giovedì 12 luglio 2018

“Mio marito ucciso da 4 clandestini. Per lo Stato io vedova di serie B”



Federica Raccagni ha deciso di realizzare un video per denunciare la disparità di trattamento tra le vittime italiane e le vittime straniere: “Bene la solidarietà ad Emmanuel, ma io non ho ricevuto attenzioni”
Buonismo di Stato. Passerella. Opportunismo politico. Strumentalizzazione. Chiamatela come volete la corsa delle alte cariche dello Stato verso la prima fila ai funerali di Emmanuel, il nigeriano morto a Fermo dopo una lite con un ultrà locale. C’erano tutti: Laura Boldrini, Maria Elena Boschi, Cecile Kyenge e altri ancora. Angelino Alfano è andato il giorno dopo la tragedia, quando ancora si sapeva poco o nulla della dinamica. Matteo Renzi ha detto che l’Italia non lascerà sola Chinyery. Giusto. Giustissimo: ogni tragedia merita rispetto.
O forse no. Venerdì, infatti, non era un giorno qualsiasi: nella notte dell’8 luglo di due anni fa, quattro albanesi entrarono nella casa di Pietro e Federica Raccagni, colpirono con una bottiglia il macellaio di Pontoglio e lo uccisero. Erano clandestini e facevano parte di una banda che aveva messo a soqquadro la zona. Federica ricorda ancora con dolore quel giorno. La morte del marito, i funerali e l’assenza dello Stato. Sì, assenza. Perché né il ministro dell’Interno, né Renzi, né l’allora Presidente della Repubblica andarono ai funerali di Pietro. Non c’era Maria Elena Boschi. Non c’era Cecile Kyenge a dichiarare che la clandestinità può portare alla malavita e la malavita distrugge la vita degli italiani. Non c’era Laura Boldrini al fianco di Federica, a rincuorarla, a dirle che lo Stato è con lei.

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