare di essere veramente omosessuale e che al Forteto avessero ragione su tutto, anche sulle fantasie sessuali incestuose; sempre nello stesso periodo (giugno-luglio 1998), un giorno Fiesoli R.L., nella stanza dei conigli, lo baciava in bocca e gli infilava la mano nel sedere; nonostante il mancato consenso agli approcci sessuali di Fiesoli R.L., Zahami Paolo si sentiva in colpa perché non riusciva ad abbandonarsi all’affetto puro di Rodolfo, che lo umiliava davanti a tutti dicendogli che era un maiale e un debole perché non riusciva ad affrontare le sue paure nonostante lui si fosse proposto con tanto amore; seguivano l’isolamento da parte della comunità e la convinzione dello Zahami Paolo di essere un pazzo, uno squilibrato e che la sua resistenza all’omosessualità proposta da Fiesoli R.L. provenisse dalla sua personalità squilibrata; in seguito Zahami Paolo diventava un perfetto soldato, un automa alle dipendenze di Fiesoli R.L. che considerava come un dio e per il quale avrebbe fatto qualsiasi cosa gli avesse chiesto; Zahami Paolo doveva ammettere che Fiesoli aveva ragione;
3.nell’imporre, nelle obbligatorie riunioni collettive serali, la pratica dei c.d. “chiarimenti”, consistenti nella violenza psicologica a fare ammettere l’infrazione delle regole di vita della comunità, anche con punizioni corporali e/ o isolamento in una stanza, con la conseguente esaltazione della condotta riparatoria o, in caso di persistenza del rifiuto ad accettare le sue decisioni e gli indirizzi di pensiero della comunità, della conseguente disapprovazione, emarginazione e isolamento dal gruppo, attuati con pesanti ingiurie e denigrazione della persona anche dal Fiesoli R.L., il quale, con il ricorso ossessivo a questa pratica, attraverso il sistema della successiva approvazione o disapprovazione dei comportamenti, generava nei membri della comunità, oltre che un sentimento di colpevolizzazione, anche una condizione di sudditanza e soggezione psicologica utilizzata per il controllo e la gestione della persona, nonché l’assoggettamento a lui stesso e al suo sistema di vita comunitario: in particolare Fiesoli R.L. diceva (1995-1996) a Zahami Paolo che doveva parlare in maniera più approfondita della sua famiglia, che doveva riuscire a uccidere mentalmente i genitori per poter aprire il suo cuore ad altre figure che per lui dovevano essere più importanti dei suoi genitori, tra le quali la sua; Fiesoli R.L. gli diceva che il padre era un fallito, un inetto, un inutile, uno stupido, che la madre era una troia e che era andata a letto con il vicino di casa; nel 1998 Fiesoli R.L., riprendendo a frequentarlo, diceva a Zahami Paolo che lui era come Don Milani, solo che stava facendo le cose meglio e più in grande di quello, che aveva il sogno di rendere il mondo come il Forteto e di far capire che la famiglia tradizionale era un modello avariato;
4.nel far ammettere e confessare, a mezzo di continue violenze psicologiche e punizioni anche corporali, inesistenti fantasie sessuali verso terzi e anche nei confronti dei genitori e dei parenti: in particolare Fiesoli R.L. diceva a Zahami Paolo che covava il desiderio di andare a letto con la sorella, di cui era innamorato e sulla quale si faceva fantasie sessuali e che per quel motivo aveva paura di essere un maiale; Fiesoli R.L. diceva anche che Zahami Paolo alimentava fantasie erotiche sul padre e sulla madre e, alle sue rimostranze che semmai il maiale era lui, Fiesoli R.L. rincarava la dose dicendo che era un porco perché si faceva le fantasie sessuali su tutte le persone del Forteto che incontrava, che il suo desiderio più grosso era di farsi inculare dal padre e da lui stesso per sentirsi approvato e considerato dalle persone, dicendogli al contempo, toccandosi i genitali “lo vorresti questo eh?”;
nel 2001 Fiesoli R.L. tentava nuovamente un approccio sessuale con Zahami Paolo e, al suo rifiuto, cominciava ad attaccarlo in continuazione; lamentandosi con Max Fiesoli e Marco Ceccherini Junior delle attenzioni sessuali che Fiesoli R.L. aveva avuto per lui, Zahami Paolo apprendeva che quelli avevano avuto tantissimi rapporti sessuali completi con Rodolfo; Zahami Paolo, che aveva pensato che le attenzioni che il Fiesoli R.L. gli aveva riservato fossero solo per il suo bene e per fargli accettare la sua omosessualità, capiva che l’omosessuale era Fiesoli R.L. e il mondo gli crollava addosso. Con l’aggravante di avere commesso i fatti in concorso con più di cinque persone; Nella comunità il Forteto tra Vicchio e Dicomano sino al marzo 2005.
BACCI Francesco
BOCCHINO Maria Angela CECCHERINI Marco CONSORTI Mariella GIORGI Marida GOFFREDI Luigi LASCIALFARI Elena MONTORSI Silvano PEZZATI Stefano Paolo PIZZI Matteo PREMOLI Domenico ROMOLI Gianni SARTI Stefano SARTI Sauro Massimo SASSI Elisabetta SERPI Luigi TARDANI Daniela TARDANI Maria Francesca TEMPESTINI Elena Maria TURINI Andrea VANNUCCHI Mauro.
IMPUTATI
v)del delitto di cui all’art. 81 cpv., 110, 112, 572 e 61 n. 9, perché, in concorso fra di loro e con Fiesoli R.L., incontrastato capo “spirituale”, responsabile e fondatore della stessa, con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso in danno di più persone, nella loro qualità di appartenenti alla comunità “Il Forteto”, maltrattavano:
Aversa Giuseppe (capo lett. c) per Fiesoli R.L.)), Bimonte Jonathan (capo lett. j) per Fiesoli R.L.), Biordi Nicoletta (capo lett. n) per Fiesoli R.L.), Corso Marika (capo lett. o) per Fiesoli R.L.), Daidone Luigi (capo lett. p) per Fiesoli R.L.), Fiesoli Donatella (capo lett. r) per Fiesoli R.L.), Fiorenza Eris (capo lett. g) per Fiesoli R.L.),
Gronchi Manuel (capo l) per Fiesoli R.L.), Mameli Marco (capo lett. e) per Fiesoli R.L), Vainella Valentina (capo lett. s) per Fiesoli R.L.), Vannucchi Grazia (capo lett. t) per Fiesoli R.L.), Zahami Paolo (capo lett. u) per Fiesoli R.L.),
coadiuvandolo stabilmente nell’attuazione e nell’ osservanza delle rigide regole di vita e di comportamento da quello create e imposte nella comunità, consistite in particolare: 1.nella rigorosa separazione degli uomini dalle donne, anche se legati da vincoli affettivi e uniti in matrimonio; 2.nella pratica dell’omosessualità anche tra persone minori di età, intesa quale mezzo per risolvere i problemi sessuali dell’infanzia dovuti all’omosessualità latente e nel sostenere l’inferiorità delle donne rispetto agli uomini perché “impure e puttane”; 3.nel divieto di rapporti eterosessuali; 4.nella denigrazione costante della famiglia di origine e nell’ostacolare ogni relazione con genitori e parenti, anche non consegnando ai destinatari la posta da quelli proveniente, non passando le telefonate che giungevano e non consentendo a nessuno di fare telefonate private, essendo obbligatorio l’utilizzo del dispositivo “viva voce”;
5.nel divieto di coltivare rapporti con persone all’esterno della comunità, e di esercitare qualunque tipo di attività ricreativa, culturale, sportiva ed educativa, sostenendo che tutto quello che era fuori era “il male”; 6.nell’imporre la permanenza ed il lavoro all’ interno della comunità e l’accettazione della regola secondo cui quasi tutta l’intera paga derivante dall’attività lavorativa svolta presso la cooperativa il Forteto veniva versata all’associazione omonima ad eccezione di circa duecento euro mensili e nell’ inibire di proseguire gli studi ovvero di avviarsi ad un lavoro all’esterno della comunità, tacciando coloro che ne avanzavano richiesta di “essere di fuori”, sottoponendoli alle consuete “punizioni” meglio descritte ai capi che precedono e seguono; 7.nell’impedire di ricorrere alle istituzioni pubbliche per curare le persone che ne avevano bisogno, nell’omettere di portare le persone al pronto soccorso e nel provvedere Fiesoli R.L. a suturare ferite con ago e filo e Goffredi Luigi a prestare cure odontoiatriche ;
8.nel condizionare le scelte di voto in occasione di elezioni politiche ed amministrative, ordinando di votare per una parte politica precisa e sottoponendo chi dissentiva alle solite punizioni per fare accettare le regole della comunità: insulti, chiarimenti ed emarginazione dal gruppo; 9.nella pratica ossessiva dei “chiarimenti”, cui venivano sottoposte tutte le pp.oo, consistenti in discussioni protratte anche per ore e condotte dagli indagati separatamente con diverse pp.oo., nelle quali si obbligavano queste ultime ad ammettere e confessare, a mezzo di continue violenze psicologiche e punizioni anche corporali, suggerite ed inesistenti fantasie sessuali verso terzi e anche nei confronti dei genitori e dei parenti, violenze ed abusi subìti dai propri genitori ed infrazioni - vere o presunte - delle regole della comunità; discussioni che, in assenza di ammissione e confessione o, in caso di persistenza del rifiuto ad accettare le decisioni e gli indirizzi di pensiero o di condotta della comunità, sfociavano in percosse, costrizioni a stare chiusi in una stanza o immobili in piedi o nell’andare a letto senza cena, disapprovazione, emarginazione e isolamento dal gruppo, attuati anche con pesanti ingiurie (puttana, troia, maiale/ a, stupido/a, cretino/a, idiota, grullo/a, bucaiolo/a) e denigrazione della persona in presenza di tutti, in occasione delle riunioni per i pasti alla mensa o delle riunioni serali;
10.nel minacciare anche di morte coloro che tentavano di sottrarsi alle regole sopradescritte o che le ponevano in discussione, ed aggredendo e percuotendo coloro che, come Paolo Zahami, reagivano opponendosi a Fiesoli R.L. e ai suoi atti di sopraffazione fisica, morale e sessuale,
con tali condotte infliggendo una stabile e perdurante situazione di sofferenza e di vessazione a tutte le pp.oo., generando nelle stesse una condizione di sudditanza e di soggezione psicologica finalizzata al controllo ed alla gestione della persona e ad ottenere dalle stesse un assoggettamento a Fiesoli R.L. ed al suo sistema di vita comunitario, che comprendeva anche la giustificazione delle condotte sessuali del medesimo, proposte e sostenute come atti “terapeutici e purificatori” dei traumi - veri o presunti – subìti dalle pp.oo. In particolare:
a.Goffredi Luigi e Consorti Mariella insieme ad altri membri della comunità imponevano ad Aversa Giuseppe, dopo pochi mesi che era entrato al Forteto (anno 1997) chiarimenti e pressioni per fargli ammettere che la madre aveva preso soldi dalle persone cha avevano abusato di lui; Romoli Gianni, sin da piccino, diceva ad Aversa Giuseppe “vuoi tornare alla normalità? Quella normalità che te l’ha fatto prendere in culo?”; Consorti Mariella, in qualità di madre affidataria di fatto, (per decisione di Fiesoli R.L.), di Aversa Giuseppe, a quest’ultimo, che le aveva confidato di essersi masturbato per la prima volta, diceva che era un maiale e ogni volta che lo incontrava gli diceva che era imbarazzato; inoltre per qualsiasi stupidaggine da ragazzi gli diceva che era un idiota, un grullo, un cretino (anno 1999 circa); quando veniva a conoscenza che aveva baciato Vainella Valentina, lo rimproverava perché il rapporto doveva rimanere platonico (anno 2001) e quando veniva a conoscenza che aveva fatto domanda per entrare in Polizia, gli levava il saluto (anno 2007); Aversa Giuseppe, in un giorno del mese di dicembre 2008, sentiva Pizzi Matteo che diceva al fratello Samuele, che lui non voleva bene a nessuno, che non credeva nei princìpi del Forteto e che non voleva affrontare i suoi problemi; Bacci Francesco, intorno al mese di settembre 2009, poco prima che Aversa Giuseppe uscisse dalla comunità, gli diceva che doveva scegliere: o stare e lavorare al Forteto rispettando le regole oppure versare 900 euro al mese se ci voleva stare come in un albergo; Pezzati Stefano, Bacci Francesco e Romoli Gianni, in un incontro richiesto da Aversa Giuseppe nell’ottobre 2009, gli dicevano che era di cattivo esempio per i ragazzi, che non andava bene neppure che avesse una ragazza e che ci dormisse insieme e che se voleva vedere il fratello Michele (detto Samuele), anch’egli affidato alla comunità, lo doveva incontrare fuori; b.Tardani Daniela, Elena Lascialfari, Montorsi Silvano e Serpi Luigi, quest’ultimo quale padre affidatario di fatto (per decisione di Fiesoli R.L.), nel corso di ripetuti e ossessivi colloqui, dicevano a Bimonte Jonathan che i suoi fratelli Cristhofer, Luna ed Emanuele avevano riferito che il padre li costringeva a imitare, nudi, atti sessuali tra di loro, per farne dei filmini pornografici e guadagnarci soldi, perché ammettesse che quelle cose erano veramente successe, e gli suggerivano i dettagli di quello che doveva dire davanti al tribunale (anno 1996 pochi giorni dopo il suo ingresso in comunità); Tardani Daniela metteva a sedere per un’intera giornata Bimonte Jonathan per chiarire, perché era stato in bagno e non si era pulito con la carta igienica (1999 all’età di dieci anni); Sarti Sauro riempiva di schiaffi e di pugni Bimonte Jonathan perché non voleva dare la Playstation a un amico (intorno all’anno 2000); dall’età di otto anni, nei giorni in cui non andava a scuola e in tutto il periodo estivo veniva costretto a fare i lavori domestici al Forteto (lavare i bagni, rifare i letti, dare il cencio, rigovernare la cucina e lavare a mano i panni); all’età di dodici anni (anno 2001) veniva costretto a lavorare come operaio dalle ore 8,30 del mattino sino alle 17; una volta, tagliando le tegole, si feriva al palmo della mano destra; all’età di quattordici anni (anno 2003), lavorando d’estate si tagliava profondamente con un ferro al ginocchio della gamba destra; al pronto soccorso diceva, dietro indicazione, che si era fatto male giocando a calcio; Bimonte Jonathan subiva pestaggi e chiarimenti perché una ragazzina, che veniva a trovare un’amica al Forteto, si era innamorata di lui; gli veniva vietato di frequentarla o parlarci e, tutte le volte che riusciva a parlarci, gli veniva imposto di ammettere che era un maiale e che quelle cose le faceva per nascondere la sua omosessualità (anno 2004); Serpi Luigi, quale padre affidatario, picchiava Bimonte Jonathan con ceffoni, calci, pugni in faccia, lo faceva cadere a terra, continuando a colpirlo, lo trascinava per terra, lo lanciava contro il muro e una volta, all’età di quindici anni, gli rompeva una costola lanciandogli contro una seggiola (fatti avvenuti sino all’età di sedici anni (2005);
c.Tardani Daniela, madre affidataria di Biordi Nicoletta, la costringeva a buttare via i vestiti perché troppo femminili e a tagliarsi i capelli perché troppo lunghi, non appena entrata nella comunità, nell’agosto del 1993, all’ età di quattordici anni; pur avendo espresso il desiderio di continuare gli studi avendo terminato la terza media, le veniva risposto che non era in grado di andare a scuola, perché aveva troppi complessi e problemi e che sarebbe stato un fallimento; veniva quindi messa a lavorare al caseificio, dove lavorava dalle 5 della mattina alle 17,30 del pomeriggio, anche il sabato e la domenica, quando era impegnata al negozio, e non veniva retribuita sino all’età di venti anni; Tardani Daniela, cercava di costringere Biordi Nicoletta ad ammettere che era stata violentata dal suo babbo e che le era piaciuto, che era stata lei a provocarlo perché era in competizione con la madre, che la zia era una puttana di alto bordo, nel corso di reiterati “chiarimenti”, svolti anche insieme a Giorgi Marida e Consorti Mariella, picchiandola a questo fine con un mestolo quando si addormentava; doveva anche ammettere, perché così le diceva Tardani Daniela, che la madre era una ritardata mentale e spesso le veniva detto che lei era come la madre e che sarebbe diventata come lei, doveva ammettere che si sentiva scema, che si sentiva ignorante, che non capiva nulla e che aveva bisogno di essere guidata (anno 1994 circa); Tardani Daniela e Tempestini Elena, dopo avere detto a Biordi Nicoletta, all’epoca diciassettenne, che Lara Volpi si era innamorata di lei, riuscivano a convincerla che avere rapporti sessuali con una donna, non significava essere lesbiche, ma esercitare una sorta di libertà sessuale, e che se si rifiutava di avere rapporti con la predetta, significava che aveva paura di essere lesbica e quindi aveva dei problemi che doveva risolvere (anno 1995); in seguito Biordi Nicoletta aveva, per un breve periodo una relazione con Lara Volpi (anno 1996); Tardani Daniela e Tempestini Elena, venute a sapere che, durante una vacanza a Forte dei Marmi, Biordi Nicoletta si era scambiata un bacio con un ragazzo della comunità, si arrabbiavano e cercavano di farla sentire in colpa, dicendole che Volpi Lara si era sentita tradita e che quello che aveva fatto era contro gli ideali del Forteto (anno 1996); nonostante la stato di gravidanza (anno 2001), Tardani Daniela le diceva che doveva lavorare lo stesso, anche se il ginecologo l’aveva consigliata di non fare lavori pesanti e così era costretta a continuare a lavorare, sino al settimo mese, alla stagionatura del formaggio, dove doveva sollevare di continuo scatole, casse e forme di formaggio;
d.Goffredi Luigi, padre affidatario di Corso Marika, era uso picchiarla anche quotidianamente con uno zoccolo o con un mestolo per motivi banali, dal suo ingresso nella comunità avvenuto all’età di otto anni nel 1983, sino all’età di quindici anni; inoltre non perdeva occasione di ricordarle il passato di abuso sessuale pretendendo che raccontasse l’esperienza nei minimi dettagli e sostenendo che le era piaciuta; nel 1987, quando Goffredi Luigi la vedeva uscire dal bagno le domandava sempre se si era masturbata, sostenendo che lo aveva fatto con il tappo del detersivo o dello shampoo o con la spazzola; una volta le diceva che lo aveva fatto con il manico della scopa; se non ammetteva di essersi masturbata doveva fare il chiarimento stando seduta su una seggiola per un pomeriggio intero sino a che ammetteva quello che lui aveva deciso essere la verità; all’età di dodici anni (1987), veniva indotta da Goffredi Luigi ad avere un rapporto orale con lui, per convincerla che la cosa era normale, che non aveva fatto niente di male quando a sette anni, era stata costretta a fare la stessa cosa con le persone che l’avevano abusata; all’età di quattordici anni (1990) assisteva a ripetuti abusi sessuali da parte di Goffredi Luigi nei confronti di una bambina down a nome Maria che dormiva nel letto sottostante al suo; Tardani Francesca, madre affidataria di fatto (per decisione di Fiesoli R.L.), di Corso Marika dall’età di sedici anni, quando nell’anno 2000 veniva a sapere che aveva avuto una relazione, all’interno della comunità, con Marani Paolo, la picchiava sino a costringerla a raccontarle tutti i particolari dei rapporti sessuali e le posizioni che aveva assunto e, in una riunione serale, davanti a tutti, d’accordo con Fiesoli R.L., la costringeva a raccontare le sue esperienze sessuali con Marani Paolo, questo presente e decideva che non potevano più parlarsi;
e.Bacci Francesco, Vannucchi Mauro, Tempestini Elena, in concorso con il Fiesoli R.L., questi ultimi quali suoi genitori affidatari, ripetevano in continuazione a Daidone Luigi che la sua mamma, Rusciano Flora era una prostituta, che aveva mandato lì lui e il fratello Jonnhy perché voleva fare i cazzi suoi, che lui somigliava al suo babbo che era un mafioso, che aveva sempre mangiato “pane e merda”, che era povero, che i suoi nonni erano degli zingari, e che la sua mamma consentiva che uomini sconosciuti abusassero di lui e del suo fratello Johnny; gli suggerivano anche di assumere le posizioni del presunto abuso e gli chiedevano dettagli fisici delle persone e lo costringevano poi ad ammettere pubblicamente, all’esito di chiarimenti e punizioni (consistenti in schiaffi, spinte, chiarimenti ed insulti continui (bucaiolo, pezzo di merda, ingrato), che tali fatti erano veri (anno 1999 all’età di nove anni); un giorno, verso gli undici anni (anno 2001), il fratello Jonnhy veniva portato davanti a lui e Vannucchi Mauro, presenti Bacci Francesco, Tempestini Elena e Fiesoli R.L. cominciava a dirgli che Jonnhy aveva detto che dentro casa loro entravano a turno delle persone, che la loro mamma usciva, che queste persone, con la scusa di giocare a soldatini, li portavano in camera da letto della mamma e abusavano di lui e del suo fratello separatamente; Vannucchi Mauro in particolare gli diceva che con lui entrava una persona che si spogliava, che gli faceva toccare il pene e che quando diventava duro, lo faceva girare e lo penetrava; dicendogli che non doveva vergognarsi, gli facevano provare le posizioni, facendolo salire sul tavolo e facendolo mettere a quattro zampe; gli chiedevano anche se, quando l’abusante aveva finito, avesse sentito del bagnato e se avesse sentito del dolore; sapendo che se non ammetteva, sarebbe stato punito, Daidone Luigi ammetteva tutto quello che gli veniva indicato, anche che la madre prendeva dei soldi (1999-2001); Vannucchi Mauro e Tempestini Elena gli dicevano che non doveva giocare con i fratelli, perché aveva degli altri coetanei con cui giocare e non gli permettevano di frequentare amichetti all’esterno della comunità; nell’aprile del 2009 Vannucchi Mauro, prendeva a schiaffi Daidone Luigi mentre Bacci Francesco lo teneva fermo, dopo averlo costretto ad alzarsi da letto, insultato e ingiunto di rispettare le regole del Forteto, perché smettesse di lavorare all’esterno della cooperativa;
f.a Fascione Elisabetta e Fiesoli Donatella, che erano state messe insieme a sedere nella mensa per i soliti chiarimenti, Marida Giorgi, che mostrava loro un matterello, diceva che se la sera non avessero detto quello che avevano, le avrebbe picchiate (in un giorno dell’anno 1990); Bocchino Angela, dopo che Fiesoli R.L. l’aveva fatta entrare in una stanza, percuoteva sulla nuca Fiesoli Donatella sino a farle venire dei grossi bozzi sulla testa e farla accasciare a terra, in un giorno dell’ anno 1994; in un giorno del marzo 2007, quando Fiesoli Donatella, aveva fatto notare a Fiesoli R. L. che non era il caso di continuare a far dormire Fabrizio (Forti n.d.r.) in camera con lui, veniva isolata da tutti gli indagati e da tutti i componenti della comunità, anche sul posto di lavoro, perché aveva osato mettere in discussione l’autorità di Fiesoli R.L.; nel settembre 2007 Giorgi Marida, Bocchino Angela, Goffredi Luigi, Tardani Francesca e Consorti Mariella, incitati da Fiesoli R.L. che urlava dicendole che il suo cattivo esempio (di insubordinazione n.d.r.), stava portando altre persone a ribellarsi, aggredivano Fiesoli Donatella che, dopo essere stata afferrata per un braccio da Giorgi Marida ed essersi liberata e data alla fuga, veniva raggiunta ed afferrata da Goffredi Luigi, sospinta verso una stanzina all’interno della quale si trovavano Bocchino Angela, Tardani Francesca e Consorti Mariella che la tiravano dentro dove veniva colpita con reiterati calci da Goffredi Luigi; a fine settembre 2007, Fiesoli Donatella veniva avvicinata di nuovo da Giorgi Marida, Bocchino Angela e Serpi Luigi, che la costringevano a rientrare in una stanzina ed a rimanervi per più di un’ora, impedendole di uscire sia dalla porta che dalla finestra perché “confessasse” le proprie colpe consistenti nell’aver “parlato male del Forteto ad alcuni ragazzi, e nell’aver “messo su” Paolo Sarti con il suo cattivo esempio ed aver parlato male di Fiesoli R.L.; pochi giorni dopo, in relazione alle stesse accuse, Vannucchi Mauro la minacciava dicendole che doveva lasciare il Forteto, che non doveva rivolgere parola ai ragazzi più giovani, che se l’avesse incontrata per la strada l’avrebbe arrotata, che era una troia e che se ne doveva andare, altrimenti l’avrebbe levata dal mondo; nell’ottobre 2007 Bocchino Angela, dopo quanto era successo in precedenza le diceva che non c’era più bisogno di lei al caseificio e, chieste spiegazioni a Pezzati Stefano, questi le diceva che doveva adattarsi a pulire i bagni della stalla, dell’ufficio e dei giardini; g.Tardani Daniela, madre affidataria di Gronchi Manuel, lo costringeva a confessare le fantasie sessuali che aveva, a suo dire, per lei, perché nel fargli il bagno, dall’età di sei ai dieci anni (1990-1994), aveva avuto delle erezioni involontarie; lo costringeva a chiarire se non riusciva a giocare al lego, se era troppo bianco in viso, se non voleva mangiare, per ogni piccolo litigio, se rispondeva male a qualcuno; il chiarimento consisteva nello stare in piedi per delle ore chiuso in una stanza, anche senza mangiare; in alternativa veniva picchiato da Tardani Daniela con zoccoli di legno o con mestoli di legno sulle mani o sulla schiena; Sarti Stefano, altro genitore affidatario, lo prendeva a calci nel sedere; i chiarimenti e le punizioni erano finalizzate ad ammettere quello che volevano sentirsi dire e cioè che i suoi malesseri erano da collegare ai suoi genitori naturali; Tardani Daniela e Sarti Stefano gli dicevano che la madre era una puttana e che i suoi genitori naturali non gli volevano bene, in sostanza che erano meritevoli di disprezzo; a partire dai sei anni sino ai dieci (1990-1994) veniva costretto a rifare, finita la scuola, le camere e i letti (una trentina) della villa e a passare l’aspirapolvere; d’inverno, più volte, quando frequentava le scuole elementari, veniva svegliato dai genitori affidatari alle cinque e mezzo del mattino per andare a lavorare con loro nel caseificio, dove doveva lavare centinaia di cassette; qualche volta doveva lavorare per diversi giorni e saltava la scuola; durante una giornata di lavoro con Sarti Stefano, nell’anno 1991, schiacciando, su ordine di quello, il bottone che faceva alzare la sponda posteriore dell’autocarro su cui doveva caricare delle cassette vuote per il formaggio, Gronchi Manuel rimaneva incastrato con il dito anulare della mano sinistra, perdendone l’ultima falange; portato al pronto soccorso di Careggi, diceva, su indicazione di Sarti Stefano, che aveva toccato il bottone di sua iniziativa; Tardani Daniela, avendolo visto all’uscita di scuola (terza media anno 1999), che baciava sulla bocca una ragazzina, sottoponeva Gronchi Manuel a un pesante chiarimento, perché quel bacio veniva considerato un innaturale esibizionismo e faceva pressioni perché non vedesse più la ragazzina;
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all’età di diciannove anni (anno 2003), Tardani Daniela gli diceva spesso di andare a parlare con Fiesoli R.L. e qualche volta lo accompagnava dallo stesso, il quale, dopo i soliti chiarimenti, compiva atti sessuali su di lui (capo lett. k) per Fiesoli R.L.), in presenza della predetta che gli diceva di lasciarsi andare e che era perfettamente normale quello che succedeva; Stefano Pezzati, in un giorno dell’agosto 2009, diceva a Gronchi Manuel che, a causa del fatto che si era dimenticato di pagare un pezzo di carne che aveva preso nella macelleria della comunità, non poteva più rimanere come dipendente e che doveva dare le dimissioni, cosa poi avvenuta, altrimenti lo avrebbero denunziato; il tutto in conseguenza del fatto che non accettava più le regole della comunità e anche perché si era accompagnato con una ragazza nell’anno 2003; h.Serpi Luigi e Tardani Francesca, nella qualità di genitori affidatari di fatto, (per decisione di Fiesoli R.L.), di Mameli Marco, più volte lo punivano colpendolo in testa, il Serpi con il manico di una granata e la Tardani con un matterello, inoltre più volte veniva messo a sedere e lasciato lì per ore, più volte veniva mandato a letto senza cena (sino all’età di diciotto anni anno 1994); Serpi Luigi quando Mameli Marco aveva quattordici anni (1990), abusava sessualmente di lui; Tardani Francesca era a conoscenza che Fiesoli R.L. si intratteneva in bagno con Mameli Marco anche per parecchio tempo e quando uscivano non faceva domande, ma diceva comunque a Mameli Marco che le persone che stavano con Fiesoli R.L., rinascevano, guarivano e tornavano un fiore; se guardava una ragazza, Serpi Luigi e Tardani Francesca dicevano che si faceva le fantasie sessuali; ogni cosa che Mameli Marco diceva a Tardani Francesca, veniva riferita a Fiesoli R.L.; più volte Tardani Francesca gli chiedeva se aveva avuto rapporti sessuali con la madre e se si faceva fantasie sessuali su di lei (sino al 1994 circa); i.Tardani Daniela, Giorgi Marida, Bacci Francesco e Sassi Elisabetta, questi ultimi nella qualità di suoi genitori affidatari di fatto, (per decisione di Fiesoli R.L.), cercavano di costringere Vainella Valentina a recidere i rapporti con la sua mamma, dicendole che doveva dire al Tribunale per i Minori, nel corso degli incontri, che non voleva veder la sua mamma e che i suoi genitori erano cattivi, inoltre le domandavano “la tu mamma faceva la puttana, non te lo ricordi?”, inoltre la costringevano a dare ad altri bambini i regali che la mamma le aveva dato nel corso degli incontri protetti; quando aveva nove-dieci anni, la sera veniva organizzato un teatrino da Tardani Daniela, Giorgi Marida, Sassi
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Elisabetta e Bacci Francesco, in cui venivano rievocate scene di vita familiare di Valentina in cui veniva picchiata dalla madre (anni 1995-1996); ogni cosa facesse, se guardava una persona, le veniva chiesto se si stava facendo fantasie sessuali; le chiedevano “ma tua madre non sapeva niente di questo” e alla risposta negativa le dicevano che non era possibile, che dovevano esserci delle mutande sporche, che doveva liberarsi e dire la verità; la colpivano con colpi sulla testa sino a che non ammetteva che le madre era a conoscenza dell’abuso fatto nei suoi confronti da persone estranee; se diceva che a scuola era andata bene sostenevano che non era vero e che siccome aveva subìto degli abusi, aveva adescato i ragazzini e li portava in bagno; se non ammetteva doveva rimanere a sedere a pensare, a volte la picchiavano con scappellotti e schiaffi (anno 1996); con il tempo le dicevano che era meglio che non incontrasse la madre, affermando che non le poteva dare le cose che le davano loro, che era cattiva e le raccomandavano di dire al Tribunale che non voleva vederla (anni 1996-1997); una volta Tardani Daniela tirava un ceffone a Valentina perché le aveva raccontato di un ricordo bello con la mamma e le diceva che non doveva ricordare fatti belli sulla madre, perché non ne erano successi (anno 1996); Sassi Elisabetta insinuava continuamente che di notte si toccasse e le diceva che se continuava a masturbarsi sarebbe rimasta incinta; Bacci Francesco e Sassi Elisabetta la costringevano a chiarire e ad ammettere, dopo che aveva giocato con Bimonte Luna che si erano toccate (anni 1995-1998); d’accordo con Fiesoli R.L. la costringevano a recidere i rapporti con la sorella minore Romina, anch’essa ospite del Forteto; da ultimo e fino al momento nel quale Valentina lasciava il Forteto (primo gennaio 2008), la maltrattavano insieme a tutti gli altri presenti, isolandola, ignorandola e assistendo impassibili ai suoi pianti, in ragione del fatto che ella, studiando alla facoltà Universitaria di Scienza della Formazione, si ribellava alle regole del Forteto contestandone la fondatezza; Bacci Francesco e Sassi Elisabetta, gli ultimi giorni prima di uscire dalla comunità, le dicevano inoltre di stare zitta, perché “tutto quello che usciva dalla bocca era merda”; j.Vannucchi Grazia, pur essendosi sentita male diverse volte sul lavoro, non veniva curata, poiché il ricorso alle strutture sanitarie pubbliche era vietato (anni 1991-1992); Vannucchi Mauro, in un giorno del novembre 2007 diceva alla sorella Vannucchi Grazia e al marito Fiesoli Alessio che dovevano andare via
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dalla comunità e che “ Rodolfo si era dovuto tirare giù i pantaloni per salvare Max”; k.Romoli Gianni, quale padre affidatario di fatto, per decisione di Fiesoli R.L., in un giorno dell’autunno 1994, insieme con Fiesoli R.L., iniziava a dire a Zahami Paolo che si faceva delle fantasie sessuali nei confronti del suo amico Salvatore Amidei, perché era geloso della sua personalità e, nel corso di massacranti discussioni, lo invitava, trattenendolo a sedere, dopo cena, su una panca ad accettare il fatto che era un finocchio e che la natura dell’uomo è orientata all’omossessualità; in seguito Zahami Paolo riusciva a fuggire momentaneamente dalla comunità, ma veniva rincorso da Romoli Gianni e convinto poi a ritornare; Ceccherini Marco, appreso che Zahami Paolo aveva intenzione di votare a destra, cercava di persuaderlo ad adeguarsi alle indicazioni della comunità, ed alla sua resistenza, lo insultava dicendogli “ testa di cazzo, cretino, non vuoi ascoltare i consigli delle persone più intelligenti”, indicandolo come esempio negativo agli altri ragazzi del gruppo (primavera del 1995); la sera stessa, insieme a Fiesoli R.L., Romoli Gianni, Premoli Domenico, Turini Andrea e Consorti Mariella, lo insultavano dicendogli, in presenza di tutta la comunità riunita dopocena, che lui era “l’idiota che avrebbe votato a destra”, costringendolo a sottoporsi ai “chiarimenti”, durante i quali gli veniva detto che lui era stato condizionato da suo padre che votava a destra, e che per liberarsi di tale condizionamento avrebbe dovuto seguire i consigli “delle persone più intelligenti” e acconsentire a votare come gli veniva indicato, anche sollecitandolo a non mettere più in discussione quello che gli veniva detto in comunità; avendo detto a Ceccherini Marco che aveva votato a sinistra, doveva subire ancora insulti davanti a tutti e un chiarimento per insegnargli che non avrebbe più potuto mettere in discussione ci che veniva detto all’interno del Forteto; in un giorno dell’inverno 1995-1996, lo Zahami Paolo, dopo che aveva detto a Fiesoli R.L. che il maiale era lui in risposta alle affermazioni che si faceva fantasie sessuali su suo padre, su sua madre e su sua sorella, veniva bloccato da Premoli Domenico nelle mani, mentre Romoli Gianni e Turini Andrea lo tenevano a forza a sedere e veniva colpito da Fiesoli R.L. con un violento colpo alla nuca; in un giorno del giugno 1998, sempre per le stesse ragioni di cui sopra, alla reazione che Zahami Paolo stava per avere alla frase del Fiesoli R.L. che si era trombato la sorella, veniva assalito da Romoli Gianni, Premoli Domenico, Turini Andrea, Bacci Francesco e
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Vannucchi Mauro che lo picchiavano con calci e pugni, che lo lasciavano invalido per circa quindici giorni, con le orecchie che gli fischiavano e il collo che non poteva girare; dopo ammetteva tutte le fantasie sessuali e cedeva su tutto ci che gli dicevano, in quanto erano riusciti ad annullare la sua volontà.
Con le aggravanti di avere commesso i fatti in più di cinque persone, con abuso dei poteri e con violazione dei doveri inerenti a un pubblico servizio, essendo la comunità preposta all’affido di minori. Nella comunità il Forteto tra Vicchio e Dicomano per Aversa Giuseppe sino al settembre 2007; per Bartolini Irene sino al gennaio 2008; per Bimonte Jonathan sino al febbraio 2008; per Biordi Nicoletta sino al dicembre 2011; per Corso Marika sino al settembre 2008; per Daidone Luigi sino al marzo 2009; per Fascione Elisabetta sino al 2008; per Fiesoli Donatella sino al gennaio 2008; per Fiorenza Eris sino al 2009; per Gronchi Manuel sino all’inverno 2009; per Mameli Marco sino al maggio 2010; per Vainella Valentina sino all’1 gennaio 2008; per Vannucchi Grazia sino al novembre 2007; per Zahami Paolo sino al marzo 2005; SERNISSI Doriano SASSI Elisabetta inoltre: l.del delitto di cui agli artt. 110, 40 cpv., 572 e 61 n.9 c.p., perché, in concorso tra loro, nella qualità di genitori affidatari di Fiorenza Eris (nato il 6.9.1990), come da provvedimento del Tribunale dei Minorenni di Firenze del 17.3.2004, essendo titolari di una posizione di garanzia connessa al loro dovere di protezione, sorveglianza, educazione e cura del minore, sino al compimento della maggiore età avvenuta il 6.9.2008, non impedivano che venissero commessi in suo danno fatti di maltrattamento all’interno della comunità il Forteto, in particolare consentivano a Fiesoli Rodolfo Luigi di porre in essere condotte maltrattanti, derivanti dall’imposizione delle rigide regole di comportamento all’interno della comunità, di cui erano a conoscenza (separazione tra uomini e donne, pratica dell’omosessualità, svalutazione, denigrazione e distacco dalle famiglie di origine, pratica dei chiarimenti serali, punizioni corporali) e consistite anche in abusi sessuali da parte di Fiesoli Rodolfo Luigi (v. capi di cui alle lettere f) e g)), con l’aggravante di avere commesso i fatti anche in violazione dei doveri inerenti a un pubblico servizio, essendo la comunità preposta all’affido di minori. Nella comunità il Forteto tra Vicchio e Dicomano sino al 6.9.2008.
BOCCHINO Angela GIORGI Marida SERPI Luigi inoltre: m.del delitto di cui agli artt. 110, 605 c.p., perchè in concorso tra loro, privavano Fiesoli Donatella della libertà personale, costringendola a stare per circa un’ora in una stanza della propria casa, al fine di farle “confessare le sue colpe” in relazione ad una discussione avuta con Sarti Paolo, consistite, a loro dire nel cattivo esempio che lei aveva dato, con il risultato che altre persone si stavano ribellando. Nella comunità il Forteto tra Vicchio e Dicomano, in un giorno della fine del settembre 2007. Con la recidiva specifica: per FIESOLI Rodolfo Luigi in ordine ai delitti di maltrattamenti e di violenza sessuale; per GOFFREDI Luigi in ordine al delitto di maltrattamenti.
Conclusioni delle parti:
Pubblico Ministero -per PIZZI Matteo: assoluzione ex art. 530 comma 2; -per FIESOLI Rodolfo Luigi: assoluzione per i capi b), i) in quanto assorbiti dai capi c) ed h) e assoluzione per il capo u) per intervenuta prescrizione. Per i restanti capi anni 21 di reclusione; -per GOFFREDI Luigi: anni 15 di reclusione; -per TARDANI Daniela: anni 15 di reclusione; -per SASSI Elisabetta: anni 10 mesi 10 di reclusione;
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-per SERNISSI Doriano: anni 10 mesi 10 di reclusione; -per SERPI Luigi: anni 11 di reclusione; -per BACCI Francesco, PEZZATI Stefano Paolo, ROMOLI Gianni, SARTI Stefano, SARTI Sauro Massimo, CONSORTI Mariella, TARDANI Francesca, TEMPESTINI Elena Maria, VANNUCCHI Mauro: anni 10 di reclusione; -per MONTORSI Silvano: anni 8 di reclusione; -per TURINI Andrea: anni 8 di reclusione; -per PREMOLI Domenico: anni 7 di reclusione; -per BOCCHINO Angela e GIORGI Marida: anni 3 mesi 6 di reclusione; -per LASCIALFARI Elena: anni 2 di reclusione;
Parti Civili: come da conclusioni scritte depositate all’udienza del 19.5.2015
Difese: -per BACCI Francesco, SARTI Stefano, TARDANI Daniela: assoluzione perché il fatto non sussiste o perché il fatto non costituisce reato; -per ROMOLI Gianni: assoluzione perché il fatto non sussiste o con altra formula di giustizia; -per MONTORSI Silvano e PREMOLI Domenico: assoluzione con la formula ritenuta di giustizia; -per SARTI Sauro Massimo: assoluzione perché il fatto non sussiste o per non aver commesso il fatto o con altra formula di giustizia; -per TURINI Andrea e LASCIALFARI Elena: assoluzione perché il fatto non sussiste o per non aver commesso il fatto; -per SERNISSI Doriano, SASSI Elisabetta: assoluzione perché il fatto non sussiste o non costituisce reato; -per PIZZI Matteo: assoluzione perché il fatto non sussiste; -per TARDANI Francesca: assoluzione con formula piena; -per BOCCHINO Maria Angela: assoluzione perché il fatto non sussiste o non costituisce reato o non previsto dalla legge come reato; -per CECCHERINI Marco: assoluzione con formula piena; -per GIORGI Marida: assoluzione con formula di giustizia;
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-per PEZZATI Stefano Paolo: assoluzione con formula di giustizia, quantomeno per non aver commesso il fatto ai sensi dell’art. 129 comma 2 c.p.p.; -per CONSORTI Mariella e GOFFREDI Luigi: assoluzione perché il fatto non sussiste; -per TEMPESTINI Elena Maria, VANNUCCHI Mauro, SERPI Luigi: assoluzione perché il fatto non sussiste; -per FIESOLI Rodolfo Luigi: assoluzione con formula di giustizia.
Svolgimento del processo
Con decreto 12 aprile 2013 il giudice dell'udienza preliminare disponeva il giudizio nei confronti di FIESOLI Rodolfo Luigi, BACCI Francesco, BOCCHINO Maria Angela, CECCHERINI Marco, CONSORTI Mariella, GIORGI Marida, GOFFREDI Luigi, LASCIALFARI Elena, MONTORSI Silvano, PEZZATI Stefano Paolo, PIZZI Matteo, PREMOLI Domenico, ROMOLI Gianni, SARTI Stefano, SARTI Sauro Massimo, SASSI Elisabetta, SERNISSI Doriano, SERPI Luigi, TARDANI Daniela, TARDANI Maria Francesca, TEMPESTINI Elena Maria, TURINI Andrea, VANNUCCHI Mauro imputati il FIESOLI dei delitti di violenza sessuale aggravata e continuata, violenza privata, maltrattamenti aggravati e continuati in danno di più persone (capi da <a> ad <u>); gli altri dei delitti di maltrattamenti aggravati contestati al capo v) della rubrica; BOCCHINO Angela, GIORGI Marida e SERPI Luigi, inoltre, del reato di sequestro di persona in concorso in danno di Fiesoli Donatella (capo m.1). All'udienza del 4 ottobre 2013, dichiarata la contumacia delle parti, le difese degli imputati sollevavano plurime eccezioni preliminari, attinenti alla nullità, diretta o derivata, del decreto dispositivo del giudizio e richieste di esclusione di parti civili, alle quali il pubblico ministero e le parti civili replicavano alla successiva udienza dell'11 ottobre 2013.
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Il tribunale si riservava di decidere e, all'udienza 14 ottobre 2013, pronunciava ordinanza, di seguito riportata nei punti essenziali, dichiarando: - la nullità dell’ordinanza 5.3.2013 dichiarativa della contumacia di BOCCHINO Maria Angela e CECCHERINI Marco, delle udienze successive e del decreto 2.5.2013 dispositivo del giudizio nei loro confronti, con restituzione degli atti al giudice dell’udienza preliminare del tribunale di Firenze; - la nullità dell’udienza preliminare 21.2.1013 nei confronti di SASSI Elisabetta, SERNISSI Doriano e TARDANI Maria Francesca, dell’ordinanza 5.3.2013 dichiarativa della loro contumacia, delle udienze successive e del decreto 2.5.2013 dispositivo del giudizio nei loro confronti; - l'esclusione dal processo della parte civile Fiorenza Nicola; - l’espunzione dal fascicolo del dibattimento del verbale di interrogatorio ex art. 294 c.p.p. dell’imputato FIESOLI Rodolfo Luigi e la sua restituzione al pubblico ministero, respingendo nel resto le eccezioni sollevate, con ordinanza di seguito riportata, nei suoi punti di maggior rilievo. All'udienza del 18 dicembre 2013, effettuata la riunione al processo principale di quello a carico di SASSI Elisabetta, SERNISSI Doriano e TARDANI Maria Francesca (nei cui confronti, nel frattempo, all’esito della celebrazione dell’udienza preliminare, era stato nuovamente disposto il decreto di rinvio a giudizio da parte del Gup di Firenze), respinte le questioni preliminari sollevate dal difensore, il tribunale ammetteva le prove orali richieste dalle parti, nei termini indicati con l'ordinanza allegata al verbale di udienza. L'istruttoria orale ha occupato le udienze del : → 10 gennaio 2014 [esame diretto del teste Pietracito da parte del pubblico ministero; spontanee dichiarazioni Sernissi]; → 20 e 21 gennaio 2014 [esame del teste Pietracito da parte delle parti civili e controesame delle difese degli imputati] ; → 22, 27 e 29 gennaio 2014 [deposizione Fiesoli Donatella e inizio deposizione Vannucchi Grazia]; → 29 e 31 gennaio 2014, 3 e 4 febbraio 2014 [deposizione Vannucchi Grazia]; → 4, 5 e 7 febbraio 2014 [deposizione Fiesoli Alessio ed inizio deposizione Pandolfini];
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→ 10 febbraio 2014 [deposizione Borgheresi Francesco e conclusione deposizione Pandolfini]; → 11 febbraio 2014 [prosecuzione deposizioni Borgheresi e Pandolfini]; → 14 febbraio 2014 [conclusione esame Pandolfini e deposizione Calamai Gino]; → 17 e 19 febbraio 2014 [conclusione deposizione Calamai ed esame Martinelli; inizio esame Benuzzi]; → 24 febbraio 2014 [conclusione esame Benuzzi]; → 26 febbraio e 3 marzo 2014 [esame Mameli Marco e inizio esame Corso]; → 4 e 5 marzo 2014 [esame Corso ed inizio esame Morozzi] → 10, 12 marzo 2014 [esame Vainella Valentina]; → 14 marzo 2014 [conclusione esame Sara Morozzi; esame Frateschi Marco]; → 17 marzo 2014 [esame Frateschi Martina e inizio deposizione Ceccherini Valentina]; → 18 marzo 2014 [esame Ceccherini Valentina] →19 marzo 2014 [conclusione esame Ceccherini ed esame Fascione Elisabetta] ; → 24 marzo 2014 [esame Debora Guillot]; → 26 marzo 2014 [esame Lara Volpi]; → 28 marzo 2014 [esame Max Fiesoli]; → 31 marzo 2014 [esame Paolo Zahami]; → 2 aprile 2014 [esame X]; → 11 aprile 2014 [conclusione esame Zahami; esame Biordi Nicoletta]; → 14 aprile 2014 [conclusione esame Biordi Nicoletta] → 15 aprile 2014 [esame Gronchi Manuel] → 16 aprile 2014 [conclusione esame Gronchi Manuel; esame Ceccherini Marco Junior] → 6 maggio 2014 [conclusione esame Ceccherini Marco Junior; esame Jonathan Bimonte] → 7 maggio 2014 [esame Jonathan Bimonte] → 9 maggio 2014 [esame Daidone Luigi]; → 12 maggio 2014 [inizio esame Giuseppe Aversa];
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→ 13 maggio 2014 [conclusione esame Giuseppe Aversa; esame Bianca Nannini]; → 14 maggio 2014 [esame Giada Pani]; → 21 maggio 2014 [esame Benvenuti Flavio e inizio esame Irene Bartolini]; → 23 maggio 2014 [esame Eris Fiorenza in audizione protetta]; → 26 maggio 2014 [incarico peritale dott. Luise per trascrizioni di registrazione audio e conclusione esame Bartolini Irene]; → 6 giugno 2014 [esame imputato BACCI Francesco]; → 10 giugno 2014 [esame imputati SARTI Stefano e PREMOLI Domenico]; → 11 giugno 2014 [conclusione esame imputato PREMOLI; esame imputato MONTORSI Silvano]; → 13 giugno 2014 [esame imputata CONSORTI Mariella e inizio esame imputato ROMOLI Gianni]; → 16 giugno 2014 [esame imputata BOCCHINO Grazia] → 17 giugno 2014 [conclusione esami imputati BOCCHINO e ROMOLI; inizio esame imputata SASSI Elisabetta]; → 20 giugno 2014 [conclusione esame imputata SASSI; esame imputata TARDANI Francesca]; → 23 giugno 2014 [conclusione esame imputata TARDANI; esame imputato PEZZATI Stefano]; → 25 giugno 2014 [esami imputati GIORGI Marida e TEMPESTINI Elena]; → 30 giugno 2014 [conclusione esame TEMPESTINI; esame imputato Mauro VANNUCCHI]; → 1 luglio 2014 [conclusione esame imputato PEZZATI Stefano; esame imputato Gianni ROMOLI ed esame imputato Mauro VANNUCCHI]; → 2 luglio 2014 [conclusione esame imputato Mauro VANNUCCHI; spontanee dichiarazioni ROMOLI ed inizio esame Luigi SERPI]; → 4 luglio 2014 [conclusione esame imputato SERPI; esame imputata TARDANI Daniela, inizio esame GOFFREDI Luigi]; → 7 luglio 2014 [conclusione esame imputata TARDANI Daniela e esame GOFFREDI Luigi]; → 8 luglio 2014 [conclusione esame imputato GOFFREDI Luigi].
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Il processo ha quindi subito una lunga interruzione a seguito dell’accoglimento, da parte della Corte di Appello di Firenze, di due istanze di ricusazione presentate dalla difesa dell’imputato FIESOLI Rodolfo Luigi nei confronti del presidente del Collegio, ancorchè all’evidenza inammissibili, provvedimento di cui ha fatto giustizia la Corte di Cassazione, annullandolo senza rinvio con sentenza 18.12.2014. L’istruttoria orale è ripresa nel febbraio 2015, con l’esame dei testi delle difese, alle seguenti udienze: → 6 febbraio 2015 [esame Alberto Bianco]; → 9 febbraio 2015 [esami Alessandro Paolozzo e Giovanna Leoncini]; → 11 e 19 febbraio 2015 [esame Leoncini; inizio esame Luna Bimonte]; → 20 febbraio 2015 [conclusione esame Luna Bimonte; ordinanza dispositiva del confronto tra i fratelli Bimonte, già esaminati]; → 23 febbraio 2015 [confronto Jonathan – Luna Bimonte; esame teste Romina Vainella]; → 25 febbraio 2015 [esame Sarnacchiaro Silvia e Vannucchi Benedetto]; → 26 febbraio 2015 [ conclusione esame Bendetto Vannucchi; esame Sonia Falugiani ed inizio esame Giancarlo Becagli]; → 2 marzo 2015 [conclusione esame Giancarlo Becagli; esame Venere Torre; inizio esame Agnese Marini]; →4 marzo 2015 [conclusione esame Agnese Marini; esame Paolo Bianchi e Lucia Bartolozzi; inizio esame Francesco Fiesoli]; → 5 marzo 2015 [conclusione esame Francesco Fiesoli; esame Elena Prati; inizio esame Mirco Goffredi]; → 16 marzo 2015 [conclusione esame Mirco Goffredi; esami Luciano Barbagli e Paola Di Mauro]; → 17 marzo 2015 [esami Andrea Sodi, maresciallo Gagliardo Fulvio ed inizio esame Johnny Daidone]; → 18 marzo 2015 [esami Johnny Daidone, Salvatore Daidone, Sonia Piccini e Stefano Morozzi]; → 23 marzo 2015 [ esame testi Elsia Giovacchini, Fabrizio Forti, Patrizia Zacchini e Rotini Francesco]; → 25 marzo 2015 [esame testi Emanuele Bimonte e Tiziana Scarpi]; → 26 marzo 2015 [esame Fiamma Tedesco, Cristina Maretto, Roberto Leonetti];
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→ 30 marzo 2015 [esame testi Benuzzi –richiamato dalla difesa FIESOLI- Camilla Pezzati e Goffredi Maria Elisa]; → 31 marzo 2015 [esame Sarti Paolo; esame perito Luise in merito alla perizia di trascrizione effettuata; ordinanza di revoca delle prove orali residue ai sensi dell’articolo 495 comma 4 c.p.p., con chiusura dell’istruttoria e dichioarazione di utlizzabilità degli atti contenuti nel fascicolo del dibattimento, con accordo tra le parti per un’udienza interlocutoria per completare le rispettive produzioni documentali]; → 14 aprile 2015 [ammissione delle prove documentali prodotte dalle parti con i limiti di cui all’ordinanza dettata a verbale]. Infine, udita la discussione delle parti (che ha occupato le udienze 15, 19, 25, 26 e 27 maggio 2015, 10, 11 e 12 giugno 2015) il tribunale, raccolte a verbale le rispettive conclusioni, all’udienza del 17 giugno 2015 ha pronunciato sentenza, dando lettura del dispositivo, indicando il maggior termine di 90 giorno per il deposito della motivazione della sentenza.
Motivi della decisione
I)Le questioni preliminari, pregiudiziali, di legittimità costituzionale e le eccezioni di nullità sollevate dalle difese degli imputati nella fase predibattimentale di cui all’articolo 491 c.p.p. .
All’esito delle moltiplici questioni preliminari sollevate dalle difese degli imputati, con ordinanza 14.10.2013 allegata a verbale, che è opportuno riportare e, in alcune parti, sviluppare, il tribunale ha dichiarato : 1)L’infondatezza dell’eccezione di nullità del decreto che dispone il giudizio derivante dalla nullità dell’intera udienza preliminare conseguente
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all’omessa declaratoria di contumacia degli imputati, regolarmente citati e non comparsi all’udienza 21.2.2013, terminata con il rinvio alla successiva udienza del 5 marzo 2013, soltanto all’esito della quale il Gup ha emesso la richiamata ordinanza. La questione, ampiamente dibattuta in dottrina e giurisprudenza, è mal posta e non ha dato luogo ad alcun profilo di nullità. Com’è noto l’istituto della contumacia, poi modificato dalla legge 67 del 2014, era funzionale a garantire il corretto avvio del processo una volta terminata la fase relativa alla verifica della regolare costituzione delle parti (art. 420 e ss. c.p.p. per l’udienza preliminare; art. 484 c.p.p. per la fase del giudizio) e l’instaurazione, con le stesse, di un corretto rapporto processuale . La giurisprudenza, sul punto, ha manifestato tre diversi orientamenti: - Un primo e più risalente, secondo il quale l’omissione della formale dichiarazione di contumacia, sussistendo le condizioni per celebrare il processo in assenza dell’imputato, non determina alcuna violazione del contraddittorio e non dà luogo a nullità della sentenza, in quanto non espressamente prevista dall’ordinamento e non riconducibile alle nullità di ordine generale “stante l’assenza di effetti pregiudizievoli in ordine all’intervento ed all’assistenza dell’imputato” (Cass. Pen., Sez. 5, 22.2.2005 n. 6487, Manna; nello stesso senso Sez. 5, 22.12.2005 n. 46857, D’Avanzo e altri; Sez. 4, 1.3.2005 n. 7656, Bertucca); - Un secondo, più rigido, in forza del quale la mancata comparizione in udienza dell'imputato senza che il giudice verifichi i presupposti per la dichiarazione di contumacia - limitandosi ad annotare nel verbale di udienza che l'imputato è "libero assente" – “costituisce un'anomalia che non consente di ritenere l'imputato rappresentato dal difensore, ex art. 420 quater, comma secondo, cod. proc. pen., con la conseguenza che il rinvio dell'udienza, conseguente all'accertato impedimento del difensore, implica necessariamente la nuova citazione non solo di quest'ultimo ma anche dell'imputato assente e che l'omessa rinnovazione dell'avviso a quest'ultimo determina una nullità assoluta” (così, da ultimo, Cass. Pen., Sez. 4, 22.12.2011 n. 47791, Cravana e altro; in termini Cass. Pen., sez. 1, 15.4.2009 n. 15814, Calandi); - Un terzo e più recente secondo il quale la mancata rinnovazione della citazione a giudizio all'imputato assente, che non abbia allegato alcun legittimo impedimento e del quale non sia stata dichiarata la contumacia, dà luogo ad una nullità di ordine generale a regime intermedio, che dunque il difensore deve eccepire appena
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possibile, come previsto dall’articolo dall'art. 182 comma 2 c.p.p. ossia, quando la parte vi assiste, prima del suo compimento ovvero immediatamente dopo (cfr. Cass. Pen., Sez. 5, 21.3.2013 n. 13283, Bucca). La questione dedotta trova una soluzione dalla semplice verifica del come si è articolata, nel corso di più giornate, l’udienza preliminare. Non si è trattato, infatti, come nei casi portati all’attenzione del Supremo Collegio, di un rinvio preliminare del processo ad udienza fissa; l’udienza preliminare, complessa per il numero di imputati, difensori e imputazioni e per lo straordinario numero di eccezioni preliminari sollevate, ha occupato nove udienze; in quella iniziale, del 21 febbraio 2013, deputata alla verifica della regolare costituzione delle parti -al pari di quanto accaduto in apertura della presente udienza dibattimentale, nella quale le difese degli imputati hanno formalmente richiesto al Collegio che si soprassedesse alla dichiarazione di contumacia, dovendo prima esporre e prospettare questioni di nullità attinenti proprio la vocatio in ius dei loro assistiti- il Gup non ha dichiarato la contumacia degli imputati non essendo terminato il contraddittorio delle parti su tali eccezioni; in detta udienza, infatti, si era reso necessario un rinvio, senza alcuna opposizione delle difese, per consentire ai pubblici ministeri di replicare alle numerose ed articolate questioni pregiudiziali sollevate che, a loro modo di vedere, avrebbero precluso l’instaurazione stessa dell’udienza preliminare, rendendo nulla la richiesta di rinvio a giudizio ed il successivo avviso di fissazione dell’udienza. Dunque, all’evidenza, si è di fronte ad una situazione affatto peculiare e diversa da quelle esaminate dalla Corte di Cassazione; una vicenda nella quale l’unitarietà dell’udienza preliminare deve essere affermata al di là della sua articolazione in più giornate e nella quale, correttamente, il Gup ha proceduto alla declaratoria di contumacia degli imputati soltanto all’esito del rigetto delle questioni pregiudiziali che l’avrebbero potuta precludere, senza che il rinvio dalla prima udienza alla successiva abbia determinato un vizio relativo alla vocatio in ius . Tuttavia il Collegio, che condivide e fa propria, ancorchè operante per situazioni diverse dalla presente, l’interpretazione “mediana” della Corte, che qualifica il fatto come nullità a regime intermedio, non pu non evidenziare come i difensori degli imputati, che hanno concorso a dare causa alla situazione poi sollevata come profilo di nullità, tutti presenti all’udienza del 5 marzo 2013,
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non abbiano eccepito alcunchè in ordine alla mancata notifica del verbale di udienza contenente il rinvio a quella data ai propri assistiti, sebbene ancora non formalmente dichiarati contumaci ed abbiano proseguito, per l’intera udienza, nella proposizione ed esposizione delle eccezioni di nullità della richiesta di rinvio a giudizio, sotto plurimi profili e che, parimenti, nessuna eccezione sia stata sollevata dopo la dichiarazione di contumacia e per l’intero svolgimento dell’udienza preliminare, fino alla sua conclusione il 2 maggio 2013, così incorrendo, comunque, nella decadenza di cui all’articolo 182 comma 2 c.p.p. . 2)L’infondatezza della questione di nullità del decreto dispositivo del giudizio conseguente alla nullità della notifica ai difensori dell’avviso di conclusione delle indagini di cui all’articolo 415 bis c.p.p., eseguita dai carabinieri della stazione di Vicchio, a ci delegati dal pubblico ministero, attraverso il sistema della posta elettronica certificata. La questione, ripresa da tutti i difensori, si articola su tre diversi profili: - si lamenta la violazione dell’articolo 151 comma 1 c.p.p., per l’utilizzo improprio della polizia giudiziaria - carabinieri di Vicchio- per la notifica dell’avviso conclusione indagini; - si lamenta, ancora, che i carabinieri in forza alla stazione di Vicchio non possano qualificarsi come polizia giudiziaria e non fossero organo comunque abilitato alla notifica di atti del procedimento; - si lamenta, infine, che la notifica effettuata a mezzo posta elettronica certificata sia modalità non consentita e non praticabile neppure per destinatari diversi dall’imputato, non rientrando tra quegli strumenti tecnici idonei a cui l’autorità giudiziaria procedente pu far ricorso. I primi due profili sono del tutto destituiti di fondamento: a norma dell’articolo 56 lett. c) c.p.p. le funzioni di polizia giudiziarie sono svolte da ufficiali ed agenti di pg appartenenti ad “altri organi cui la legge fa obbligo di compiere indagini a seguito di una notizia di reato”. Fuorviante è quindi il richiamo agli artt. 5 e 12 delle disposizioni di attuazione del c.p.p. in relazione alle sezioni ed ai servizi di p.g., organi contemplati dalle prime due ipotesi dell’articolo 55 c.p.p.; nel caso in esame è di tutta evidenza che i carabinieri della stazione di Vicchio, al pari di quelli appartenenti alle oltre 4800 stazioni dell’Arma territorialmente distribuite sul territorio dello Stato, abbiano l’obbligo di compiere indagini a seguito di una notitia criminis e svolgano quindi funzioni di polizia giudiziaria.
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Tanto premesso osserva il Collegio come, anche a seguito della modifica dell'art. 148 c.p.p., la polizia giudiziaria rimanga organo di notificazione, in alternativa all'ufficiale giudiziario, sebbene per ipotesi circoscritte e come, ove abbia provveduto a notificare un atto al di fuori della propria sfera di competenza, non si determini nè l'inesistenza della notificazione né un profilo di nullità della stessa; giova in tal senso ricordare che nel sistema processuale penale vigente le ipotesi di nullità sono tipiche e tassative e che, in relazione alla presente vicenda, in assenza della previsione espressa di siffatta sanzione, la nullità non sussiste e non è possibile, come invocato in modo pressochè automatico dai difensori, laddove una norma “sanzionatoria” non vi sia, far ricorso alla categoria delle nullità di ordine generale, come si trattasse di un contenitore dove immettere ogni forma di irregolarità procedimentale (cfr., in tal senso, Cass. Pen., sez. 3, 23.6.2009 n. 26110; nello stesso senso Sez. 1, n. 8324 del 28/02/06). Rispetto alla terza questione, relativa alle modalità della notifica ai difensori dell’avviso di conclusione delle indagini, il Collegio condivide integralmente le argomentazioni svolte dal giudice dell'udienza preliminare per sostenere la regolarità della notifica effettuata dai carabinieri di Vicchio a mezzo posta elettronica certificata. Non vi è dubbio, infatti, stante l'univoco disposto dell'articolo 148 comma 2 bis c.p.p., che l'A.G. possa disporre che l'esecuzione di notifiche o avvisi ai difensori vengano eseguiti attraverso "mezzi tecnici idonei" e con attestazione, da parte dell'organo notificante, della trasmissione del testo originale. La Corte di Cassazione, nell'affermare in successive, recenti pronunce, la validità della notificazione dell'avviso di conclusione delle indagini effettuata al difensore dell'imputato a mezzo telefax, senza la necessità di alcun provvedimento formale all'organo incaricato della esecuzione, ha con estrema chiarezza valorizzato il dato costituente la ratio della norma, assumendo che "le innovazioni tecniche che si susseguono in ogni ramo dell'attività pubblica .... consente perci la notificazione per via telematica o comunque tecnica quale il fax ai difensori delle parti, i quali, proprio per lo svolgimento della loro professione, sono normalmente attrezzati a riceverle" (così Cass. Pen., sez. III, 21.4.2006 n. 16512; nello stesso senso sez. III, 20.1.2011 n. 1787, Rv 249986 secondo la quale, testualmente: “che non esiste nell'ordinamento processuale alcuna norma ostativa alla notificazione a mezzo telefax dell'avviso di conclusione delle indagini al difensore e soprattutto che non è necessario a tali fini il presupposto -ritenuto dal giudice ostativo in quanto mancante- dell'urgenza. …. Il tenore della norma processuale è assolutamente chiaro in merito alle condizioni richieste per farsi luogo alla ed. notificazione telematica ai difensori, non essendo richiesta l'adozione di specifico decreto motivato ne', meno che mai, situazioni - quali quelle prospettate dal Tribunale - di urgenza ed occorrendo invece, l'attestazione da parte dell'Ufficio che ha inviato l'atto, di avere trasmesso il testo originale: attestazione che, ove mancante, da comunque luogo ad una mera irregolarità e non ad una causa di nullità”). Della questione, in modo puntuale ed approfondito ed in termini rispetto alla questione contestata, si sono occupate anche le Sezioni Unite della Corte di Cassazione che, con la sentenza 19.7.2011 n. 28451, Pedicone, hanno affermato: - come la disposizione di cui all’articolo 148 comma 2 bis c.p.p. , relativamente alle notifiche ai difensori, costituisca la fisiologica evoluzione, in relazione alla modificazione e diffusione dei mezzi tecnici di trasmissione degli atti intervenute nel corso del tempo, di quanto già previsto dall'art. 150 cod. proc. pen. fin dalla data di entrata in vigore del codice di rito, nel rispetto dell’articolo 2 comma 1 n. 9 della legge delega 81/87 la quale espressamente faceva richiamo alla necessità della “semplificazione del sistema delle notificazioni, con possibilità di adottare anche nuovi mezzi di comunicazione"; - che la collocazione sistematica della suddetta previsione in una disposizione di carattere generale determina che il ricorso a tale modalità costituisca, per le notificazioni o gli avvisi ai difensori, il sistema ordinario, generalizzato, alternativo all'impiego dell'ufficiale giudiziario o di chi ne esercita le funzioni (comma 1), purché sia assicurata l'idoneità del mezzo tecnico; - che, testualmente, “la mancata individuazione, in sede normativa, dei mezzi tecnici idonei ad assicurare la effettiva conoscenza dell'atto (cosiddetta norma aperta) è evidentemente legata all'esigenza di non rendere necessario il continuo aggiornamento legislativo degli strumenti utilizzabili, né in qualche modo obbligatorio il loro utilizzo, tenuto conto della evoluzione scientifica e dell'effettivo grado di diffusione di nuovi mezzi tecnici di trasmissione”. In tale sentenza la Corte ha preso in esame lo strumento “telefax” ed il suo meccanismo di funzionamento, per affermarne la natura di mezzo tecnico
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