PRETI CARITAS A LETTO COI MIGRANTI PER GODERE A SPESE NOSTRE
GIUGNO 21, 2022
Ci sono preti che combattono l’invasione. Ma ci sono anche preti che non vedono l’ora di farsi invadere. Fisicamente.
Quando sentite i vescovi e la Caritas parlare di accoglienza, dopo i miliardi che il Vaticano incassava prima di Salvini con il business degli immigrati, e che ora con Lamorgese è tornato ad incassare, pensate a chi, dei loro, se ne occupa in modo approfondito.
Pensate, ad esempio, al direttore della Caritas di Trapani, don Sergio Librizzi, condannato a 9 anni per violenza sessuale e concussione.
Librizzi, membro della commissione territoriale chiamata ad esaminare le richieste di asilo degli immigrati, si faceva dare il culo in cambio del suo appoggio in fase di decisione.
Il prelato della Caritas, che per anni diede del razzista a chiunque si opponeva all’immigrazione clandestina, nelle intercettazioni si faceva chiamare dai suoi ‘fidanzati’ “baba”, che in ghanese significa padre:
“Pensa a essere amico buono, amico buono, cosi i tuoi i problemi sono i miei. Hai capito… Io come mi chiamo? Simpatico”. E poi, dopo la risposta: “No, mi devi chiamare Baba, è più bello Baba. Dove vuoi andare? Dove ti piace… A casa tua”.
Pretendeva prestazioni omosessuali con frasi amorose e gesti di affetto. E se il richiedente asilo di turno non era abbastanza partecipe, lo richiamava.
Le famigerate intercettazioni di monsignor Sergio Librizzi, direttore della Caritas di Trapani, arrestato per avere chiesto rapporti sessuali ai richiedenti asilo ospitati nel centro in cambio di permessi di soggiorno, aprono un’interessante finestra sulla questione.
Librizzi è finito in manette il 24 giugno del 2014.
Per sei mesi gli investigatori avevano pedinato e intercettato il prete. Una microspia, collocata a bordo della sua auto, aveva registrato i suoi incontri con gli africani.
“Le conversazioni sono imbarazzanti, ma non è mai successo nulla”, disse il monsignore.
In realtà, l’uomo, che per anni ha dato del razzista a chiunque si opponesse all’immigrazione clandestina, e che nelle intercettazioni si faceva chiamare dai suoi ‘fidanzati’ “baba”, che in ghanese significa padre, venne registrato mentre diceva:
“Pensa a essere amico buono, amico buono, cosi i tuoi i problemi sono i miei. Hai capito… Io come mi chiamo? Simpatico”. E poi, dopo la risposta: “No, mi devi chiamare Baba, è più bello Baba. Dove vuoi andare? Dove ti piace… A casa tua”.
Pretendeva prestazioni omosessuali con frasi amorose e gesti di affetto. E se l’immigrato clandestino di turno, non era abbastanza partecipe, lo richiamava.
In un’altra intercettazione: ”Ascolta… ieri ho detto al presidente (della commissione per i documenti) prendi le carte di E. e decidiamo. E abbiamo deciso, hai capito… Quindi ora tra qualche giorno, la questura ti deve fare il permesso di soggiorno, hai capito? Il problema è che le tue carte erano ferme, perchè c’era la Svizzera, hai capito? l problemi che c’erano in Svizzera. Quindi io ho detto al presidente, togli i problemi della Svizzera e diamo subito positivo, hai capito?”.
Già, perché lui faceva parte della commissione che decideva a chi dare asilo. Immaginate la serietà che avevano queste commissioni, con uno della Caritas al proprio interno. Che si faceva cavalcare dai richiedenti asilo.
In questo ruolo, nella qualità di membro del comitato per il riconoscimento dello status di rifugiato politico, aveva preteso prestazioni sessuali in cambio del permessino di soggiorno umanitario. Dalle indagini sono emersi almeno 8 casi. Emersi. Almeno.
Perché la Caritas vuole i porti aperti? Per fare soldi, direte voi. Sì. Ma è solo una parte della verità. C’è anche l’amore.
Come dimostra la vicenda del direttore della Caritas di Trapani. Che ricordiamo: venne condannato a 9 anni di reclusione.
A Trapani, come nel resto d’Italia, l’immigrazione era un business che faceva gola a politici, preti, imprenditori e boss, tutti indagati o già condannati per altre faccende. “È un modello molto simile a quello di Roma”, avvertì il procuratore capo di Trapani Marcello Viola. E i numeri, come già per il sistema orchestrato da Salvatore Buzzi in Mafia Capitale, ha numeri enormi. Basti pensare che il giro di affari muove tremila immigrati, per cui prendono dai 32 ai 35 euro al giorno, e sedicenti minori, per cui la cifra lievita a 80 euro al giorno.
L’inchiesta della procura di Trapani va oltre la condanna, confermata, di don Sergio Librizzi, direttore della Carita$ locale, che soleva sbattersi i profughi.
Attraverso una cooperativa di cui era socio, don Sergio controllava, come spiegano i magistrati, “in via diretta e indiretta tutti i centri di accoglienza presenti nella provincia di Taranto […] mediante una rete clientelare di cui fanno parte anche membri delle forze dell’ordine, del mondo del volontariato, della diocesi trapanese e dell’apparato amministrativo locale”.
Le indagini ricostruiscono così la trama che porta al vescovo Francesco Micciché e permette di individuare tre “cartelli” distinti. Uno riconduce a Giuseppe Giammarinaro, ex deputato regionale diccì che si lega a prestanome di politici locali che in passato hanno sempre lavorato nell’edilizia, nelle discariche, nell’eolico e nel fotovoltaico e che ora si sono dati al business dell’immigrazione. Il secondo “cartello” riconduce a Onofrio Norino Fratello, l’ex deputato regionale dell’Udc che ha patteggiato una condanna a 18 mesi per concorso esterno. “Se patteggio – aveva chiesto al giudice – posso ricandidarmi?”. Infine c’è il colosso dell’accoglienza che riconduce a Giuseppe Scozzari. “In provincia di Trapani ha come braccio operativo le cooperative ‘Insieme’, ma i suoi interessi sono estesi anche lontano dalla Sicilia”, spiega Attilio Bolzoni su Repubblica ricordando che a Gorizia l’ex politico dell’Ulivo è sotto processo per “associazione a delinquere finalizzata alla truffa”. Nel mirino dei pm c’è la gestione del centro di permanenza temporanea e del centro di accoglienza richiedenti asilo in Friuli.
Sesso, droga e profughi. E uno spruzzo di falsa religione.
Mesi fa, la questione di Librizzi era tornata in auge dopo l’arresto dell’ex deputato democratico dell’Ars Onofrio Fratello, che era nata dalle attività di intercettazione tra l’ex onorevole e proprio don Sergio Librizzi, riguardo il business dei profughi.
Insomma, uno ci guadagnava, l’altro ci faceva altro. Almeno secondo le accuse.
C’è qualcuno che ama troppo circondarsi di giovani maschi africani. Perché sia chiaro: l’altruismo patologico è, prima di tutto, una perversione sessuale.
In questi anni, diversi sono stati i casi di preti trovati a letto con i profughi. Ma non sapremo mai il numero reale.
Ma, nonostante questo, la coop “bianca” Badia Grande di Trapani si è aggiudicata due anni fa l’appalto del Centro di accoglienza straordinario di Lampedusa: è stata fondata proprio da don Librizzi. Aveva già vinto il bando del CARA di Mineo, quello gestito dalla mafia nigeriana e chiuso da Salvini. Che ora il Pd vuole riaprire.
La coop bianca di Trapani, che oggi ha un fatturato con cifre a sei zeri, fu fondata nel 2007 da don Sergio Librizzi, direttore della Caritas di Trapani, arrestato nel giugno 2014 con l’accusa di concussione e di abusi sessuali. Condannato a 9 anni in primo grado e poi in appello, è oggi ai domiciliari.
Vedete perché il Vaticano tifa Pd? Si spartiscono il business.
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